mercoledì 5 marzo 2014

La lezione dei Lords di Massimi Villone, Il Manifesto


Cameron-nella-trappola-dei-Lord_h_partbLa House of Lords ha pub­bli­cato il 12 feb­braio 2014 un report, che gli aspi­ranti padri della patria nostrani fareb­bero bene a leg­gere, sulle Con­sti­tu­tio­nal Impli­ca­tions of coa­li­tion govern­ment (House of Lords, Select Com­mit­tee on the Con­sti­tu­tion, 5th Report of Ses­sion 2013–14).
Forse non tutti sanno che nelle ele­zioni del 2010 un pic­colo ter­re­moto scuote la poli­tica in Gb: i par­titi diversi da con­ser­va­tori e labu­ri­sti con­qui­stano circa un terzo dei voti e 86 seggi. Ne viene una coa­li­zione tra con­ser­va­tori e labu­ri­sti demo­cra­tici. L’esito elet­to­rale rende impos­si­bile il single-party govern­ment tra­di­zio­nale nell’esperienza bri­tan­nica. L’ultimo governo di coa­li­zione risale al 1945.
Il single-party govern­ment non viene dalla mani­po­la­zione arit­me­tica della tra­du­zione dei voti in seggi. Il sistema elet­to­rale inglese non cono­sce alcun truf­fal­dino pre­mio di mag­gio­ranza. Accade invece fisio­lo­gi­ca­mente, per il mag­gio­ri­ta­rio uni­no­mi­nale di col­le­gio a turno unico. Sem­pli­ce­mente, in cia­scun col­le­gio ottiene il seg­gio il can­di­dato con i mag­giori voti. Dun­que il par­tito nel com­plesso più forte nei con­sensi popo­lari è favo­rito – ma senza trucco alcuno – nella asse­gna­zione dei seggi, solo per­ché vince in un mag­gior numero di col­legi. Que­sto è un favor per la gover­na­bi­lità.
Natu­ral­mente, può ben acca­dere e accade che un par­tito con­qui­sti una mag­gio­ranza dei seggi pur non aven­dola nei voti popo­lari. Come può acca­dere e accade che i par­titi minori siano sostan­zial­mente e anche for­te­mente sot­to­rap­pre­sen­tati, otte­nendo il seg­gio solo nei col­legi in cui rie­scono a vin­cere. Ma — a dif­fe­renza del Por­cel­lum, Ita­li­cum e affini — senza imbro­glio e senza inganno. Nes­sun par­tito è garan­tito nella vit­to­ria o con­dan­nato alla scon­fitta, in ragione di soglie pre­de­ter­mi­nate o di per­cen­tuali di voti conseguite.
La pro­gres­siva ero­sione del bipar­ti­ti­smo ha con­dotto in tempi recenti in Gb a cri­ti­che cre­scenti verso il sistema elet­to­rale, soprat­tutto per il defi­cit di rap­pre­sen­ta­ti­vità. Ma ancor più conta che alla fine il governo di coa­li­zione è stato ine­vi­ta­bile. Ed è inte­res­sante leg­gere nel report dei lords che in pro­spet­tiva cre­sce la pro­ba­bi­lità di tale esito. Il tempo della sostan­ziale cer­tezza di un single-party govern­ment è finito.
Cosa fanno a tale pro­po­sito i lords? Gri­dano al rischio per la gover­na­bi­lità? Anti­ci­pano la pro­spet­tiva di par­la­menti ris­sosi e inca­paci di soste­nere un indi­rizzo di governo? Chie­dono a gran voce sta­bi­lità? Auspi­cano una riforma del sistema elet­to­rale che garan­ti­sca il ritorno al bel tempo che fu? Magari pre­ve­dendo un pre­miuc­cio di mag­gio­ranza che regali al par­tito più forte i numeri par­la­men­tari neces­sari e suf­fi­cienti? Niente affatto. Al con­tra­rio, discu­tono di come le regole deb­bano adat­tarsi alle realtà del sistema poli­tico, e non vice­versa. Si inter­ro­gano sui tempi della for­ma­zione del governo di coa­li­zione, su come debba essere costruito e reso noto un accordo di coa­li­zione, sui rap­porti dell’accordo con la pro­po­sta elet­to­rale dei par­titi con­traenti, sulla oppor­tu­nità di espli­ci­tare i punti di dis­senso oltre quelli di con­senso, e di votare in par­la­mento sull’accordo oltre che sul governo. Si chie­dono se votare anche sulla per­sona del primo mini­stro oltre che — come oggi accade — sul pro­gramma di governo (il discorso della regina). Si inter­ro­gano sulla respon­sa­bi­lità poli­tica, sul rap­porto con le buro­cra­zie, e per­sino sulle regole con­ven­zio­nali più con­so­li­date che reg­gono il fun­zio­na­mento del sistema.
Eppure, sarebbe così facile in Gb, felice paese privo di una costi­tu­zione scritta e rigida che ponga fasti­diosi impe­di­menti alle pul­sioni rifor­ma­trici. Che però ha una solida tra­di­zione demo­cra­tica, tale da non smar­rire i suoi con­no­tati fon­da­tivi nel tempo della tele­vi­sione, di inter­net e dei tweet. Che, nono­stante la tra­di­zione, non vuole affatto ricon­durre oggi una fase poli­tica com­plessa alla rozza sem­pli­fi­ca­zione di un bipo­la­ri­smo coatto ten­den­zial­mente bipar­ti­tico. Che mai pen­se­rebbe di costruire un sistema elet­to­rale volto dichia­ra­ta­mente e fino al cal­colo dei deci­mali a van­tag­gio dei par­titi che lo impon­gono, e tale da stra­vol­gere arti­fi­cio­sa­mente ogni rap­porto con la realtà poli­tica del paese.
È invece quel che accade nel nostro paese con la pro­po­sta di legge elet­to­rale in discus­sione. Nulla cam­bia se con l’accordo Pd-Fi è rife­rita solo alla camera: scelta tec­ni­ca­mente pos­si­bile, e in pro­spet­tiva per­sino utile alla costru­zione di un senato meno sbi­lenco di quello ideato da Renzi. Rimane il con­tra­sto con la sen­tenza 1/2014 della Corte costi­tu­zio­nale. Il pre­si­dente Sil­ve­stri ha avuto nella rela­zione del 27 feb­braio accenti letti da alcuni come asso­lu­zione della pro­po­sta. Forse, sarebbe stato meglio comun­que evi­tarli. Di certo, un pre­si­dente bene opera quando espone quel che la Corte ha fatto, meno bene quando sem­bra anti­ci­pare quel che la Corte potrebbe fare in futuro.
Un tempo, la Gran Bre­ta­gna sarebbe stato il sogno di Renzi e Ber­lu­sconi. Appena chiuse le urne si sapeva con cer­tezza chi aveva vinto, e il vin­ci­tore aveva una sicura mag­gio­ranza nella camera dei comuni. Non più. Ma ci pia­ce­rebbe comun­que espor­tarli entrambi, a testi­mo­nianza del genio italiano.

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