Stracciata la foto di Vasto – dove si abbracciavano
Bersani-Vendola-Di Pietro – la costruzione di un nuovo centrosinistra
che faccia “cose serie” (per riprendere un appello lanciato da alcune
personalità qualche settimana fa) sembra un’ipotesi sempre più remota.
Il Pd – con il sostegno al governo tecnico e con l’approvazione di
nefaste leggi come il fiscal compact o la modifica dell’art 18 o la
riforma delle pensioni – è intenzionato ad essere il perno di una
sinistra riformista “aperta ai moderati”. Ovvero dopo il voto, intesa
con Casini. Sel, convinta da sola di riuscire a spostare a sinistra
l’asse del Pd e sconfiggere l’ala montiana dei “democratici”, sta
puntando tutto sulle primarie. Scelta molto azzardata, anche perché
divide.
Non sarebbe stato meglio costruire prima un polo dell’alternativa –
con un programma serio – che solo successivamente magari si sarebbe
confrontato col Pd? E così, in Italia, siamo nel guado. Non si riesce a
creare una coalizione che rilancerebbe diritti manomessi e difenderebbe
il welfare smantellato. Un cartello che vada oltre i partiti con a capo
una personalità della società civile, un volto nuovo (Landini?). Il
movimento arancione di De Magistris, Idv, Sel, Federazione della
Sinistra, Fiom, società civile, movimenti per l’acqua pubblica, No-Tav…
eppure i soggetti non mancano. Ma, si sa, la sinistra è tafazziana e
Syriza in Italia forse resterà un’utopia o sicuramente non raggiungerà
quelle percentuali ottenute in Grecia. Peccato.
La sinistra d’alternativa ad oggi sembra chiusa tra l’incudine e il
martello: tra la coalizione riformista (Pd-Sel-socialisti + Udc) e
Grillo. Che l’autunno caldo cambi gli scenari? Che la discontinuità
netta con Monti sia un perno per le future alleanze?
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