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mercoledì 3 novembre 2010

MARCHIONNE Quel che avreste voluto sapere su Pomigliano

Do you remenber Pomigliano? Sì, Pomigliano, quella fabbrica sotto il Vesuvio da dove da due anni non escono automobili, mentre tra poco rischiano di uscire operai a mazzi? Datemi l'anima, il diritto di sciopero e la mezz'ora di mensa, rinunciate alle pause, evitate d'ammalarvi e io vi darò un futuro. Vi darò la Panda strappata ad altri disgraziati, lassù in Polonia, a cui darò in cambio la Ypsilon strappata a quelli di Termini Imerese. Era solo uno scherzo quello di Sergio Marchionne, anzi una gigantesca presa per il culo. Chiudo e riapro con un altro nome, aveva detto, così prenderò solo yes-men, anzi yes-workers. Farò investimenti a raffica, darò il sidol ai cancelli della fabbrica e il miracolo si realizzerà, anche i muti potranno parlare mentre i sordi già lo fanno.Di miracoli non se ne vedono e si sente puzza di cimitero. Marchionne fa sapere che per ora di Pomigliano se ne fa niente. Anzi, non investendo uno solo dei 700 milioni di euro previsti dall'accordo-bidone, invece della cassa integrazione speciale chiederà la cassa in deroga, anticamera della mobilità e dunque della cancellazione dei posti di lavoro. E ha un vantaggio, questo ammortizzatore sociale: lo paga tutto la collettività, la Fiat non ci mette un euro. Dixit Marchionne, quello che non prende una lira dallo stato. Che bella idea, dicono Fim, Uilm e Fismic, così si salva Pomigliano. E per salvare Mirafiori siamo pronti a firmare lo stesso accordo-bidone di Pomigliano.L'uomo simbolo dell'industria italiana, che dà l'esempio e il là a tutto il padronato, sta mandando a rotoli la nostra prima multinazionale. Lo dicono i dati dei mercati. La Fiat va a picco perché non ha modelli nuovi, non investe sul futuro ma continua a raccontarci che per colpa della Fiom potrebbe essere costretta a lasciare l'Italia. Ognuno fa il suo mestiere, più o meno bene. Marchionne fa il suo e per questo è pagato come 435 operai di Pomigliano. Lo fa cercando di cancellare la dignità di chi lavora. Quel che sconforta è che in tanti in politica e nei sindacati continuino a credergli, o fingano di farlo. La Fiat non vende perché non ha macchine da vendere, crolla del 40% in Italia, la sua quota si assottiglia da mesi in casa e in Europa e tutti dibattono sul fatto che tre operai di Melfi avrebbero bloccato un carrello durante uno sciopero macchiandosi così del reato di sabotaggio. Non c'è più morale, contessa. Ma se a sabotare la produzione è proprio Marchionne, con le sue previsioni sbagliate, con i ritardi sul rinnovo (magari in una direzione un po' più ecocompatibile) del parco auto messo sul mercato... A proposito dei tre operai Fiom licenziati, a cui per la giustizia dev'essere restituito salario e lavoro mentre la Fiat ha restituito solo il salario: forse già oggi un giudice d'appello di Melfi emetterà un nuovo verdetto. Tutti quelli che l'hanno preceduto, a Melfi come a Torino, hanno già condannato la Fiat per antisindacalità.Domani il ministro più lungamente atteso, meno amato dal Quirinale e già a libro paga di Berlusconi, Paolo Romani, incontrerà Marchionne. Tra i due soggetti - padrone e governo - non si sa chi sia più colpevole. Si sa solo che tutta la colpa della crisi è della Fiom. E della rigidità operaia.
Loris Campetti, Il Manifesto

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