mercoledì 3 aprile 2013

Un Teatro è un Teatro di renzo Massarelli, Umbrialeft.it

PERUGIA - Se "Un uomo è un uomo", come nel dramma di Bertolt Brecht al quale Perugia ha intitolato un bel teatro a San Sisto, così un teatro è un teatro e nient'altro che un teatro. Diversi secoli fa era il centro della vita di una città, come la cattedrale, e la plebe occupava la platea mangiando e bevendo considerando che anche il teatro, in fondo, non fosse che una piazza al coperto. Diverso era il contegno dei ceti più importanti che occupavano i palchetti in alto, la sera, durante lo spettacolo. Ma adesso non è davvero il caso di tornare, dopo il caso del Pavone, ai Beccherini e ai Raspanti, ai nobili e ai popolani in perenne lotta tra di loro.
Quindi, una delle più importanti occasioni per far rivivere il teatro più antico della città non si può perdere mettendo in scena una improbabile disputa d'altri tempi tra innovatori e conservatori. Per questo, nel cercare di capire, si deve stare ai fatti.
I fatti ci dicono che sul recupero dello storico teatro perugino si è giocata una partita dove in campo non c'è stato solo un progetto, ma due, prima l'uno e dopo un altro. Quello presentato da Abn, un consorzio di cooperative, da un costruttore di lungo corso come Francesco Maria Lana e dal gestore del ristorante "La Taverna" di via delle Streghe non è stato accolto dal consiglio di amministrazione provocando le dimissioni della presidente Nives Tei, rimasta sola a sostenere la proposta di introdurre nel capolavoro di Pietro Carattoli, dove sono vincolate anche le cornici dorate e gli stucchi delle pareti, alcuni cambiamenti strutturali e d'uso.
Quali sono questi cambiamenti? Tre, soprattutto, e particolarmente sorprendenti. Al centro di questo progetto viene posta la trasformazione del salone d'ingresso, il foyer, che ospita anche la biglietteria, in una specie di locale ristoro, un bar, praticamente o, se si preferisce, un bistrot con il suo bravo bancone. Questa mescita dovrebbe essere al servizio di due spazi. L'uno all'interno del teatro con la trasformazione, non meglio precisata, di sei palchetti che sono, come in ogni teatro, molto angusti, in spazi di consumo di "una bevanda o un piccolo piatto freddo". Questi palchetti che si trovano al terzo ordine del teatro, dovrebbero essere "riqualificati" e attrezzati per la loro nuova funzione. I clienti arrivano e si guardano un filmetto degli anni trenta davanti a un'oliva verde. Il secondo spazio in realtà non c'è, ma dovrebbe essere creato all'esterno, costruendo "una veranda letteraria" in vetro e ferro "in perfetto stile berlinese nord europeo". Settantadue metri quadrati da coprire in piazza della Repubblica davanti ai portoni di ingresso del teatro. Nessuno ha mai pensato di chiedere alla città cosa pensa di un progetto simile? e se poi altri locali volessero avere anch'essi questi giardini d'inverno? cosa diventerebbe Corso Vannucci e cosa potrebbero mai dire di interventi simili gli enti preposti alla tutela dei beni culturali e ambientali?
Il catalogo comunque è questo, e assegna allo storico teatro una improponibile vocazione commerciale che guarda ai succulenti spazi di corso Vannucci. Di fronte a questo progetto il consiglio di amministrazione ha chiesto a due architetti perugini, cioè a due tecnici imparziali, un parere. Questa è stata la risposta. "In qualsiasi progetto di rifunzionalizzazione lo si voglia inserire, il teatro non deve perdere il suo significato primario, il valore di monumento complesso e articolato, il ruolo e l'immagine con la quale la città si identifica". La conservazione del Pavone, sostengono Felice Sinibaldi e Giovanna Chiuini, "è imprenscindibile" mentre il foyer "non può che rimanere integralmente foyer, con i suoi arredi, senza alterazioni di sorta, in materiali e destinazioni d'uso" perché questo spazio rappresenta "un elemento costitutivo essenziale del complesso teatrale e la sua sottrazione, anche parziale, all'esclusivo uso attuale o la sua alterazione con inserti nuovi e impropri rappresenterebbe un'amputazione e una perdita di valore di un bene culturale così complesso (…)".
I due tecnici perugini hanno quindi proposto un nuovo progetto che punta alla riscoperta degli antichi spazi accessibili anche da via delle Streghe, un vicolo quasi interamente al coperto e di straordinaria bellezza. Si tratta di ambienti che si sviluppano su diversi livelli e che occupano 250 metri di superficie tra i quali spicca l'Arsenale, spazio a doppia altezza con strutture ad arco, il laboratorio posto accanto al palcoscenico, un autentico museo dell'arte del teatro che, se recuperato e aperto al pubblico, potrebbe suscitare un grande interesse. Se si vuole fare ristorazione, si può fare nei locali di questa zona valorizzando l'accesso da una via di grande suggestione e da recuperare come via delle Streghe, mentre il teatro potrà conservare la sua integrità e il suo significato. Questa, in breve, la proposta alternativa. Il gruppo Abn e gli altri soci hanno però risposto che l'idea della riqualificazione dell'arsenale non avrebbe allo stato attuale un "riscontro di sostenibilità economica". E' qui che i giochi sembrano essersi chiusi.
Il caso del Pavone ripropone così, ancora una volta, i pasticci e le ambiguità che hanno accompagnato i progetti di recupero, tutti clamorosamente falliti, di tanti altri spazi pubblici e privati, dal mercato coperto, al Turreno al Lilli, agli arconi del Pincetto. Sembra che nulla sia più possibile salvare dal degrado e dall'abbandono se dentro ogni nuovo progetto non si inserisce una componente di puro interesse commerciale e speculativo. E' possibile rovesciare in questa città un paradigma così nefasto?

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