giovedì 6 giugno 2013

Erri De Luca, in morte di Stefano Cucchi








12 Novembre 2009

Il potere dichiara che il giovane arrestato di nome Gesù figlio di Giuseppe è morto perché aveva le mani bucate e i piedi pure, considerato che faceva il falegname e maneggiando chiodi si procurava spesso degli incidenti sul lavoro. Perché parlava in pubblico e per vizio si dissetava con l´aceto, perché perdeva al gioco e i suoi vestiti finivano divisi tra i vincenti a fine di partita.
I colpi riportati sopra il corpo non dipendono da flagellazioni, ma da caduta riportata mentre saliva il monte Golgota appesantito da attrezzatura non idonea e la ferita al petto non proviene da lancia in dotazione alla gendarmeria, ma da tentativo di suicidio, che infine il detenuto è deceduto perché ostinatamente aveva smesso di respirare malgrado l’ambiente ben ventilato. Più morte naturale di così toccherà solo a tal Stefano Cucchi quasi coetaneo del su menzionato.
(Erri de Luca, scrittore)


Ingiustizia è fatta: Cucchi è morto...di freddo
di Giovanni Russo Spena

Abbiamo, dalle prime ore successive alla sua morte, detto e dimostrato che la morte di Stefano era omicidio di Stato. Oggi, con scientificità giuridica, affermiamo che la sentenza di primo grado è una sentenza di regime. Essa è frutto della "ragion di Stato" che è storicamente figlia dell'emergenzialismo, dello"stato di eccezione". Cioè dell'attuale contesto politico. Se vengono condannati solo i medici e assolti poliziotti, carabinieri, ecc., viene, infatti, dato un messaggio preciso: Stefano è morto per un errore "sanitario"; e, tra l'altro (come vomita l'infame Giovanardi), se l'è cercata, perchè era un"tossico" (ricordo, per inciso, che la legge Fini/Giovanardi contro i tossicodipendenti è un insulto alla ragione sul piano giuridico, sociale e finanche medico). Il Sap, sidacato di polizia noto per posizioni corporative e vandeane, esulta. Ilaria, i genitori, gli amici, i compagni, noi ieri, alla lettura della sentenza, abbiamo pianto (di dolore, di rabbia, di indignazione, per la morte dello Stato di diritto). 
Dovremo riflettere ed agire, ricostruire attenzione e coscienza democratica su temi "difficili"anche per il popolo della sinistra, come il carcere, il garantismo, la critica del potere (a partire dai poteri militari). Riguarda anche il nostro agire sociale, le nostre lotte, se è vero che, mentre i massacratori di Stefano vengono assolti, cresce la "detenzione sociale"cioè un numero sempre maggiore di operai, precari, occupanti di case, studenti viene represso e compagni antifascisti come il nostro caro compagno di Termoli langue in un carcere di massima sicurezza con una condanna abnorme. E' l'ora di ricominciare a pensare ad una proposta di amnistia per la detenzione politica e sociale. Per il momento pongo solo, brevemente, alcune questioni: 1) La magistratura non ha mai creduto di dover svolgere un'indagine seria sull'uccisione di Stefano. Non ha, infatti, mai collegato il suo viso tremendamente tumefatto, le sue fratture, le sue ossa rotte, al contesto complessivo concernente i tempi e i luoghi. Ha sminuzzato le indagini, le ha sezionate, perdendo di vista il punto centrale: se non fosse passato in quei luoghi gestiti dal potere militare Stefano sarebbe ancora vivo. Quello dei periti asserviti al potere (anche per avere molti incarichi) è diventeto, poi, un cancro per moltissimi processi; 2) Così muore lo Stato di diritto perchè muore l'habeas corpus che ne è il fondamento primo (quando una persona è nelle mani del potere, insegnava Cesare Beccaria, la sua vita deve essere tutelata e considerata sacra da chi lo arresta e ne domina anche il corpo, altrimenti introduciamo la pena di morte surrettizia. Nelle carceri italiane, purtroppo, lo documentiamo da anni, vige la tortura (sovraffollamento, atti di autolesionismo dei detenuti, suicidi, torture fisiche vere e proprie). Tanto è vero che le Commissioni europee prevedono la costituzione, entro un anno, del National Preventive Mechanism (meccanismi di controllo e garanzia di tutti i luoghi di detenzione, carceri, caserme, commissariati, galere etniche); 3) La sentenza Cucchi, come la sentenza contro le violenze poliziesche al G8 di Genova, richiedono l'applicazione dell'obbligo dell'introduzione del reato di tortura nel codice penale. E' una delle misure giuridiche per contrastare omertà e corporativismo omicida dei poteri militari, alimentati dai comportamenti della quasi totalità delle forze politiche. La Convenzione Onu contro la tortura ed altre pene e trattamenti crudeli, disumani o degradanti è entrata in vigore il 26 giugno 1987. Nel giugno 2008 è stata ratificata da 145 paesi. Vergognosamente l'Italia, pur avendo ratificato la Convenzione, non vuole inserire nel codice penale il reato di tortura. L'Italia è lo Stato europeo con il maggior numero di condanne per violazione della Convenzione europea dei diritti della persona. Propongo che la dolorosa vicenda di Stefano comporti un impegno eccezionale anche per la raccolta di firme sulle tre leggi di iniziativa popolare di cui siamo copromotori: introduzione del reato di tortura, per l'appunto; in secondo luogo, per il rispetto della Costituzione nelle carceri; in terzo luogo contro la legge Fini/Giovanardi, che tanta carcerazione inutile produce dolorosamente ogni giorno nel nostro paese, depenalizzando i consumi, diversificando il destino dei consumatori di droghe leggere da quello di sostanze pesanti e diminuendo le pene ed annullando la carcerazione.
 


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