Destra
o sinistra? Keynesiani o neoliberisti? Garantisti o giustizialisti?
Balle. L’unica divisione che conta è quella tra responsabili e
irresponsabili, e chi non lo sa non sa dove vive, non sfoglia un
quotidiano a pagarlo oro, evita come la peste tg, talk show e
approfondimenti vari. Così, d’acchito, la distinzione pare semplice, ma
solo gli ingenuotti possono pensare che lo sia davvero. Trattasi al
contrario di materia fra le più complesse, degna di dissertazioni e
sofisticate analisi più di un oscuro passaggio del Talmud.
La coerenza in politica, giusto per dirne una, sembrerebbe dote responsabile tra le più eminenti. Invece chiunque in questi giorni abbia ascoltato la dottrina dei sapienti sa che la verità è opposta. Beppe Grillo è un irresponsabile: aveva detto agli elettori che il suo movimento non si sarebbe mai alleato con i vecchi partiti e adesso si comporta addirittura di conseguenza. Anche Bersani è un irresponsabile: in campagna elettorale si era impegnato a non stringere alleanze di governo col Pdl e ora l’incosciente si ostina a mantenere la promessa. Fortuna che il suo partito è pieno di gente con la testa sulle spalle che si adopera con lena e vigore per fare il contrario di quanto giurato prima delle elezioni. Compagni responsabili.
La responsabilità è un fardello pesante, su questo non ci piove. Qualche volta, però, la virtù riceve il meritato premio. Razzi e Scilipoti, che nel dicembre 2010 salvarono il governo Berlusconi e per motivare il cambio di casacca scelsero di chiamarsi «i Responsabili», un po’ come se i massacratori del Circeo si fossero ribattezzati «Gli Amici delle Donne», di tutta l’Idv sono gli unici rimasti in Parlamento. Però non è che le cose vadano sempre così. Nella medesima occasione a Gianfranco Fini fu chiesto di mostrarsi responsabile e rinviare non di qualche ora ma di un mese tondo il voto di sfiducia sul governo Berlusconi. Responsabilmente Fini accettò e il governo si salvò previo mercato allestito nei corridoi del Parlamento proprio in quel mesetto. Lui in Parlamento non ci sta più e per le strade già si sente «Fini chi?».
La prova delle prove fu chiesta, un anno dopo, anche a Bersani. Avesse preteso il voto subito dopo la crisi di governo del 2011 avrebbe vinto a mani basse ovunque, alla camera al senato e persino nelle percentuali vere, al netto dei premi di maggioranza. Preferì obbedire a chi, dall’alto, gli chiedeva di soprassedere per un anno. Adesso si prepara a ingannare le vuote mattinate ai giardinetti, insieme al conterraneo Fini.
Ma i misteri della responsabilità non si fermano qui. E’ capitato spesso, nell’ultimo biennio, che manovre tortuose, nate sotto il vessillo della responsabilità e in nome di quel sacro concetto imposte, abbiano sortito effetti pienamente rovesciati.
Nel solito dicembre del 2010 la prospettiva di elezioni a breve spinse chi di dovere a fare l’impossibile per evitare la crisi. Sarebbe stato da irresponsabili correre l’alea con un mare dell’economia reso procelloso da banchieri gargarozzoni e finanzieri sprocetati, per fortuna però responsabilissimi. Meglio tenersi il governo Berlusconi, pur se tanto screditato e indebolito da somigliare a un muro di cartapesta contro l’imperversare di Katrina. Così, quando nell’estate del 2011 la tempesta della crisi dei debiti sovrani arrivò davvero, l’Italia si trovò senza barriera né difese e gli speculatori procedettero al saccheggio. Non senza aver ringraziato prima il cielo, il Colle e il senso della responsabilità.
Anche nel dicembre 2011 le elezioni immediate furono scartate perché la responsabilità esigeva certezze, non salti nel buio elettorale. Così, per evitare il rischio di una difficile governabilità ci ritroviamo con una ingovernabilità tanto assoluta che per trovare il paragone, nel vecchio continente, tocca spulciare la storia senza lieto fine della repubblica di Weimar.
Gli stessi artefici e cantori dei due disastri precedenti stanno alacremente lavorando per una terza e ancor più macroscopica replica. Piuttosto che tornare alle urne, come chiedono gli irresponsabili, urge dar vita a un governo purchessia, meglio se con dentro tutto e il suo contrario così la paresi è garantita. Tanto, peggio di così non potrà andare. Errore. E’ possibile, pur se non facilissimo: basta affidarsi al senso di responsabilità e ai suoi dotti sacerdoti. Chi nutrisse dubbi deve solo consultare quel cast da film horror che compone i «comitati dei saggi» per sincerarsene.
La coerenza in politica, giusto per dirne una, sembrerebbe dote responsabile tra le più eminenti. Invece chiunque in questi giorni abbia ascoltato la dottrina dei sapienti sa che la verità è opposta. Beppe Grillo è un irresponsabile: aveva detto agli elettori che il suo movimento non si sarebbe mai alleato con i vecchi partiti e adesso si comporta addirittura di conseguenza. Anche Bersani è un irresponsabile: in campagna elettorale si era impegnato a non stringere alleanze di governo col Pdl e ora l’incosciente si ostina a mantenere la promessa. Fortuna che il suo partito è pieno di gente con la testa sulle spalle che si adopera con lena e vigore per fare il contrario di quanto giurato prima delle elezioni. Compagni responsabili.
La responsabilità è un fardello pesante, su questo non ci piove. Qualche volta, però, la virtù riceve il meritato premio. Razzi e Scilipoti, che nel dicembre 2010 salvarono il governo Berlusconi e per motivare il cambio di casacca scelsero di chiamarsi «i Responsabili», un po’ come se i massacratori del Circeo si fossero ribattezzati «Gli Amici delle Donne», di tutta l’Idv sono gli unici rimasti in Parlamento. Però non è che le cose vadano sempre così. Nella medesima occasione a Gianfranco Fini fu chiesto di mostrarsi responsabile e rinviare non di qualche ora ma di un mese tondo il voto di sfiducia sul governo Berlusconi. Responsabilmente Fini accettò e il governo si salvò previo mercato allestito nei corridoi del Parlamento proprio in quel mesetto. Lui in Parlamento non ci sta più e per le strade già si sente «Fini chi?».
La prova delle prove fu chiesta, un anno dopo, anche a Bersani. Avesse preteso il voto subito dopo la crisi di governo del 2011 avrebbe vinto a mani basse ovunque, alla camera al senato e persino nelle percentuali vere, al netto dei premi di maggioranza. Preferì obbedire a chi, dall’alto, gli chiedeva di soprassedere per un anno. Adesso si prepara a ingannare le vuote mattinate ai giardinetti, insieme al conterraneo Fini.
Ma i misteri della responsabilità non si fermano qui. E’ capitato spesso, nell’ultimo biennio, che manovre tortuose, nate sotto il vessillo della responsabilità e in nome di quel sacro concetto imposte, abbiano sortito effetti pienamente rovesciati.
Nel solito dicembre del 2010 la prospettiva di elezioni a breve spinse chi di dovere a fare l’impossibile per evitare la crisi. Sarebbe stato da irresponsabili correre l’alea con un mare dell’economia reso procelloso da banchieri gargarozzoni e finanzieri sprocetati, per fortuna però responsabilissimi. Meglio tenersi il governo Berlusconi, pur se tanto screditato e indebolito da somigliare a un muro di cartapesta contro l’imperversare di Katrina. Così, quando nell’estate del 2011 la tempesta della crisi dei debiti sovrani arrivò davvero, l’Italia si trovò senza barriera né difese e gli speculatori procedettero al saccheggio. Non senza aver ringraziato prima il cielo, il Colle e il senso della responsabilità.
Anche nel dicembre 2011 le elezioni immediate furono scartate perché la responsabilità esigeva certezze, non salti nel buio elettorale. Così, per evitare il rischio di una difficile governabilità ci ritroviamo con una ingovernabilità tanto assoluta che per trovare il paragone, nel vecchio continente, tocca spulciare la storia senza lieto fine della repubblica di Weimar.
Gli stessi artefici e cantori dei due disastri precedenti stanno alacremente lavorando per una terza e ancor più macroscopica replica. Piuttosto che tornare alle urne, come chiedono gli irresponsabili, urge dar vita a un governo purchessia, meglio se con dentro tutto e il suo contrario così la paresi è garantita. Tanto, peggio di così non potrà andare. Errore. E’ possibile, pur se non facilissimo: basta affidarsi al senso di responsabilità e ai suoi dotti sacerdoti. Chi nutrisse dubbi deve solo consultare quel cast da film horror che compone i «comitati dei saggi» per sincerarsene.
Andrea Colombo - il manifesto
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