Europa. Il sindacato si impegna sul referendum contro l’austerity. Parla il segretario Danilo Barbi
Consultazione di grande
successo, in effetti. Ma prima di chiederci se il referendum potrà
riuscire o meno, siete certi che l’obiettivo delle 500 mila firme entro
il 30 settembre sia realizzabile?
In effetti non è mai accaduto che si raccogliessero firme in luglio, agosto e settembre, mesi certo non facili. Però chiudere entro il 30 settembre era l’unico modo per poter far svolgere il referendum tra aprile e giugno 2015, altrimenti saremmo scivolati al 2016. Quindi sì: faremo iniziative, parteciperemo ai dibattiti, soprattutto metteremo su stand e tavolini per la raccolta. Sono prudente ma fiducioso. E d’altronde la primavera 2015 è il momento migliore per far cadere la nostra consultazione.
In effetti non è mai accaduto che si raccogliessero firme in luglio, agosto e settembre, mesi certo non facili. Però chiudere entro il 30 settembre era l’unico modo per poter far svolgere il referendum tra aprile e giugno 2015, altrimenti saremmo scivolati al 2016. Quindi sì: faremo iniziative, parteciperemo ai dibattiti, soprattutto metteremo su stand e tavolini per la raccolta. Sono prudente ma fiducioso. E d’altronde la primavera 2015 è il momento migliore per far cadere la nostra consultazione.
Sì? Per quale motivo?
Perché quello che si sta decidendo in questi giorni a Bruxelles, e che ha visto coinvolti il nostro premier Matteo Renzi, Angela Merkel, e gli altri governi, è sicuramente un primo modo di intervenire sui trattati europei, ma le decisioni vere e proprie sul Patto di stabilità – cioè se solo interpretarlo estensivamente o se invece modificarlo – arriveranno solo a partire dal 2015: quando cominceranno a lavorare sul serio la nuova Commissione e il nuovo Parlamento europeo. Oggi siamo ancora alle nomine.
Perché quello che si sta decidendo in questi giorni a Bruxelles, e che ha visto coinvolti il nostro premier Matteo Renzi, Angela Merkel, e gli altri governi, è sicuramente un primo modo di intervenire sui trattati europei, ma le decisioni vere e proprie sul Patto di stabilità – cioè se solo interpretarlo estensivamente o se invece modificarlo – arriveranno solo a partire dal 2015: quando cominceranno a lavorare sul serio la nuova Commissione e il nuovo Parlamento europeo. Oggi siamo ancora alle nomine.
Ma quello che ha ottenuto Renzi a Bruxelles non è già un primo passo? O vi sembra poco?
È insufficiente. La semplice «austerità flessibile» non va bene, ci vuole una vera politica espansiva. E un nuovo modello di sviluppo. Non nego che si stia modificando qualcosa, certo, ma tutto in una logica puramente emendativa di una politica che resta di austerità. A Merkel è riuscito un vero miracolo: lei ha creato l’«austerità espansiva», poi ne ha gestito il fallimento, e adesso lavora sulle modifiche. E la sinistra europea, agendo appunto solo in un’ottica emendativa e mai alternativa, ha favorito la recita di due parti in commedia, per la cancelliera e il Ppe.
È insufficiente. La semplice «austerità flessibile» non va bene, ci vuole una vera politica espansiva. E un nuovo modello di sviluppo. Non nego che si stia modificando qualcosa, certo, ma tutto in una logica puramente emendativa di una politica che resta di austerità. A Merkel è riuscito un vero miracolo: lei ha creato l’«austerità espansiva», poi ne ha gestito il fallimento, e adesso lavora sulle modifiche. E la sinistra europea, agendo appunto solo in un’ottica emendativa e mai alternativa, ha favorito la recita di due parti in commedia, per la cancelliera e il Ppe.
Quindi per questo vi affidate
a un referendum? Cioè pensate che Renzi e il Pd, nonostante le
pressioni, in Europa più di tanto non possono fare?
Non è tanto questo, quanto piuttosto il fatto che vogliamo far entrare in campo il popolo. Mi spiego: le decisioni europee le prendono in genere la Commissione e il Consiglio, con i parlamenti messi spesso con le spalle al muro. Noi vogliamo forzare questo meccanismo, far parlare e decidere direttamente i cittadini. Riflettiamo su un elemento che mi pare centrale: sarebbe la prima volta che sulle politiche economiche europee si esprime senza mediazioni uno dei popoli fondatori e più importanti dell’euro. Lo trovo già di per sé un fatto democratico straordinario.
Non è tanto questo, quanto piuttosto il fatto che vogliamo far entrare in campo il popolo. Mi spiego: le decisioni europee le prendono in genere la Commissione e il Consiglio, con i parlamenti messi spesso con le spalle al muro. Noi vogliamo forzare questo meccanismo, far parlare e decidere direttamente i cittadini. Riflettiamo su un elemento che mi pare centrale: sarebbe la prima volta che sulle politiche economiche europee si esprime senza mediazioni uno dei popoli fondatori e più importanti dell’euro. Lo trovo già di per sé un fatto democratico straordinario.
Ci sarà anche un effetto politico, se si andasse al voto?
Certamente, anche se è difficile prevedere quale. Faccio l’esempio della Grecia: il governo avrebbe voluto far votare i cittadini sull’accordo preso con la troika, ma non si è mai fatto perché hanno praticamente “dimissionato” Papandreu, mutando l’intero quadro politico greco.
Certamente, anche se è difficile prevedere quale. Faccio l’esempio della Grecia: il governo avrebbe voluto far votare i cittadini sull’accordo preso con la troika, ma non si è mai fatto perché hanno praticamente “dimissionato” Papandreu, mutando l’intero quadro politico greco.
Quindi su cosa si chiedono le firme, e poi in caso il voto?
Due quesiti parlano del recepimento del Fiscal compact, che come sappiamo chiede un vero e proprio svenamento all’Italia per rientrare dal debito. Altri due quesiti riguardano l’«obiettivo di medio termine», che fu concordato da Monti con la Commissione e di cui non si parla tanto in Italia: invece è un target ancora più stringente e depressivo perfino del Fiscal compact. Nonostante noi abbiamo un avanzo primario molto alto – 90 miliardi ante interessi – si pretende che lo aumentiamo in modo secco di altri 10. Vogliamo abrogare quattro parti della 243 del 2012, legge dura e recessiva che ha recepito l’obiettivo di «equilibrio di bilancio» inserito nella Costituzione.
ANTONIO SCIOTTODue quesiti parlano del recepimento del Fiscal compact, che come sappiamo chiede un vero e proprio svenamento all’Italia per rientrare dal debito. Altri due quesiti riguardano l’«obiettivo di medio termine», che fu concordato da Monti con la Commissione e di cui non si parla tanto in Italia: invece è un target ancora più stringente e depressivo perfino del Fiscal compact. Nonostante noi abbiamo un avanzo primario molto alto – 90 miliardi ante interessi – si pretende che lo aumentiamo in modo secco di altri 10. Vogliamo abrogare quattro parti della 243 del 2012, legge dura e recessiva che ha recepito l’obiettivo di «equilibrio di bilancio» inserito nella Costituzione.
da il manifesto
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