La domanda era: riusciranno i nostri eroi a non vincere le elezioni
nemmeno contro un Caimano fallito e bollito? La risposta è arrivata
ieri: ce l’han fatta un’altra volta. Come diceva Nanni Moretti 11 anni
fa, prima di smettere di dirlo e di illudersi del contrario, “con questi
dirigenti non vinceremo mai”. Del resto, a rivedere la storia del
ventennio orribile, era impossibile che gli amici del giaguaro
smacchiassero il giaguaro. L’abbiamo scritto fino alla noia: nel
novembre 2011, quando B. si dimise fra le urla e gli sputi della gente
dopo quattro anni di disastri, era dato al 7%: bastava votare subito,
con la memoria fresca del suo fallimento, e gli elettori l’avrebbero
spianato, asfaltato, polverizzato. Invece un’astuta manovra di palazzo
coordinata dai geniali Napolitano, Bersani, Casini e Fini, pensò bene di
regalarci il governo tecnico e soprattutto di regalare a B. 16 mesi
preziosi per far dimenticare il disastro in cui ci aveva cacciati. Il
risultato è quello uscito ieri dalle urne. Che non è la rimonta di B: è
la retromarcia del centrosinistra. Che pretende di aver vinto con meno
voti di quando aveva perso nel 2008. Il Pdl intanto ha incenerito metà
dei voti di cinque anni fa, la Lega idem. E meno male che c’era Grillo a
intercettarli, altrimenti oggi il Caimano salirebbe per la quarta volta
al Quirinale per formare il nuovo governo. Il che la dice lunga sulla
demenza di chi colloca M5S all’estrema destra o lo paragona ad Alba
Dorata. Il centrodestra è al minimo storico, sotto il 30%, che però è il
massimo del suo minimo: perché B. s’è alleato con tutto l’alleabile,
mentre gli strateghi del Pd con la puzza sotto il naso han buttato fuori
Di Pietro e quel che restava di Verdi, Pdci, Prc e hanno schifato
Ingroia: altrimenti oggi avrebbero almeno 2 punti e diversi parlamentari
in più, forse addirittura la maggioranza al Senato. Ma credevano di
avere già vinto, con lo “squadrone” annunciato da Bersani dopo le
primarie: l’ennesima occasione mancata (oggi, col pur discutibile Renzi,
sarebbe tutta un’altra storia). Erano troppo occupati a spartirsi le
poltrone della nuova gioiosa macchina da guerra per avere il tempo di
fare campagna elettorale. I voti dovevano arrivare da sé, per grazia
ricevuta e diritto divino, perché loro sono i migliori e con gli
elettori non parlano. Qualcuno ricorda una sola proposta chiara e
comprensibile di Bersani? Tutti hanno bene impresse quelle magari
sgangherate di Grillo e quelle farlocche di B. (soprattutto la
restituzione dell’Imu, tutt’altro che impossibile, anche se pagliaccesca
visto che B. l’Imu l’aveva votata). Di Bersani nessuno ricorda nulla, a
parte che voleva smacchiare il giaguaro. Anche questo l’abbiamo scritto
e riscritto: nulla di particolarmente brillante, tant’è che ci era
arrivato persino D’Alema. Ma non c’è stato verso: la campagna elettorale
del Pd non è mai cominciata, a parte i gargarismi sulle alleanze con
SuperMario (da ieri MiniMario) e i formidabili “moderati” di Casini (tre
o quattro in tutto). Col risultato di uccidere Vendola, mangiarsi
l’enorme vantaggio conquistato con le primarie e regalare altri voti a
Grillo, non bastando l’emorragia degli ultimi anni. Ora è ridicolo
prendersela col Porcellum (peraltro gelosamente conservato): chi, dopo 5
anni di bancarotta berlusconiana, non riesce a convincere più di un
terzo degli elettori non può pretendere di governare contro gli altri
due terzi. Anzi, dovrebbe dimettersi seduta stante per manifesta
incapacità, ponendo fine al lungo fallimento di un’intera generazione:
quella degli ex comunisti che non ne hanno mai azzeccata una. Ma dalle
reazioni fischiettanti di ieri sera non pare questa l’intenzione: tutti
resteranno al loro posto e, lungi dallo smacchiare il giaguaro,
proveranno ad allearsi col giaguaro in una bella ammucchiata per
smacchiare il Grillo e soprattutto evitare altre elezioni. Auguri. Quos
Deus vult perdere, dementat prius.
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