Sono molti e insidiosi i segnali che vedono la Capitale al
centro di malevole attenzioni e tentazioni ancora inconfessate. Da
quello che accade in Campidoglio fino al Vaticano, tutto sembra
convergere verso una messa all'indice di Roma come “centro” politico del
paese e “centro” spirituale del mondo. La tentazione, inconfessata ma
ormai evidente, è quella di “spostare” la Capitale de facto da Roma a
Milano. Sbaracchiamo subito il campo da ogni velleità campanilista. Le
recenti sconfitte sul campo delle due squadre romane con quelle milanesi
sembrano confermare il “presagio” di alcuni mesi fa che vide una
colomba bianca lanciata dal balcone del Vaticano aggredita da due rapaci
metropolitani.
Stoppiamo qui le suggestioni, che un loro immaginario però lo
dipingono, e prendiamo di petto le contraddizioni che stanno emergendo
intorno ai simboli del potere temporale, sia nella sua versione statuale
che religiosa. Roma Capitale e Città del Vaticano sono infatti legati
da una connessione che affonda nei secoli e ne ha legato i destini, i
fasti e i nefasti.
Marx sottolinea profeticamente come il capitalismo nella sua continua
e contraddittoria ansia da prestazione (per usare un eufemismo), punti
continuamente a travolgere e ridefinire le strutture esistenti per
crearne di nuove e funzionali alle proprie esigenze di valorizzazione.
Questo processo diventa ancora più detonante dentro la crisi. E nessuno
può negare che oggi il capitalismo – o meglio, i capitalismi- sono
dentro una crisi sistemica che si riverbera anche come crisi della
civiltà storicamente prodotta dal suo incedere ma anche dai temporanei
compromessi o arretramenti che hanno subito nel XX Secolo (dal
socialismo reale al welfare state).
Dentro questo violento processo di adeguamento e sopravvivenza, tutte
le strutture e le sovrastrutture della civiltà vengono sollecitate
bruscamente e rimesse in discussione. Questo riguarda sia la democrazia
rappresentativa – che per decenni è stata spacciata come indissolubile
dalla primazia del mercato – sia i monopoli spirituali (e temporali) che
ne hanno criticato gli eccessi (il Vaticano, ad esempio).
Se una parte delle vecchie classi dominanti, e il ceto politico che
ne era espressione, pensavano di uscire indenni dai contraccolpi della
crisi in corso, la medesima illusione è stata coltivata per anni anche
dalla Curia di Roma, ossia dalle ultime vestigia del potere temporale
del papato. Ed invece ormai ce n'è per tutti.
La governance autoritaria, che dalla gerarchizzazione imposta da
Bruxelles discende fino alle amministrazioni statali e locali imponendo
piloti automatici e prefetti/commissari, sta ridefinendo completamente
le regole della democrazia rappresentativa sostituendole con il dogma
della governabilità. Renzi è l'espressione piena di questo modello.
Ma anche in Vaticano – una struttura che per ammissione di almeno due
pontefici non è una democrazia nè un parlamento – l'aria non poteva che
cambiare bruscamente.
L'apparenza ci lascia intravedere uno scontro tra conservatori e
progressisti, la realtà ci dice invece che la crisi di civiltà sta
bussando prepotentemente anche alle porte di San Pietro, illuminando
nefandezze e bassezze note a molti ma finora sussurrate a mezza bocca o
facilmente bypassabili dai diktat e dai desideri della vita reale degli
uomini e delle donne, soprattutto di quelli che contano.
A uno squalo della finanza multinazionale quanto può interessare se
il Sinodo si divide sulla comunione ai divorziati o sulle aperture verso
l'omosessualità? Niente di niente. E per una classe dominante resa
incerta e spietata dalla ricerca di uno spiraglio di uscita dalla crisi
che l'attanaglia, quanto possono interessare la pertinenza delle unioni
civili con la dottrina della Chiesa di Roma? Ancora meno. Del resto,
come ha scritto Giuliano Amato, di diritti civili la società liberale ne
può concedere a vagonate perchè non costano nulla, mentre i diritti
sociali - che un costo ce l'hanno - vanno ridotti.
Dentro questa contraddizione si muove un mondo che non riesce più a
stare al passo con i tempi dettati dalla crisi di civiltà del
capitalismo, sia sul piano politico che su quello spirituale.
E allora cosa c'entrano in tutto questo i destini di Roma? C'entrano,
perchè Roma è stata per un secolo e mezzo la Capitale di un mondo
antico sottoposto bruschi scossoni e sede di un Vaticano capitale
spirituale di un mondo ancora più antico e più vasto.
I tecnocrati che reggono le sorti dell'occidente capitalista
ragionano con altri parametri, e se la costruzione di una struttura
sovrastatale come l'Unione Europea deve realizzarsi appieno, anche le
vecchie strutture devono adeguarsi. Il partito dell'Expo non è affatto
bendisposto a convivere ancora con il partito del Giubileo “vecchio
stile”. Una Milano vicino all'Europa (come cantava Lucio Dalla) in
questo senso, diventa una Capitale più funzionale al modello di
“civiltà” capitalista oggi dominante di quanto lo possa essere ancora
una Roma troppo avviluppata ad un Vaticano che sa di antico e di
inadeguato. Volendo usare un linguaggio corrente dopo la vicenda di
Mafia Capitale, possiamo dire che è il Mondo di Sopra che vuole superare
e distruggere il Mondo di Sotto togliendosi di torno anche buona parte
del Mondo di Mezzo.
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