Gianni
Rinaldini, coordinatore nazionale de “La Cgil che vogliamo”, senza
essere candidato è impegnato attivamente nella campagna elettorale in
sostegno a Rivoluzione Civile. Una campagna che a suo avviso ha
praticamente ignorato le tematiche del lavoro:«Si è svolta totalmente
su altri versanti. Si è trattato di una gara a chi offre di più rispetto
alla riduzione delle tasse – afferma – Il lavoro, la disoccupazione, il
dissesto sociale prodotto dalla crisi e dai precedenti governi sono
stati totalmente oscurati. Rivoluzione Civile, soprattutto nella seconda
parte della campagna, ha tentato di mettere al centro tali questioni ma
ovviamente nell’ambito ristretto che gli è stato concesso negli
strumenti di comunicazione. Rc ha tentato di far conoscere le proprie
proposte in materia ma, soprattutto in questi giorni, l’attenzione è
stata puntata solo su alcuni schieramenti politici e questo è un
terribile dato di realtà del Paese che ci dovrebbe far riflettere. Per
fortuna ci sono state le piazze. Io ho partecipato a tante iniziative e
ho trovato un clima forte. Certo paghiamo il fatto di avere un sistema
elettorale che impone di polarizzare l’attenzione sugli schieramenti
dati come più consistenti. La campagna condotta da Rivoluzione Civile
può rappresentare una proposta politica realmente alternativa a Monti e a
Berlusconi e fondata sul lavoro».
Gianni Rinaldini non si sottrae ad un raffronto con quanto va esprimendo invece la coalizione di centro sinistra:«In quella coalizione, in particolare nel Pd emergono messaggi che sono l’espressione di una composizione delle liste elettorali che evidenzia scelta. Le liste si basano sull’idea che il Pd possa essere in se la sede di una ipotetica mediazione sociale. Dentro ci si trovano rappresentanti di confindustria, della confcommercio, delle cooperative, ci sono ex sindacalisti della Cgil e della Cisl. Convivono quindi cose diverse in una identità politica talmente indefinita da essere quella che ha approvato tutte le misure del governo Monti. E poi non può sfuggire una discussione che trovo surreale: una coalizione che dovrebbe arrivare al 36% dei consensi non potrà governare da sola il Paese. Si dovrà porre il problema delle alleanze a meno che non voglia gettarsi in ipotesi avventuristiche che aprirebbero seri problemi di democrazia e lascerebbero aperta una autostrada alla destra. Trovo assurdo e indecente che nell’appoggiare Monti il Pd non si sia posto seriamente il problema della riforma elettorale. Fra pochi giorni andiamo a votare col peggior sistema d’Europa, altro che maggioritario, questa legge è peggiore della Legge Acerbo che spalancò le porte al fascismo. E il quadro che prefiguro è quello di una complicata governabilità con una situazione molto rischiosa. Trovo assurdo anche il richiamo al “voto utile”, per la mia cultura il problema non è avere un seggio in più al senato ma ragionare in base al criterio democratico di “una testa un voto”. Per questo chi vince non potrà governare da solo, un elemento banale su cui in molti non si sono espressi. E sarà importante la presenza in parlamento di Rivoluzione Civile per offrire uno spazio alle istanze che giungono dalle tante aree di conflitto del Paese. La presenza nelle sue liste di tanti candidati e candidate che vengono dal mondo del lavoro e dai luoghi in cui si esprimono realtà di lotta permetterà di far entrare le loro, le nostre, voci nelle istituzioni». Rinaldini esprime anche una forte preoccupazione per gli scenari che si delineano:«Può accadere di tutto, i risultati non sono prevedibili ma temo si stia creando un impasto culturale pericoloso. Un humus che è ostile alla sinistra, fatto di superficialità e qualunquismo. Se alla Fiat succede quello che è accaduto e questo non diviene e non è percepito come problema politico significa che c’è qualcosa di profondo che non va. E si tratta di un tema, che non riguarda solo la Fiat ma che investe l’idea stessa di democrazia in questo Paese».
Il leader de “La Cgil che vogliamo” è fiducioso e avverte un clima enormemente diverso da quello che si respirava nel 2008 con la “Sinistra Arcobaleno”:«Allora ogni forza partecipava solo alle proprie iniziative, questa volta i problemi che sono sorti sono stati gestiti in modo diverso tanto da far pensare che non si debba determinare una ripetizione di storie passate. Ma una cosa è importante e la ripeto ad ogni iniziativa: comunque vadano le cose, non dobbiamo tornare nelle nostre singole case di appartenenza il giorno dopo le elezioni. Si è messo in piedi un processo che può portare grandi modifiche positive, portiamolo avanti e insieme».
Gianni Rinaldini non si sottrae ad un raffronto con quanto va esprimendo invece la coalizione di centro sinistra:«In quella coalizione, in particolare nel Pd emergono messaggi che sono l’espressione di una composizione delle liste elettorali che evidenzia scelta. Le liste si basano sull’idea che il Pd possa essere in se la sede di una ipotetica mediazione sociale. Dentro ci si trovano rappresentanti di confindustria, della confcommercio, delle cooperative, ci sono ex sindacalisti della Cgil e della Cisl. Convivono quindi cose diverse in una identità politica talmente indefinita da essere quella che ha approvato tutte le misure del governo Monti. E poi non può sfuggire una discussione che trovo surreale: una coalizione che dovrebbe arrivare al 36% dei consensi non potrà governare da sola il Paese. Si dovrà porre il problema delle alleanze a meno che non voglia gettarsi in ipotesi avventuristiche che aprirebbero seri problemi di democrazia e lascerebbero aperta una autostrada alla destra. Trovo assurdo e indecente che nell’appoggiare Monti il Pd non si sia posto seriamente il problema della riforma elettorale. Fra pochi giorni andiamo a votare col peggior sistema d’Europa, altro che maggioritario, questa legge è peggiore della Legge Acerbo che spalancò le porte al fascismo. E il quadro che prefiguro è quello di una complicata governabilità con una situazione molto rischiosa. Trovo assurdo anche il richiamo al “voto utile”, per la mia cultura il problema non è avere un seggio in più al senato ma ragionare in base al criterio democratico di “una testa un voto”. Per questo chi vince non potrà governare da solo, un elemento banale su cui in molti non si sono espressi. E sarà importante la presenza in parlamento di Rivoluzione Civile per offrire uno spazio alle istanze che giungono dalle tante aree di conflitto del Paese. La presenza nelle sue liste di tanti candidati e candidate che vengono dal mondo del lavoro e dai luoghi in cui si esprimono realtà di lotta permetterà di far entrare le loro, le nostre, voci nelle istituzioni». Rinaldini esprime anche una forte preoccupazione per gli scenari che si delineano:«Può accadere di tutto, i risultati non sono prevedibili ma temo si stia creando un impasto culturale pericoloso. Un humus che è ostile alla sinistra, fatto di superficialità e qualunquismo. Se alla Fiat succede quello che è accaduto e questo non diviene e non è percepito come problema politico significa che c’è qualcosa di profondo che non va. E si tratta di un tema, che non riguarda solo la Fiat ma che investe l’idea stessa di democrazia in questo Paese».
Il leader de “La Cgil che vogliamo” è fiducioso e avverte un clima enormemente diverso da quello che si respirava nel 2008 con la “Sinistra Arcobaleno”:«Allora ogni forza partecipava solo alle proprie iniziative, questa volta i problemi che sono sorti sono stati gestiti in modo diverso tanto da far pensare che non si debba determinare una ripetizione di storie passate. Ma una cosa è importante e la ripeto ad ogni iniziativa: comunque vadano le cose, non dobbiamo tornare nelle nostre singole case di appartenenza il giorno dopo le elezioni. Si è messo in piedi un processo che può portare grandi modifiche positive, portiamolo avanti e insieme».
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