E’ curioso come Beppe Grillo abbia
scelto di fare un primo bilancio su quello che è successo al M5S dal 24
febbraio a oggi attraverso una doppia interposta persona: il blogger
ospite Sergio Di Cori Modigliani che cita
Ilvo Diamanti. Il tutto per ammettere un po’ – e mediante una litote –
che il MoVimento ha perso il dopo-elezioni. Cioè finora non è stato in
grado di attuare una strategia che trasformasse in risultato politico il
consenso ricevuto.
La mezza autocritica è interessante e
ben fondata. Perché le ragioni del flop grillino alle ultime
amministrative sono molte (il voto locale e non nazionale, i candidati
etc etc) ma la principale è di una solare semplicità: spediti nel
Palazzo ad aprirlo come una scatoletta e a dare inizio il cambiamento, i
parlamentari M5S allo stato hanno ottenuto solo una più ferrea chiusura
al potere degli establishment partitici e dei loro referenti.
E questo mi pare un fatto, purtroppo, non un’opinione.
Chi mi segue sa che non sono mai stato
un fan del tentativo Bersani e quindi non a quello mi riferisco quando
dico che il M5S ha giocato male la sua presenza nelle istituzioni. Anzi,
per le condizioni con cui quell’offerta era arrivata («non impedire» un
esecutivo guidato dal segretario piddino), Grillo e i suoi hanno fatto
benissimo a rifiutarlo. Dove hanno sbagliato semmai è stato dopo, cioè a
non aprire una trattativa su un altro scenario, su altri nomi, su altro
programma di governo.
Ma il problema è più generale e riguarda
tutto l’operato e il senso stesso del gruppo parlamentare
pentastellato. Che «non deve fare strategia politica», come ha detto
Crimi, ma solo scrivere proposte di legge o valutare quelle altrui. Una
sciocchezza, se si vuole raggiungere qualche risultato. Perché puoi
produrre migliaia di splendide proposte di legge, ma se non hai la
strategia politica per farne approvare (o almeno calendarizzare!)
nemmeno una, resteranno solo esercizi di stile chiusi in un cassetto di
Camera o Senato.
E la gente fuori se ne accorge subito,
come subito si accorgono i tifosi di una squadra di calcio se questa è
messa in campo male dal suo allenatore.
Per forza che così si perde il dopo-elezioni: ma al turno successivo si rischia di perdere anche le elezioni.
Tanto più se in assenza di un gruppo
parlamentare che faccia strategia politica, questa è lasciata al caso o
all’umore del fondatore.
Guardate ad esempio la recente uscita di
Grillo su Rodotà: è riuscito in poche righe a rovinare la mossa
politica finora più riuscita al M5S, quella che ha fatto perdere la
faccia al Pd.
Di qui il casino che ora agita i parlamentari del M5S – e non solo i parlamentari. Chi ci parla un po’ off the records ormai ne conosce bene i mal di pancia, così come le incertezze e la paura ad esporsi, con qualche eccezione.
Non so, vedano un po’ loro. Io dico solo
che è un peccato vedere tanto spreco di buone idee, quasi fossero
tenute in ostaggio da un signore che se ne pensa proprietario. Ma
sarebbe anche triste che il tutto si risolvesse un un’ennesima
scissione, in una rissa tra chi va e chi resta con accuse e insulti che
inevitabilmente volerebbero per la gioia dello stesso establishment che
si è arroccato al governo.
Vedano un po’ loro, appunto. Ma se non
lo capiscono, la responsabilità di uno status quo di merda spalmato
all’infinito non sarà solo di chi lo difende, ma anche di chi non ha
saputo attaccarlo.
ALESSANDRO GILIOLI
da L’Espresso
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