L'articolo di Antonio Tricarico (su www.silanciamoci.org)
mette il dito nella piaga dell'aumento delle materie prime sottolineando
il ruolo della speculazione. Tra i trader beneficiari degli scambi
finanziari ritroviamo Glencore, in odore di prendersi il sito produttivo
Alcoa in Sardegna. L'ipotesi che dietro l'aumento dei
prezzi delle materie prime possano esserci gli scambi dei futures è
stata fatta anche dal "Sole 24 ore"
Mai come in questo caso Chris Mahoney, il capo del dipartimento cibo
di uno dei più grandi trader al mondo di materie prime – l’inglese
Glencore, registrata in Svizzera per motivi fiscali – è stato esplicito.
Mahoney sostiene che la grave siccità che sta colpendo gli Stati Uniti,
tanto da diminuire anche del 45 per cento il raccolto annuo di grano e
soia e provocare un’enorme volatilità nei prezzi del cibo in tutto il
mondo, “sarà un bene per Glencore”.Ci sono tutte le premesse per
raggiungere in poche settimane il record toccato nel 2008 dai cereali
sui mercati, scatenando più di 30 rivolte per il pane nel mondo e agendo
da detonatore per la primavera araba.
“Costi alti, molta volatilità dei prezzi, numerose “dislocazioni”,
ristrettezze e tante opportunità di arbitraggio” (ossia vendita e
acquisto di un bene per trarre profitto dalle sue differenze di prezzo
in mercati diversi allo stesso tempo), questo accadrà secondo Mahoney.
Insomma, il non plus ultra per la speculazione finanziaria. Quella che
finalmente anche il nuovo capo della Fao, il brasiliano José Graziano da
Silva, ha indicato tra le principali cause della volatilità dei prezzi
del cibo.
E pensare che nell’ultimo anno, in seguito alle pressioni della
società civile e dell’opinione pubblica, delle importanti banche europee
hanno iniziato a ritirarsi dagli investimenti finanziari in alcuni
prodotti derivati collegati alle risorse alimentari. Nel 2011 Nordea,
quindi a marzo Deutsche Bank e a luglio alla Commerzbank, e per ultima
l’austriaca Wolksbanken la scorsa settimana. Tutti questi istituti di
credito hanno deciso di sospendere o chiudere definitivamente i loro
investimenti nei prodotti exchange traded (ETP) finiti nell’occhio del
ciclone.
Va aggiunto che negli ultimi mesi gli stessi prodotti finanziari e le
loro nuove evoluzioni hanno generato perdite significative per i grandi
investitori. In primis, Calpers, il più ricco fondo pensione al mondo –
dei dipendenti pubblici della California – il cui portfolio “agricolo”
nell’arco di 12 mesi si è svalutato dell’11 per cento.
Ma con i prezzi che schizzano in alto in maniera imprevedibile alla
Glencore ritornano i prospetti di nuove speculazioni e guadagni. I più
grandi promotori e gestori al mondo di prodotti ETF e ETP, le società
finanziarie ETF Securities e IShare, annunciano che non molleranno mai
questo settore poiché non è vero che la speculazione finanziaria ha un
impatto sull’andamento dei prezzi. Un’affermazione che, al di fuori
delle borse di Wall Street e della City di Londra, in tanti non credono
realistica. La Deutsche Bank ha addirittura messo su un gruppo di studio
per accertare quanto la speculazione pesi sulla formazione dei prezzi
agricoli. Le banche nostrane come Intesa, Unicredit e Monte dei Paschi,
esposte anche loro pur se in maniera minore nel mercato ETF, invece non
dicono nulla e studiano poco.
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