La nostra piazza Taksim oggi è alla stazione di Terni. Come in Turchia,
le «forze dell’ordine» si sono scagliate indiscriminatamente contro i
manifestanti – in questo caso, gli operai della Ast (ex ThyssenKrupp)
che, in un corteo autorizzato, si preparavano a occupare simbolicamente
per 15 minuti i binari della ferrovia. In passato, quei binari erano
stati occupati molte volte, non ultima il 2004-2005, durante la lotta
contro la chiusura del reparto acciai speciali delle acciaierie. Non ha
avuto importanza il fatto che stavolta l’occupazione fosse simbolica e
preventivamente comunicata a prefettura e questura
La repressione è scattata ugualmente. Come a Istanbul e Ankara, il potere non ha oggi altra risorsa che la violenza per confrontarsi con il conflitto sociale che monta.
Terni è un segnale che governo, forze politiche, sindacati, media faranno bene ad ascoltare: siamo sull’orlo di un vulcano, la rabbia e la disperazione possono esplodere da un momento all’altro.
La repressione è scattata ugualmente. Come a Istanbul e Ankara, il potere non ha oggi altra risorsa che la violenza per confrontarsi con il conflitto sociale che monta.
Terni è un segnale che governo, forze politiche, sindacati, media faranno bene ad ascoltare: siamo sull’orlo di un vulcano, la rabbia e la disperazione possono esplodere da un momento all’altro.
Intrecciata con
la vicenda contemporanea dell’Ilva, quella delle acciaierie di Terni
proclama il fallimento delle politiche di privatizzazione e della
dismissione dell’apparato industriale del paese in omaggio a una
«modernità» d’accatto che credeva che fare l’acciaio fosse un ciarpame
da lasciare al terzo mondo. E che in questo processo ha seminato il
paese di rovine, di disoccupazione, di povertà. Quello che è successo a
Terni può ripetersi ed espandersi, come in Turchia, in forme
imprevedibili e incontrollabili.
Alla stazione di Terni, poi, le «forze dell’ordine» sono incorse in un infortunio professionale: bastonando indiscriminatamente, hanno finito per rompere la testa anche al sindaco della città, accorso sul posto per cercare di calmare le acque. E’ un infortunio dal doppio valore simbolico: da un lato, dimostra che non c’è nessun bisogno di essere «facinorosi» per uscire con la faccia insanguinata da un confronto con la polizia; dall’altro, nella misura in cui il sindaco rappresenta la città, è anche il segno di come, nonostante decenni in cui Terni città ha provato a prendere le distanze dalla sua acciaieria, nei momenti cruciali questa fabbrica rimane ancora il suo cuore e le sue vene e gli operai come già nella Resistenza (lo ha ricordato oggi il sindaco Di Girolamo) sono ancora una volta la voce della democrazia che parla per tutti.
Alla stazione di Terni, poi, le «forze dell’ordine» sono incorse in un infortunio professionale: bastonando indiscriminatamente, hanno finito per rompere la testa anche al sindaco della città, accorso sul posto per cercare di calmare le acque. E’ un infortunio dal doppio valore simbolico: da un lato, dimostra che non c’è nessun bisogno di essere «facinorosi» per uscire con la faccia insanguinata da un confronto con la polizia; dall’altro, nella misura in cui il sindaco rappresenta la città, è anche il segno di come, nonostante decenni in cui Terni città ha provato a prendere le distanze dalla sua acciaieria, nei momenti cruciali questa fabbrica rimane ancora il suo cuore e le sue vene e gli operai come già nella Resistenza (lo ha ricordato oggi il sindaco Di Girolamo) sono ancora una volta la voce della democrazia che parla per tutti.
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