A destra il banchiere, a sinistra il suo politico |
Della serie: la truffa è l’anima del capitalismo finanziario
di Moreno Pasquinelli, Sollevazione
di Moreno Pasquinelli, Sollevazione
Pochi
oggi ricordano lo scandalo della Banca Romana culminato nel 1893 con le
dimissioni del governo Giolitti e il crollo di mezzo sistema bancario italiano.
Per occultare la perdite dovute a cattivi investimenti la Banca Romana, a
fronte dei 60 milioni autorizzati, coperti da corrispondenti riserve auree, emise
biglietti di banca per 113 milioni di lire, incluse banconote false per 40
milioni. L’inchiesta rivelò che il governatore della banca versò, affinché lo
scandalo non emergesse, cospicue somme a diversi esponenti politici, tra cui
due Presidenti del Consiglio, Francesco Crispi e Giovanni Giolitti.
Menzogne sistemiche
A
112 anni di distanza l’Italia è alle prese con lo scoppio di un altro gigantesco
bubbone bancario, quello del Monte dei Paschi di Siena, i cui vertici —già
indagati per “aggiotaggio e
ostacolo alle autorità di vigilanza” per la torbida vicenda dell’acquisto della
Banca Antonveneta, ma su questo vedi più sotto— rischiano di
finire in galera assieme ai loro politicanti
complici, per aver, sotto la gestione di Giuseppe Mussari (a sua volta
già rinviato a giudizio per falso e turbativa nella gara per la
costruzione dell'aeroporto di Ampugnano), truccato i conti
dopo almeno un paio di disastrose operazioni speculative in titoli
tossici.
Giovanni
Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo, afferma che quello del Mps «è un fatto
episodico… che il sistema bancario italiano è sano». [1] Da
parte sua, visto che il Mps è controllato da una Fondazione a sua volta
controllata dal Pd, Pierluigi Bersani sostiene: «Nessuna responsabilità del Pd,
per l’amor di Dio. Il Pd fa il Pd e le banche fanno le banche». [2]
Entrambi
mentono. Mentono con ogni evidenza anche le Autorità preposte alla
vigilanza, tra cui Banca d’Italia e Consob, che in un laconico comunicato
pensano di cavarsela scrivendo che: «La possibilità da parte delle autorità di
conoscere in modo compiuto le operazioni di una banca dipende dalla corretta
contabilizzazione delle medesime e soprattutto dalla corretta gestione della
documentazione. Con il Mps ci sono mancate entrambe queste condizioni». [3]
Ma
come? Non dovrebbe essere che chi vigila è appunto tenuto verificare la correttezza
della documentazione prodotta dal soggetto su cui s’indaga? Fesso chi lo ha
pensato! Con solare candore Bankitalia e Consob ci dicono che si sono fidati
delle carte e dei bilanci presentati da Giuseppe Mussari e dal consiglio di
Amministrazione del Mps, e che quindi le loro indagini son sempre fatte alla
carlona, concepite per coprire gli imbrogli contabili e le
sconsiderate operazioni corsare delle banche d’affari.
Tab. 1. Titoli derivati per tipologia in pancia alle banche italiane. (clicca per ingrandire) |
E
mente anche il Bersani. Il segretario pensa di poterci ingannare con uno dei
suoi soliti fumogeni, con una delle sue mediocri battute paesane, mentre
l’intreccio tra malaffare e politica, ai massimi livelli è acclarato, in
particolare il senese “groviglio armonioso” tra sinistra sistemica e mondo
della grande finanza, consacrato negli anni del governatorato Mario Draghi in Bankitalia. [4]
L’attuale
inchiesta della
Procura della repubblica di Siena sull’ammanco colossale di Mps dipende
dall’aver giocato d’azzardo, nel 2005-2006, in titoli tossici, in
famigerati
derivati. Il catastrofico affare corsaro del Mps emerse ben presto, dopo
il settembre 2008 quando, scoperchiatosi a scala mondiale il Vaso di
Pandora della
speculazione sui derivati (fallimento della Lehman Brothers), Mps vide
svanire
una cifra che si aggirava sui 740 milioni di euro. [5]
Andava a farsi friggere la
bella favoletta della banca “democratica” legata al territorio e rispettosa
delle regole etiche che dovrebbero presiedere alla tutela dei risparmiatori: i
quattrini di questi ultimi venivano (e vengono ancora) giocati, ovviamente a loro insaputa, nella
bisca del capitalismo casinò, nella
spasmodica ricerca di sovraprofitti, non solo e non tanto per potenziare la
banca, ma per elargire ai manager dei diversi dipartimenti bonus stellari
nonché
per oliare la vorace macchina delle clientele politiche. I banchieri
vorrebbero fare del Mps un capro espiatorio, la verità è che tutto il
sistema bancario europeo (per non parlare di quello mondiale), passata
la buriana del 2008, ha ricominciato a giocare pesante coi diabolici
titoli derivati (vedi la tabella n.2).
Il
fatto è che la più antica banca d’europa, una delle poche che non aveva
mai registrato perdite, oramai diventata banca d’affari quotata in
borsa, non poteva permettersi di far sapere a clienti e azionisti di
essere andata in rosso, con ciò temendo l’inevitabile crollo dei propri
titoli e il rischio di default. Di qui non soltanto la
contraffazione dei bilanci, la manipolazione dei conti, l’occultamento
dell’ammanco; di qui ulteriori spericolate operazione corsare nella
disperata ricerca di far ri-quadrare i conti, risoltesi poi in rovesci
ancora più disatrosi.
«Le probabilità di realizzare tanti investimenti sbagliati tutti in fila, come è accaduto al Mps dal 2006, erano più o meno le stesse di fare “zero” alla schedina del Totocalcio. Monte Paschi ci è riuscita. (…) Con le operazioni sui derivati Santorini e Alexandria, l’istituto ha perso centinaia di milioni (c’è chi stima 750 milioni lordi) mai visti in bilancio, colmati ora con 500 milioni di euro di Monti-bond aggiuntivi rispetto alle stime inziali. [6] Ma questo ormai è coperto. L’ulteriore bomba da gestire è un’altra: il maxi-derivato realizzato da Mps su buona parte dei 25 miliardi di BTp che ha in bilancio. Qui la banca ha fatto un doppio flop. Ha rinunciato a circa 3 miliardi di euro di incassi sulle cedole negli ultimi tre anni. E in più si ritrova con perdite potenziali per 2,8 miliardi». [7]
Tab 3. Mps detiene titoli di stato italiani per tre volte il proprio patrimonio (clicca per ingrandire) |
La
tabella n.3 indica che Mps è la banca che più di tutte ha fatto da
salvagente al governo Monti, portando l'acquisto di titoli pubblici al
306% del suo patrimonio di base! Cortesia che di sicuro dovrà essere
ricambiata col salvataggio.
All’origine del casinò
Essa
venne adottata sotto la pressione della Comunità Europea, che nel decennio
degli ’80 avviò un radicale processo di liberalizzazioni e privatizzazioni
dell’economia e quindi del mondo bancario. L’imperativo liberista, sappiamo, era
quello di porre fine ad ogni tipo di supremazia e controllo vincolante degli
Stati nella sfera economica, in ossequio al dogma della cosiddetta “libera concorrenza”.
In verità, in nome della concorrenza, nacquero i colossi monopolistici che oggi
abbiamo sotto gli occhi, e che fanno il bello e il cattivo tempo, ed hanno
una potenza a volte superiore a certi Stati.
L’intrigo Antoveneta
E’ negli stessi anni, esattamente nel novembre 2007, mentre
presiede alle spericolate scorribande sui derivati, che Giuseppe Mussari,
oramai entrato a far parte del gotha
dei banchieri, guidò l'operazione d’acquisto della Banca
Antonveneta —già al centro, nel 2005, della battaglia per il suo controllo da
parte della Popolare di Lodi, vicenda che fece finire in carcere Giampiero
Fiorani e indagato l’ex Governatore di Bankitalia Antonio Fazio. La cifra sborsata
fu astronomica: più di 10 miliardi (circa 20mila miliardi di vecchie lire).
Il fatto è che Antonveneta era
stata acquistata pochi mesi prima dagli spagnoli di Santander per la ben più
modesta cifra di 6,6 miliardi.
«Un affare concluso a una cifra davvero folle, roba da perdersi dietro agli zeri: 10,3 miliardi. Il venditore, la banca spagnola Santander, che l'Antonveneta l'aveva acquistata per 6,6 miliardi appena due mesi prima, incassò una sostanziosa plusvalenza. Mps si trovò invece con un ferro vecchio, anche se qualcuno in Italia provò ad esultare per il presunto successo patriottico. Il fatto è che l'Antonveneta quei soldi non li valeva proprio: anni dopo il collegio sindacale della banca senese stimò il suo valore patrimoniale in 2,3 miliardi. Non basta. Antonveneta fu pagata da Mps molto più di 10 miliardi e passa. La banca allora guidata da Mussari si accollò infatti anche i 7,9 miliardi di passivo che gravavano al momento della compravendita sull'ex gioiello del Nord-Est». [8]
Resta il "mistero" che
l’inchiesta ancora in corso dovrà chiarire: per quale ragione il Mps sborsò più
di tre miliardi e mezzo in più per acquistare una banca che ne valeva al
massimo 3? [9] In onore al patriottismo
bancario, come sbandieravano media ed analisti compiacenti? Oppure, com’è
lecito sospettare, i quattrini vennero stornati di nascosto anche per
corrompere consulenti, politici e vigilanti?
Sta di fatto, come fanno notare
Morya Longo e Fabio Pavesi, che «L’operazione Antonveneta pagata 10 miliardi
nel 2007 ha lasciato tracce incancellabili nei conti. La banca di Siena ha
cumulato, solo tra il 2011 e i primi 9 mesi del 2012, 6,2 miliardi di perdite.
Una cifra che va oltre la metà del patrimonio netto della banca». [10]
Tab 4. Il giro d'affari delle prime 5 banche supera di gran lunga il Pil dei rispettivi paesi. (clicca per ingrandire) |
Quanto
abbiamo sin qui scritto, lo si può trovare, a spizzichi e bocconi, sulla stampa
di questi ultimi giorni. L’organo ufficiale del capitalismo italiano, Il Sole 24 Ore, non ha esitazioni a mettere
sulla graticola Mussari e i suoi sodali al vertice Mps nonché quelli politici —salvo porre al riparo
i vertici Consob e Bankitalia, e anzitutto Mario Draghi che era governatore bankitalia ai
tempi delle magagne senesi in questione. In effetti Il Sole criticò al tempo velatamente l'acquisizione di Antoveneta, facendo intuire che l'esoso prezzo d'acquisto era il risultato di una irrazionale bolla, ma tutti gli altri giornali mainstream stesero il tappeto rosso all'operazione che poi consentì a
Mussari di salire nella scala presiedendo addirittura l’Associazione bancaria italiana (Abi).
Quello
che non troverete nella stampa di questi giorni, nemmeno su Il fatto quotidiano che strilla tanto
(grazie alle carte passategli si suppone dallo stesso Profumo), è l’indagine sull’origine del tumore che affetta
l’intero sistema bancario italiano (ed europeo) e di cui quella del Mps è solo
una delle metastasi.
Ci
riferiamo al colossale processo di privatizzazioni e concentrazioni degli anni
’90 e che culminò nel 1998 nella nascita, ad esempio, dei due mostri Unicredit
e Banca Intesa. Un processo che cambiò da cima a fondo l’architettura stessa
del sistema economico e bancario italiano e che consistette nel passaggio delle banche da
commerciali a banche d’affari, quindi non solo quotate in borsa ma oramai
dedite alle scorribande predatorie sui mercati finanziari. Solo a patto di focalizzare
questo colossale processo di privatizzazione-concentrazione-speculazione
è
possibile capire perché anche una banca come Mps si lanciò nella gara
fraudolenta, viziata nativamente da trucchi di vario tipo e, quel che a
noi
preme sottolineare, voluta e avallata dai partiti politici e dai
governi, sia
di centro-sinistra che berlusconian-leghisti.
Gli
anni ’90 erano quelli che prepararono l’ingresso nell’Euro. Gli anni in cui
l’Italia doveva adeguarsi agli standard previsti dai Trattati, implicanti il
trasferimento della sovranità politica a Bruxelles e quella monetaria a
Francoforte. Gli anni in cui prendeva definitivamente forma il regime
oligarchico europeo incardinato nel predominio del sistema bancario e
finanziario.
Una
delle
tappe cruciali di questo processo di avvicinamento verso l’abisso
globalizzato iniziò certamente nel 1981, col divorzio tra Tesoro e
Banca
d’Italia. Ma ve ne fu una seconda, di portata altrettanto grande. Essa
venne
sancita il 30 luglio 1990, con la Legge Amato n. 218 e successivi
decreti di
attuazione —Primo Ministro Andreotti, coalizione di centro-sinistra Dc,
Psi,
Psdi, Pri, Pli con Azeglio Ciampi a governatore della Banca d’Italia. [11]
Tab 5. LO CHIAMANO "SALVATAGGIO" Gli interessi sui titoli a due anni della Grecia |
Con
la legge Amato le banche commerciali vennero spinte a trasformarsi in
banche d’affari, divennero così Società per azioni, vennero quotate in
borsa, iniziarono a giocare i depositi e
i risparmi in investimenti speculativi, e furono esse un veicolo per
trasportare i titoli di Stato italiani sui mercati finanziari
internazionali. Erano gli
anni del raddoppio del debito statale malgrado la costante riduzione
della
spesa pubblica. Gli anni del sodalizio imperfetto tra centro-sinistra e
centro-destra, dei governi che agirono tutti in perfetta continuità e
sincronia assecondando
i dettami europei e i desiderata dei banchieri (compreso Giulio Tremonti
che
oggi cerca di rifarsi un’impossibile verginità).
Questo
è quello che media, economisti e analisti non vi dicono, né possono dirvi, perché
essi stessi, come i politici, sono collusi se non addirittura venduti, alla
finanza predatoria globale, quella che ha nelle banche i suoi templi, i luoghi dove
i nuovi sacerdoti del Dio-denaro offrono in sacrificio la vita e il sangue di
interi popoli così come lo scalpo di intere nazioni.
NOTE
[1]
Reuters, 24 gennaio 2013
[2]
Ansa, 23 gennaio 2013
[3]
Finanza e Mercati, 24 Gennaio 2013
[4]
Carlo Marroni, Finanza e Mercati, 23
gennaio 2013
[5]
Marco Lillo, Il Fatto Quotidiano del 22 gennaio 2013
[6]
Il Ministero del Tesoro offrirà a Mps, con interessi del 9%
Monti-bond per un ammontare complessivo di 3,5-3,9 miliardi, ovviamente in
cambio di garanzie di pari importo, Nda]
[7]
Morya Longo e Fabio Pavesi, Il doppio
flop su derivati e BTp, Finanza e Mercati, 24 gennaio 2013-01-24
[8] Il
Giornale, 24 gennaio 2013
[9] Mauro Aurigi, Antoveneta:
un’operazione che ancora non ha un perché. Il cittadino on line, 28 aprile
2012
[10]
Il Sole 24 Ore, del 23 gennaio 2013
[11] I successivi decreti
applicatici furono: il Decreto legislativo di attuazione n.356 del 1990. La
legge-delega Ciampi n.461 del 1998. Il Decreto legislativo di attuazione n.153
del 1999. La legge n.448 del 2001 (cosiddetta legge Tremonti). La Legge n.112
del 2002.
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