Intervista a Paolo Ferrero
di rifondazione.it -
La campagna elettorale è agli sgoccioli e nella corsa dell’ultimo
miglio, vuoi la stanchezza, vuoi la paura di perdere o di vincere
risicato, la tensione è alle stelle, le gaffe non si contano, qualche
cavallo si azzoppa. Ci sono le inchieste di corruzione; c’è
l’invincibile armata di Grillo; ci sono gli appelli al voto (f)utile.
Quanto basta per rendere incerto il quadro che uscirà dalle urne, con il
rischio di dover tornare a votare (scenario drammatico evocato o
agitato come spauracchio anche da importanti quotidiani stranieri)? Non
vede questo rischio Paolo Ferrero, segretario del Prc e candidato alla
Camera con Rivoluzione civile. «Posso sbagliare, certo, ma guardiamo la
situazione. Il Pd vincerà alla Camera e Bersani ha già detto che non
governerà da solo. Ci saranno i numeri per fare la maggioranza con
Monti. Magari ci sarà un braccio di ferro durissimo; e magari questa
maggioranza si sfrangerà un po’, ma la prospettiva di Bersani è proprio
quella di fare l’accordo con Monti dando vita ad una maggioranza simile a
quella che lui ha ipotizzato. Diverso sarebbe stato se la sua
prospettiva fosse stata quella di governare da solo e poi si trovasse
nella necessità di dover fare la mediazione con altri».
E Monti?
Monti sarebbe interessato a rivotare solo se fosse in condizione di
proporsi come carta di ricambio della destra complessiva. Ma anche così
rischierebbe di essere percepito come fattore di ingovernabilità, cosa
problematica per uno che si è proposto come salvatore della patria.
Berlusconi potrebbe essere interessato, ma anche per lui sarebbe da una
posizione di minoranza. Quanto a Grillo, sì a lui potrebbe interessare
tornare a votare perché farebbe il pieno di voti, ma, appunto tutto
porta a far sì che chi vincerà sia invece interessatissimo a non tornare
alle urne. Tanto più che, ripeto, il tipo di mediazione cui Bersani
sarà obbligato non è molto diversa da quella che aveva preventivato.
Sennò non sarebbe andato a discutere con Schauble: hanno avuto la
benedizione della destra della Cdu sulle politiche economiche; Bersani
ha detto sì al super-commissario europeo; ha detto cose che nemmeno
Hollande si è mai sognato di dire. Anche il rilanciare da parte di Monti
l’opzione della grande coalizione ha un che di propagandistico: il
premier, per prendere più voti possibile, ha tutto l’interesse ad
evitare di apparire come la stampella del centrosinistra e dunque la
proposta dell’unità nazionale dal suo punto di vista è la migliore.
Potrà sempre dire: “Vedete? Io ho proposto l’unità nazionale, ma questa
destra populista e irresponsabile ha detto no e a me non resta che fare
l’alleanza con Bersani per il bene del paese”. Insomma, per come la vedo
io, tutto è chiaro e lineare e l’intensità dell’accordo tra Pd-Sel e
Monti è tale persino da permettergli di litigare in campagna elettorale.
Monti da una parte e Vendola dall’altro fanno un gran teatro per
prendere voti perché, paradossalmente, sono legati da un patto di ferro.
In un quadro così compatto, che spazio potrà avere Rivoluzione civile?
Il ruolo di Rivoluzione civile dovrà essere quello della costruzione
di un’opposizione da sinistra e di sinistra al governo Monti-Bersani,
che sia non solo un’opposizione parlamentare ma che sia la costruzione
nel paese di un movimento di massa e di una sinistra diffusa. Entrambe
le cose vanno di pari passo, anche perché, se va come penso io, Sel avrà
un problema. E a quel punto penso che davvero Rivoluzione civile potrà
diventare il luogo di un processo costituente che veda arrivare gente
che pensava di andare in un posto e si è ritrovata in un altro.
Che bilancio fai della campagna elettorale?
Direi che, anche per come sta finendo, è sempre più evidente la
necessità di Rivoluzione civile. Da un lato hai Bersani che si pone
l’obiettivo di governare con Monti e Vendola mantenendo la continuità
delle politiche del rigore; dall’altra c’è la destra populista; e
dall’altra ancora Grillo che dà voce alla rabbia e al malessere ma si
ferma lì, non avanza proposte che abbiano qualcosa a che vedere con la
soluzione dei problemi. Per esempio nel suo programma non è prevista la
patrimoniale, l’abolizione della Riforma Fornero sulle pensioni o non si
spiega come e dove recupera le risorse per il reddito sociale, insomma,
fa pura propaganda.
E quindi?
Quindi mi pare che una buona affermazione di Rivoluzione civile sia
decisiva per riaprire una strada di sinistra dentro una situazione che è
colonizzata dai tecnocrati da un lato e dai populisti dall’altro. In
questo senso, la caratteristica di Rc di essere sia una lista
espressione della sinistra ma anche di aggregare percorsi diversi da
quelli classici della sinistra è un fatto positivo, perché esprime
potenzialmente proprio la coalizione che serve per sconfiggere queste
politiche liberiste che sono contemporaneamente di classe, che
trasformano l’Italia in una colonia e pongono dunque il problema della
sovranità e, terzo, che usano impunemente la corruzione. Sono tre
questioni, tra loro strettamente intrecciate, che la coalizione di Rc è
in grado di tenere assieme.
Si può dire, allora, che con Rivoluzione civile si è riusciti a fare ciò che non è riuscito con la Federazione della sinistra?
Spero di non essere smentito, ma direi potenzialmente sì. Non
esattamente negli stessi termini, ma sì, Rivoluzione civile può essere
il terreno da cui partire per costruire una sinistra unitaria, plurale.
Esattamente il tentativo fatto con la Fds. Che non ha funzionato su due
punti. Uno è l’autonomia dal Pd: perché Rc possa diventare uno spazio
pubblico della sinistra deve confermare l’autonomia non solo politica,
ma strategica e culturale dal Pd. Il secondo punto, i processi
decisionali. Alla fine, la Fds funzionava come il Consiglio di sicurezza
dell’Onu, con il diritto di veto, cosa che ha portato alla paralisi.
Quello che serve, al contrario, è un meccanismo che funzioni in modo
democratico: una testa, un voto.
Ti sembra che si stia andando in quella direzione?
Rivoluzione civile è comunque una cosa plurale. Confido che si possa
arrivare ad un percorso partecipato, banalmente perché c’è una domanda
sociale fortissima su questo. Basta pensare alle istanze sollevate da
Cambiare si può, che non hanno ricevuto soddisfazione nella formulazione
delle liste, anche se molti di cambiare si può hanno dato una mano e
voteranno Rc. E basta pensare alle centinaia di assemblee, dove ho visto
con i miei occhi la partecipazione di gente nuova, non è solo una
sommatoria. E questa gente ti chiede di partecipare.
Rifondazione, dunque, si presenta alle elezioni per la prima
volta senza il suo simbolo e con un po’ di malessere per come si sono
formate le liste. La campagna elettorale è riuscita almeno in parte a
far “digerire” queste novità?
A me sembra di sì. Anzi chi ha fatto la campagna elettorale su tutto
il territorio nazionale è proprio Rifondazione comunista. Sulla
questione del simbolo il corpo del partito ha mostrato maturità: i
compagni hanno compreso bene che nessuno di noi voleva abbandonare il
nome comunista. E questo dimostra anche la fiducia tra partito e gruppo
dirigente: non è sempre stato così. Siamo una cosa piccola, ma buona,
con gente razionale, di buon senso, con buoni rapporti. Il partito si è
dimostrato all’altezza della sfida. Né questi cinque anni hanno prodotto
elementi di settarismo. Ovviamente le questioni che vengono dai
compagni mi vedono pienamente d’accordo: l’esistenza di Rifondazione
Comunista non è in discussione. L’attualità del tema del comunismo
chiede che ci sia un partito comunista che fa battaglia politica e
culturale, ma che non deve diventare settario ma crescere nel contesto
di una sinistra antiliberista più ampia. Rovesciando i termini, si può
anche dire che il tema della costruzione di un polo antiliberista non
deve prefigurare la scomparsa di Rifondazione comunista. Sono d’accordo
che questa deve essere la dialettica da tenere e sulla quale c’è
l’accordo della maggioranza dei compagni e delle compagne. Se poi
Rivoluzione civile diventasse stabilmente il modo con cui ci si presenta
alle elezioni, al partito resterebbe l’essenziale ruolo politico di
analisi, costruzione delle lotte, loro connessione, identificazione
degli obiettivi, formazione dei quadri ecc. Come sempre vale, chi ha più
filo tesse.
Questo è forse lo scenario più temuto, altrimenti perché questa ennesima e forsennata campagna sul voto utile?
Vogliono i voti della sinistra per governare con la destra, perché
Bersani ha già detto in tutte le salse che anche se prenderà il 51% farà
come se avesse il 49, quindi l’esito del voto utile sarebbe quello di
dare più voti al Pd perché faccia il governo con Monti. Una follia.
Era scontato? O è successo qualcosa che li ha costretti a tirare fuori questo argomento?
No, non si aspettavano Ingroia e la sua capacità di mettere insieme
Rivoluzione civile. Resta il fatto che è una scelta miope. Se fossero
una sinistra davvero moderata e se davvero considerano Grillo un
pericolo per la democrazia, dovrebbe essere loro interesse che ci sia
una sinistra alternativa. A quanto pare, invece, preferiscono avere
qualche senatore di destra in più e come uniche opposizioni quelle
populiste di Berlusconi e Grillo. Forse è il caso di rivedere il
giudizio sul Pd: abbiamo sempre detto che centrosinistra e centrodestra
sono simili sul piano delle politiche economiche, ma non su quello della
democrazia. Ora mi viene qualche dubbio: se avessero a cuore la
democrazia non se la sarebbero presa sempre e solo con noi. Tentare di
evitare che la sinistra arrivi in parlamento non è cosa da poco. Prima
Veltroni nel 2008, poi l’introduzione dello sbarramento al 4% nel 2009
per le europee e oggi di nuovo la campagna per il voto utile. E
bisognerà pure prendere atto che le contraddizioni interne al Pd finora
si sono sempre sciolte tutte a destra.
Però dobbiamo anche parlare di noi. Quali sono, secondo te, le prime battaglie da condurre in parlamento?
Subito il tetto agli stipendi dei parlamentari e dei manager a 5000
euro, via il cumulo delle pensioni; tassa sui grandi patrimoni, sopra
gli 800mila euro, per abbattere le tasse su lavoratori e pensionati e
introdurre il reddito sociale per i disoccupati. Secondo, chiudere le
opere inutili e dannose (tav, ponte stretto ecc) e fare invece un piano
pubblico del lavoro. Tre: una legge sulla corruzione per permettere il
sequestro dei beni dei corrotti o accumulati in modo illecito. Che poi
sono tre questioni che si intrecciano e hanno l’uno ricadute sugli
altri.
E l’Europa?
In breve, dobbiamo smarcarci dalle due posizioni estreme ma che alla
fine sono entrambe impotenti: una che dice aspettiamo di riuscire a
cambiare l’Europa; e l’altra: basta, usciamo dall’euro. Le due posizioni
. che appaiono antitetiche – tendono a coincidere perché
sostanzialmente impotenti: tanto per cambiare i trattati come per uscire
dall’euro occorre che la Merkel sia d’accordo. Io propongo una terza
via: la disobbedienza attiva; cioè, che si cominci a non applicare i
trattati europei a partire dal fiscal compact e poi l’acquisto dei
titoli di stato da parte della Banca d’Italia. Insomma, fare
un’operazione di forzatura consapevole dei trattati, che obblighi gli
altri paesi europei a rimettersi a discutere.
Ed è una strada praticabile, concreta? Come la mettiamo con lo spread?
Noi non siamo la Grecia, siamo un paese ricco. La quota del nostro
debito sul mercato internazionale è di 5-600 miliardi; se interviene la
Banca d’Italia e fissa tassi di interesse bassi, diciamo due per cento, a
quel punto la vedo dura per la speculazione internazionale riuscire a
“fare il prezzo”. Il punto vero è che le regole assurde con cui funziona
l’Europa sono un bluff: hanno una loro cogenza solo nella misura in cui
tutti fanno finta di non poterle violare. Il sistema dei trattati sta
in piedi solo perché tutti sono d’accordo: se l’Italia non rispettasse i
trattati, pensi che non lo farebbero anche Francia o Spagna?
Determineremmo un positivo effetto contagio e gli unici colpiti
sarebbero i mercati speculativi. Dubito che la Germania potrebbe reagire
a questa nostra azione inviando i carri armati ad invaderci…
Messa a posto l’Europa, torniamo a noi. Domenica e lunedì si vota. Un appello finale?
Mettiamola così. Vi è piaciuta la linea Monti? Votate Monti, Bersani,
Vendola, Casini. Se pensate che per rovesciare la linea di Monti
bastino quattro vaffa e tagliare i costi della politica, votate Grillo.
Se pensate che per rovesciare questa situazione, che è da rovesciare,
sia necessario ricostruire un movimento di massa, una sinistra, una
partecipazione dal basso e non semplicemente l’identificazione con le
quattro urla del capo, fate sì che il successo di Rivoluzione civile
possa essere il principio di tutto ciò.
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