1000 feriti, 1000
arresti e due morti. La protesta di Taksim si è trasformata in rivolta e
si è estesa a tutto il paese, manifestazioni e scontri in 90 città,
milioni in piazza. Erdogan ha accusato il colpo.
E’ stata una
giornata campale, quella di ieri, ad Istanbul ed in tutta la Turchia.
Basta vedere i dati – per quanto sommari e incompleti – forniti da media
e istituzioni per rendersi conto del fatto che quella che era nata come
una protesta localizzata per la difesa di un parco nel centro di
Istanbul sia presto diventata una ribellione generalizzata e trasversale
contro vari aspetti della politica del governo islamico-liberista
dell’Akp e del premier Erdogan in particolare. Ieri il ‘sultano’, con un
durissimo e minaccioso comunicato, aveva ribadito la linea dura,
avvertendo i manifestando che il centro commerciale e la moschea nel
fazzoletto verde ai margini di Piazza Taksim si sarebbe fatto ad ogni
costo e che l’ordine sarebbe stato riportato. Ma già alle 15 era
evidente che a mobilitarsi non erano più solo le associazioni
ecologiste, i movimenti antagonisti e i partiti di estrema sinistra. In
piazza, a Istanbul e non solo, erano nel frattempo scesi vasti settori
sociali trasversali, tutti uniti dal ripudio della brutalità della
polizia e dall’autoritarismo del governo. Dai militanti dei partiti di
centrosinistra a quelli dei sindacati a un popolo variegato che ha
covato per anni la rabbia nei confronti delle manie di grandezza e i
progetti faraonici attraverso i quali l’ex sindaco di Istanbul ha
cercato in questi anni di rafforzare il suo potere e i legami con
l’oligarchia turca.
Quando Istiklalm il lungo viale dello shopping e
della movida, era ormai invaso da decine di migliaia di manifestanti e
ai margini di piazza Taksim erano già iniziati duri scontri con i
reparti antisommossa della polizia, una telefonata del presidente della
Repubblica Gul ha ‘consigliato’ a Erdogan un passo indietro. E così poco
prima delle 16 alle migliaia di celerini che occupavano Piazza Taksim è
arrivato l’ordine di ritirarsi, lasciando campo libero ad una marea
umana che si è gonfiata man mano che altri cortei giungevano dalla
sponda asiatica e da quella europea. Una marea umana che ha gridato
all’unisono “libertà, giustizia, dimissioni”, “fermiamo il fascismo”,
esplicitando che quella scoppiata poche ore prima era una rivolta di
massa e con precisi obiettivi politici. Mentre alle finestre delle case e
degli uffici attorno a Taksim comparivano ritratti del fondatore della
Turchia laica – e autoritaria – Ataturk, la piazza festeggiava la
vittoria sul regime, mentre i camerieri dei ristoranti o i lavoratori
degli hotel offrivano acqua e limoni ai manifestanti ancora in lacrime
per l’effetto degli spray urticanti e dei lacrimogeni.Che i media turchi, e anche italiani, giustifichino i moti di ieri come conseguenza della rabbia giovanile contro le limitazioni alla vendita dell’alcool nelle ore notturne appare assai riduttivo, se non offensivo.
I numeri, dicevamo. Secondo le autorità turche solo ieri la polizia ha arrestato in tutta il paese ben 939 persone, che si sommano ad altre centinaia detenute tra giovedì e venerdì soprattutto a Istanbul. I feriti, secondo le autorità, sarebbero ‘solo’ un centinaio, ma fonti mediche parlano almeno di 1000 feriti, alcuni dei quali gravi. Alcuni hanno perso o perderanno completamente la vista, colpiti in pieno volto dalle spolette dei lacrimogeni Cs sparate ad altezza d’uomo. Altre asfissiate da nubi di gas tossici - gettati sulla folla addirittura dagli elicotteri - vietati dalla convenzioni internazionali, compreso un ‘nuovo’ gas arancione il cui scopo dovrebbe essere quello di marcare, macchiare chi ne viene investito per poterlo riconoscere in seguito e arrestare. Altre ancora con arti fratturati o teste spaccate.
Un video sul gas arancione: http://www.youtube.com/watch?v=1KUWrZFC6Co
La parola 'morti' continua ad essere
tabù, nessuno osa pronunciarla ufficialmente. Ma dopo le associazioni
mediche turche anche Amnesty International conferma oggi che almeno due
persone hanno perso la vita durante gli scontri delle ultime 48 ore.
Sulla rete girano immagini terribili di gente accasciata incosciente a
terra in mezzo a pozze di sangue, di giovani travolti dai bulldozer e
dai blindati della Polizia. I reparti antisommossa hanno usato in molti
casi pallottole di gomma e non sono mancati i casi in cui i poliziotti
hanno sparato sulla folla. Ad esempio ad Ankara, dove un poliziotto a
sparato alla testa di un manifestante a breve distanza (http://s7.directupload.net/images/130602/oyxpcyd9.swf). In realtà il bilancio delle vittime della repressione potrebbe essere assai più consistente.
I media parlano di ‘decine di migliaia
di manifestanti’ ma le immagini di una enorme piazza Taksim gremita di
gente parlano chiaro: solo a Istanbul in piazza c’erano molte centinaia
di migliaia di manifestanti, ed altrettanti nelle circa 90 città dove
ieri si è protestato contro Erdogan. A milioni sono scesi in piazza, per
lo più in modo pacifico. Ma scontri durissimi, barricate, fionde e
lanci di razzi e di molotov si sono visti in almeno una decina di città.
E il dato più significativo di ieri è stata l’estensione della protesta di massa ad una città, Ankara, che è assai più conservatrice e conformista della cosmopolita e tollerante Istanbul. Nella capitale sono scese in piazza molte migliaia di persone, e gli scontri sono durati ore nonostante la brutalità della polizia che ha addirittura fatto ricorso ai taser e ai bastoni elettrificati contro i manifestanti. Ma dopo gli scontri, in serata, anche il popolo laico di Ankara ha voluto festeggiare la presa di Taksim, a lungo vietata alle organizzazioni progressiste e ai sindacati a suon di botte, arresti e denunce. Quando è calato il buio migliaia di auto si sono riversate nei viali della capitale, addobbate con le bandiere turche e i ritratti di Ataturk e con i clacson strombazzanti. Nel frattempo altre migliaia di persone hanno invaso la centrale arteria commerciale di Tunali, cantando ''Tayyp vattene''. Molti i giovani che ostentavano bottiglie di birra, in polemica con la campagna di ‘moralizzazione’ che vede impegnate le autorità dell’Akp. “Moralizzazione” contestata anche da diverse coppie che si baciavano sulla bocca.
E il dato più significativo di ieri è stata l’estensione della protesta di massa ad una città, Ankara, che è assai più conservatrice e conformista della cosmopolita e tollerante Istanbul. Nella capitale sono scese in piazza molte migliaia di persone, e gli scontri sono durati ore nonostante la brutalità della polizia che ha addirittura fatto ricorso ai taser e ai bastoni elettrificati contro i manifestanti. Ma dopo gli scontri, in serata, anche il popolo laico di Ankara ha voluto festeggiare la presa di Taksim, a lungo vietata alle organizzazioni progressiste e ai sindacati a suon di botte, arresti e denunce. Quando è calato il buio migliaia di auto si sono riversate nei viali della capitale, addobbate con le bandiere turche e i ritratti di Ataturk e con i clacson strombazzanti. Nel frattempo altre migliaia di persone hanno invaso la centrale arteria commerciale di Tunali, cantando ''Tayyp vattene''. Molti i giovani che ostentavano bottiglie di birra, in polemica con la campagna di ‘moralizzazione’ che vede impegnate le autorità dell’Akp. “Moralizzazione” contestata anche da diverse coppie che si baciavano sulla bocca.
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