domenica 2 giugno 2013

I primi 100 giorni del Movimento 5 Stelle in Parlamento


I primi 100 giorni del Movimento 5 Stelle in Parlamento


E’ curioso come Beppe Grillo abbia scelto di fare un primo bilancio su quello che è successo al M5S dal 24 febbraio a oggi attraverso una doppia interposta persona: il blogger ospite Sergio Di Cori Modigliani che cita Ilvo Diamanti. Il tutto per ammettere  un po’ –  e mediante una litote – che il MoVimento ha perso il dopo-elezioni. Cioè finora non è stato in grado di attuare una strategia che trasformasse in risultato politico il consenso ricevuto.
La mezza autocritica è interessante e ben fondata. Perché le ragioni del flop grillino alle ultime amministrative sono molte (il voto locale e non nazionale, i candidati etc etc) ma la principale è di una solare semplicità: spediti nel Palazzo ad aprirlo come una scatoletta e a dare inizio il cambiamento, i parlamentari M5S allo stato hanno ottenuto solo una più ferrea chiusura al potere degli establishment partitici e dei loro referenti.
E questo mi pare un fatto, purtroppo, non un’opinione.
Chi mi segue sa che non sono mai stato un fan del tentativo Bersani e quindi non a quello mi riferisco quando dico che il M5S ha giocato male la sua presenza nelle istituzioni. Anzi, per le condizioni con cui quell’offerta era arrivata («non impedire» un esecutivo guidato dal segretario piddino), Grillo e i suoi hanno fatto benissimo a rifiutarlo. Dove hanno sbagliato semmai è stato dopo, cioè a non aprire una trattativa su un altro scenario, su altri nomi, su altro programma di governo.
Ma il problema è più generale e riguarda tutto l’operato e il senso stesso del gruppo parlamentare pentastellato. Che «non deve fare strategia politica», come ha detto Crimi, ma solo scrivere proposte di legge o valutare quelle altrui. Una sciocchezza, se si vuole raggiungere qualche risultato. Perché puoi produrre migliaia di splendide proposte di legge, ma se non hai la strategia politica per farne approvare (o almeno calendarizzare!) nemmeno una, resteranno solo esercizi di stile chiusi in un cassetto di Camera o Senato.
E la gente fuori se ne accorge subito, come subito si accorgono i tifosi di una squadra di calcio se questa è messa in campo male dal suo allenatore.
Per forza che così si perde il dopo-elezioni: ma al turno successivo si rischia di perdere anche le elezioni.
Tanto più se in assenza di un gruppo parlamentare che faccia strategia politica, questa è lasciata al caso o all’umore del fondatore.
Guardate ad esempio la recente uscita di Grillo su Rodotà: è riuscito in poche righe a rovinare la mossa politica finora più riuscita al M5S, quella che ha fatto perdere la faccia al Pd.
Di qui il casino che ora agita i parlamentari del M5S – e non solo i parlamentari. Chi ci parla un po’ off the records ormai ne conosce bene i mal di pancia, così come le incertezze e la paura ad esporsi, con qualche eccezione.
Non so, vedano un po’ loro. Io dico solo che è un peccato vedere tanto spreco di buone idee, quasi fossero tenute in ostaggio da un signore che se ne pensa proprietario. Ma sarebbe anche triste che il tutto si risolvesse un un’ennesima scissione, in una rissa tra chi va e chi resta con accuse e insulti che inevitabilmente volerebbero per la gioia dello stesso establishment che si è arroccato al governo.
Vedano un po’ loro, appunto. Ma se non lo capiscono, la responsabilità di uno status quo di merda spalmato all’infinito non sarà solo di chi lo difende, ma anche di chi non ha saputo attaccarlo.

ALESSANDRO GILIOLI
da L’Espresso

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