Il patto sociale keynesiano tra capitale e lavoro salariato, stabilitosi dopo la Seconda guerra mondiale e messo in discussione a partire dagli anni ’80 con l’offensiva neoliberista, è andato definitivamente in frantumi mediante l’introduzione dell’euro e l’applicazione dei vincoli europei. Centro-destra e centro-sinistra in tutta Europa hanno portato avanti le stesse politiche di indirizzo europeo, fondate sull'austerity e sul controllo del bilancio pubblico e imposte mediante l'architettura dell'euro. I partiti o sono l'espressione di istanze neo-liberiste solo superficialmente diversificate o di posizioni ingenue che pensano che il problema stia nella corruzione o nell'inefficienza della politica invece che nei rapporti di produzione. Oggi il capitalismo non ha più interesse a politiche di sostegno all’economia nazionale e al Pil della Francia o dell’Italia o della Spagna, perché opera su scala mondiale.
Quindi, mentre gli investimenti privati e la produzione si delocalizzano, insieme ai posti di lavoro, anche gli investimenti pubblici si contraggono per ridurre il debito pubblico e liberare risorse a beneficio del mercato finanziario internazionale. I vincoli di bilancio e l’integrazione valutaria e finanziaria europea sono del tutto funzionali al nuovo capitalismo globalizzato. Le conseguenze di tali trasformazioni sono devastanti per milioni di europei. In questo contesto, la Le Pen non si è limitata al solito armamentario xenofobo anti-immigrati, ma ha saputo sfruttare questa situazione non facendosi alcuno scrupolo di attaccare l'euro, il trattato di Maastricht e le delocalizzazioni. Eppure, quanto sta a sinistra del centro-sinistra, inclusi spesso anche i partiti comunisti, continua a farsi scrupoli ad affrontare con decisione il tema dell'euro e della Ue. Temendo di spaventare il proprio elettorato con proposte “forti”, di essere presa per nazionalista e confusa con la destra estrema e i "populismi", la sinistra si condanna all'immobilismo.
Nello stesso tempo lascia un argomento forte all'estrema destra, che lo porta avanti in direzione reazionaria e, alla fine, con esiti che saranno del tutto velleitari e controproducenti. La regione del Nord Pas de Calais era un tempo non lontano un bastione della sinistra e del partito comunista. Oggi, con le miniere chiuse, le fabbriche delocalizzate e la disoccupazione al 18%, Le Pen è prima con il 40% dei voti. La città di Calais è stata governata dal partito comunista per 37 anni fino al 2008, quando a vincere le comunali fu la destra. Oggi, il Front National è al 49,1% e i comunisti sono al 5,3%. Dunque, la guerra e gli attentati non sono riusciti a ricompattare il paese dietro Hollande e i due partiti dell’alternanza tradizionale. Alla base del sentimento di insicurezza diffuso in Francia come in Italia c’è molto più del Jihadismo, c’è la disgregazione del tessuto prima produttivo e poi sociale dell’Europa che sospinge nella marginalità economico-sociale milioni di europei, non solo quelli di origine araba e extraeuropea ma anche i “nativi”.
L’aspetto che accomuna entrambi i settori del lavoro salariato e della massa dei disoccupati e sottoccupati europei è la tendenza a rivolgersi a ideologie di tipo speculare, che, anziché individuare le vere radici delle proprie difficoltà nei rapporti di produzione e ricondurre il conflitto alla contraddizione fra capitale e lavoro, lo sposta su di un piano etnico e religioso. La fortuna di entrambe queste ideologie ha radici comuni. Trenta anni fa le tensioni sociali si sarebbero espresse in altre forme e sarebbero state egemonizzate dalla sinistra. Nel frattempo, però, ci sono stati in Oriente l’affermazione dell’islamismo radicale come forma vincente della lotta contro l’imperialismo, e in Europa i processi di integrazione europea. Ma soprattutto si è registrato sia in Oriente sia nell’Occidente europeo il ritardo della sinistra e dei partiti comunisti e il loro ripiegamento, prima ancora che sul piano politico, su quello culturale.
La sinistra paga la mancata comprensione delle trasformazioni epocali cui è andato incontro il capitalismo e il fatto di non averne tratto le necessarie conclusioni in termini di posizionamento e profilo politico. Ciò riguarda la questione della internità/alleanza con il centro-sinistra, ma non si esaurisce in questo aspetto. Oggi, si tratta di ridefinire un posizionamento e un profilo ideologico e politico adeguati alla situazione. La questione dell’euro e dell’integrazione europea è, in questo senso, imprescindibile. Definire le modalità con cui approcciare questo tema, senz’altro complesso e delicato, è il banco di prova dell’immediato futuro.
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua