Non abbiamo mai avuto buoni rapporti con lui. E così si è tolto un sassolino dalla scarpa parlando del caso Ilva con una giornalista del Corriere della Sera (5 giugno 2013).
L’ex ministro Corrado Clini ha dichiarato che ora noi ambientalisti “invochiamo l’applicazione” dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) che invece prima criticavamo. “Ricordo le polemiche contro di me degli ambientalisti e di una parte del sindacato: mi chiedevano di ritirarla perché inadeguata”, dice l’ex Ministro.
E’ strano che un dirigente del Ministero dell’Ambiente non ami gli ambientalisti. Ma lasciamo perdere questo dettaglio.
Vorrei però ricordare a Clini le ragioni per cui abbiamo duramente criticato l’Aia.
Prima di tutto l’Aia non prescrive l’adozione di “unità produttive nuove” (è la dizione tecnica contenuta nella normativa Aia) ma prolunga il ciclo di vita di impianti vecchi con un semplice “revamping”, ossia con interventi tecnologici sulla vecchia carcassa. La perizia chimica della magistratura ha evidenziato lo scarto in termini di emissioni fra le tecnologie adottate nell’area a caldo e le migliori tecnologie esistenti nel mondo. Ci saremmo aspettati che l’Aia avrebbe annullato lo scarto evidenziato, adottando quindi le tecnologie che raggiungevano le migliori prestazioni ambientali indicate dai periti della Procura. Ma così non è stato e si è scelto una soluzione ‘economica’ a metà strada tra l’esistente e il meglio. Un compromesso, insomma. Un compromesso che tuttavia l’azienda non ha neppure adottato. Quindi l’Aia non è stata rigorosamente applicata nonostante tutti gli sconti concessi. E non vedo perché noi non avremmo dovuto protestare e invocare il rispetto proprio dell’Aia criticata, tanto più che era stata scritta venendo incontro alle esigenze dell’azienda che evidentemente non ha ricambiato con eguale attenzione.
In secondo luogo l’Aia ha concesso 36 mesi per realizzare gli interventi più costosi, come la copertura del parco minerali, da cui dipende la tanto lamentata dispersione delle polveri. E’ un tempo spropositato che non ha alcuna giustificazione tecnica plausibile. In questo lasso di tempo i polmoni non vanno in vacanza.
Infine – e questo è il principale nodo del contendere – l’Aia ha concesso la facoltà d’uso a impianti che erano sotto sequestro per ragioni di tutela della salute pubblica. Una perizia della magistratura collega 386 decessi (in 13 anni) alle emissioni industriali, ossia 30 all’anno, più di due al mese. Se fossero stati fatti funzionare quegli impianti anche solo per un mese vi era una ragionevole preoccupazione di ritenere a rischio la salute e la vita di qualcuno: è il principio di precauzione che scatta in questi casi e i magistrati lo hanno applicato.
E invece si è dato via libera agli impianti e alla produzione. Con prescrizioni ‘da subito’ che risultano ad oggi in vari casi inattuate e su cui non abbiamo sentito alcuna protesta di Clini. Parliamo di prescrizioni che dovevano essere attuate già prima dell’intervento della magistratura e su cui non si può accampare alcuna scusa.
La nostra posizione era che l’Autorizzazione poteva valere solo dopo l’adozione delle prescrizioni e che gli impianti dovevano rimanere fermi finché gli interventi tecnici per il contenimento delle emissioni non fossero stati realizzati completamente. Se la mia auto avesse i freni rotti e le gomme lisce, avrei l’autorizzazione a circolare? O mi darebbero 36 mesi di tempo per mettermi a norma?
Queste sono le ragioni per cui – come dice Clini – abbiamo fatto polemica e non crediamo di avere torto.
Ha torto invece Clini quando dice – nella stesso intervista al Corriere della Sera – che i magistrati di Taranto avrebbero rallentato, con i loro interventi, la realizzazione dell’Aia. A questo punto la colpa è loro e non dell’azienda, tanto che il giornale titola: ‘L’ex ministro Clini: senza i magistrati la bonifica sarebbe iniziata prima’.
Ma Clini lo sa – tanto per fare un esempio – che i nastri trasportatori delle materie prime dal porto ai parchi minerali erano stati dichiarati tutti coperti fin dal 2009 (Rapporto Ambiente e Sicurezza 2009 a cura dell’Ilva) e poi si scopre che non è così? Era una delle prime prescrizioni che doveva risultare effettuata completamente entro il 27 gennaio 2013 in quanto si dava per scontato che fosse stata già realizzata da tempo. E come questo vi sono altro casi. Se Clini fosse oggettivo direbbe che, ben prima dell’intervento dei magistrati, l’Ilva avrebbe dovuto dimostrare di contenere le emissioni in virtù dell’Aia del 2011 concessa dal ministro Prestigiacomo. Un’Aia colabrodo, e che tuttavia è rimasta sulla carta mentre era compito del ministro Clini verificarne l’attuazione una volta ereditata dal ministro precedente.
Quindi non si può dire che i magistrati sono intervenuti ritardando gli interventi: sono intervenuti proprio per i cronici ritardi di interventi che dovevano già essere visibili e non solo sulle carte. Clini scambia l’effetto per la causa. I magistrati hanno agito perché Ilva ha tardato, non è il contrario.
Poi Clini lancia un altro affondo: “Loro avrebbero voluto chiudere la fabbrica”. L’occhiello dell’intervista sembra riferito a noi ambientalisti mentre è rivolto proprio ai magistrati di Taranto.
Vorrei ricordare a chi legge che Clini è colui il quale voleva la chiusura dell’area a caldo dell’Ilva di Genova per le stesse ragioni per cui è ragionevole chiedere la chiusura dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto. I polmoni dei bambini di Taranto non sono più resistenti dei polmoni dei bambini di Genova. E a Genova l’area a caldo è stata chiusa dalla magistratura con una perizia chimica e una epidemiologica, realizzando proprio l’auspicio di Clini.
Non vi sembra strano che Clini rifiuti a Taranto proprio la soluzione che ha chiesto per Genova? Se Clini va a caccia di contraddizioni, guardi alla trave e non alla pagliuzza che non c’è.
L’ex ministro Corrado Clini ha dichiarato che ora noi ambientalisti “invochiamo l’applicazione” dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) che invece prima criticavamo. “Ricordo le polemiche contro di me degli ambientalisti e di una parte del sindacato: mi chiedevano di ritirarla perché inadeguata”, dice l’ex Ministro.
E’ strano che un dirigente del Ministero dell’Ambiente non ami gli ambientalisti. Ma lasciamo perdere questo dettaglio.
Vorrei però ricordare a Clini le ragioni per cui abbiamo duramente criticato l’Aia.
Prima di tutto l’Aia non prescrive l’adozione di “unità produttive nuove” (è la dizione tecnica contenuta nella normativa Aia) ma prolunga il ciclo di vita di impianti vecchi con un semplice “revamping”, ossia con interventi tecnologici sulla vecchia carcassa. La perizia chimica della magistratura ha evidenziato lo scarto in termini di emissioni fra le tecnologie adottate nell’area a caldo e le migliori tecnologie esistenti nel mondo. Ci saremmo aspettati che l’Aia avrebbe annullato lo scarto evidenziato, adottando quindi le tecnologie che raggiungevano le migliori prestazioni ambientali indicate dai periti della Procura. Ma così non è stato e si è scelto una soluzione ‘economica’ a metà strada tra l’esistente e il meglio. Un compromesso, insomma. Un compromesso che tuttavia l’azienda non ha neppure adottato. Quindi l’Aia non è stata rigorosamente applicata nonostante tutti gli sconti concessi. E non vedo perché noi non avremmo dovuto protestare e invocare il rispetto proprio dell’Aia criticata, tanto più che era stata scritta venendo incontro alle esigenze dell’azienda che evidentemente non ha ricambiato con eguale attenzione.
In secondo luogo l’Aia ha concesso 36 mesi per realizzare gli interventi più costosi, come la copertura del parco minerali, da cui dipende la tanto lamentata dispersione delle polveri. E’ un tempo spropositato che non ha alcuna giustificazione tecnica plausibile. In questo lasso di tempo i polmoni non vanno in vacanza.
Infine – e questo è il principale nodo del contendere – l’Aia ha concesso la facoltà d’uso a impianti che erano sotto sequestro per ragioni di tutela della salute pubblica. Una perizia della magistratura collega 386 decessi (in 13 anni) alle emissioni industriali, ossia 30 all’anno, più di due al mese. Se fossero stati fatti funzionare quegli impianti anche solo per un mese vi era una ragionevole preoccupazione di ritenere a rischio la salute e la vita di qualcuno: è il principio di precauzione che scatta in questi casi e i magistrati lo hanno applicato.
E invece si è dato via libera agli impianti e alla produzione. Con prescrizioni ‘da subito’ che risultano ad oggi in vari casi inattuate e su cui non abbiamo sentito alcuna protesta di Clini. Parliamo di prescrizioni che dovevano essere attuate già prima dell’intervento della magistratura e su cui non si può accampare alcuna scusa.
La nostra posizione era che l’Autorizzazione poteva valere solo dopo l’adozione delle prescrizioni e che gli impianti dovevano rimanere fermi finché gli interventi tecnici per il contenimento delle emissioni non fossero stati realizzati completamente. Se la mia auto avesse i freni rotti e le gomme lisce, avrei l’autorizzazione a circolare? O mi darebbero 36 mesi di tempo per mettermi a norma?
Queste sono le ragioni per cui – come dice Clini – abbiamo fatto polemica e non crediamo di avere torto.
Ha torto invece Clini quando dice – nella stesso intervista al Corriere della Sera – che i magistrati di Taranto avrebbero rallentato, con i loro interventi, la realizzazione dell’Aia. A questo punto la colpa è loro e non dell’azienda, tanto che il giornale titola: ‘L’ex ministro Clini: senza i magistrati la bonifica sarebbe iniziata prima’.
Ma Clini lo sa – tanto per fare un esempio – che i nastri trasportatori delle materie prime dal porto ai parchi minerali erano stati dichiarati tutti coperti fin dal 2009 (Rapporto Ambiente e Sicurezza 2009 a cura dell’Ilva) e poi si scopre che non è così? Era una delle prime prescrizioni che doveva risultare effettuata completamente entro il 27 gennaio 2013 in quanto si dava per scontato che fosse stata già realizzata da tempo. E come questo vi sono altro casi. Se Clini fosse oggettivo direbbe che, ben prima dell’intervento dei magistrati, l’Ilva avrebbe dovuto dimostrare di contenere le emissioni in virtù dell’Aia del 2011 concessa dal ministro Prestigiacomo. Un’Aia colabrodo, e che tuttavia è rimasta sulla carta mentre era compito del ministro Clini verificarne l’attuazione una volta ereditata dal ministro precedente.
Quindi non si può dire che i magistrati sono intervenuti ritardando gli interventi: sono intervenuti proprio per i cronici ritardi di interventi che dovevano già essere visibili e non solo sulle carte. Clini scambia l’effetto per la causa. I magistrati hanno agito perché Ilva ha tardato, non è il contrario.
Poi Clini lancia un altro affondo: “Loro avrebbero voluto chiudere la fabbrica”. L’occhiello dell’intervista sembra riferito a noi ambientalisti mentre è rivolto proprio ai magistrati di Taranto.
Vorrei ricordare a chi legge che Clini è colui il quale voleva la chiusura dell’area a caldo dell’Ilva di Genova per le stesse ragioni per cui è ragionevole chiedere la chiusura dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto. I polmoni dei bambini di Taranto non sono più resistenti dei polmoni dei bambini di Genova. E a Genova l’area a caldo è stata chiusa dalla magistratura con una perizia chimica e una epidemiologica, realizzando proprio l’auspicio di Clini.
Non vi sembra strano che Clini rifiuti a Taranto proprio la soluzione che ha chiesto per Genova? Se Clini va a caccia di contraddizioni, guardi alla trave e non alla pagliuzza che non c’è.
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