Un tweet non si nega a nessuno e quindi anche Vendola ha
detto la sua sul tema del giorno, se ci si ferma al chiacchiericcio
politichese locale: "Rai dei cittadini e non dei partiti. Reddito minimo contro povertà. In parlamento maggioranza possibile. Facciamolo. Ora".
Linguaggio renziano, sloganetti ammiccanti, stesse parole di Grillo e il Matthew di Pontassieve. Nessuno che si chieda: ma che significa?
"Togliere la Rai dalle mani dei partiti"
è uno di quei luoghi comuni che nescondono il merito dei problemi
invece di illuminarli. E' uguale alla "casta", al "terrorismo islamico",
"i ladri", "i zingari", ecc.
Che la Rai sia un baraccone consumato da
liturgie consociative da quasi un sessantennio, lo sanno anche i gatti.
Che la nomina di un direttore di rete o di tg dipenda quasi
esplusivamente dal suo grado di fedeltà presunta al premier di turno,
anche. Un po' come le soubrette-meteore che appaiono per una stagione e
poi scompaiono, sostituite da una nuova leva, immancabilmente al braccio
di qualche "potentino" del sottobosco.
Che per il bene della Rai e dell'informazione occorra un cambio drastico di regime è indubbio. Siamo d'accordo.
Ma il "come" è decisivo. I grillini
hanno presentato una loro proposta di legge: scegliamo i mebri del
consiglio di amministrazione in base al curriculum, non in base
all'appartenenza partitica. Semba una cosa intelligente, a noi sembra
l'opposto.
Ovviamente nessuno vuole più vedere un
Verro o un Veneziani su certe poltrone, ma che criterio è quello del
curriculum? Quale carriera bisogna aver fatto per poter accedere al cda
di viale Mazzini? Mettiamo che occorra essere stati membri di altri
consigli di amministrazione, se non altro per sapere che mestiere sia
l'amministrare. Può un ex cementiere o agricoltore consortile aspirare a
dirigere il servizio pubblico radiotelevisivo?
Evidentemente no. Magari si tratta di
gente che non ha mai visto un programma tv, non ne conosce il
linguaggio, la funzione sociale, quella di mercato... insomma, può fare
solo disastri.
Allora qualcuno con esperienza di cda
nel mondo dei media. Certo, qui la competenza ci sarebbe, ma dubitiamo
che ci siamo delle "verginelle" pronte a immolarsi nella difesa della
neutralità del servizio pubblico, una volta assise su quelle poltrone.
Un ex amministratore di Mediaset o de La 7 vi dà forse qualche garanzia
di "imparzialità" in più? Non diciamo cavolate... Figuratevi un
Signorini o un Romani a viale Mazzini. E tremate...
Il "curriculum", in definitva, non
assicura nulla. E allora dove li andiamo a prendere, questi nuovi
amministratori imparziali e rispettosi dell'informazione indipendente
dalla politica? Diamo "la Rai ai cittadini", come dice Vendola? E a quali
cittadini, di grazia? Si può forse improvvisare il lavoro di
amministratore di una società di quelle dimensioni? Ma se il "cittadino
normale" non riesce neanche ad amministrare il condominio in cui
abita...
Chiacchiere per occupare i notiziari,
niente altro. E tutto per non affrontare il nodo vero di questo
disgraziato paese: qui, di "imparziale" e "obbiettivo" non c'è nulla.
Non c'è uno Stato che vive indipendentemente dalla successione dei
governi. Ma solo "funzionari tecnici" al servizio del potente di turno e
in attesa del prossimo.
Se c'è un tema su cui il concetto di
"rivoluzione" appare come l'obiettivo minimo è dunque proprio la Rai. Ma
vi pare possibile che la faccia Renzi? Al massimo può dare la Rai a
Berlusconi, se si prende anche RaiWay...
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