Ferrajoli e Rodotà: «Dopo l’aborto e il divorzio, è una misura di dignità»
Le
cinquanta mila firme sono state superate e da ieri la proposta di legge
di iniziativa popolare sul reddito minimo è una realtà. L’annuncio è
stato dato in una conferenza stampa alla Camera dai promotori di
un’iniziativa che non ha uguali nella storia ultra ventennale dei
movimenti che hanno creduto nella prospettiva del reddito di
cittadinanza in Italia. Sandro Gobetti e Luca Santini del Basic Income
Network (Bin-Italia), Marco Furfaro e Mariapia Pizzolante di Tilt,
insieme a partiti come Sel, Prc e Pdci e altre 170 associazioni, sono
stati tra i promotori di una campagna che ha prodotto 250 iniziative in
tutto il paese dal giugno dell’anno scorso. Torneranno in parlamento tra
un mese per chiedere al nuovo governo, di approvare nei primi cento
giorni della legislatura una misura fondamentale per rendere più
dignitoso il welfare più familista, classista e inefficiente dei paesi
dell’Unione Europea. La proposta di legge cerca di rispondere «al
default sociale» che ha colpito, trasversalmente i giovani «neet», gli
«over 50», i pensionati, ma soprattutto i precari «di prima e seconda
generazione», quelli che oggi hanno tra i venti e i quarantanni. Prevede
l’erogazione di un reddito di base di 600 euro mensili, 7200 all’anno,
per un totale di 10 miliardi di euro da finanziare attraverso una non
più rinviabile ristrutturazione degli ammortizzatori sociali, destinando
a questo scopo una parte dei fondi della lotta all’evasione fiscale,
della spending review e quelli che derivano dall’abolizione delle
provincie. Una proposta pragmatica che non ha bisogno di nuove tasse per
essere realizzata in un paese che, insieme a Grecia e Ungheria, non
dispone ancora di un «elementare strumento di civiltà sociale» come l’ha
definita il filosofo del diritto Luigi Ferrajoli, presente alla
conferenza stampa. Il reddito minimo è da tempo oggetto di studi di
fattibilità da parte delle regioni e di vere e proprie leggi come quella
del Lazio del 2009, che ha ispirato i promotori della proposta di
legge, ma non è stata più rifinanziata dalla giunta Polverini. «In
assenza di mezzi di sussistenza – ha continuato Ferrajoli – la persona è
esposta ad ogni ricatto. Seicento euro sono pochi, ma permettono alla
persona di resistere e di affermare il suo diritto all’esistenza libera e
dignitosa». Una consapevolezza particolarmente sentita da quando la
disoccupazione, o l’inoccupazione, sono diventate realtà di massa. «Il
paese è pronto a recepire una proposta equilibrata e fattibile come
questa – ha aggiunto Fausta Guarriello, docente di diritto del lavoro
all’Università di Pescara – anche se le parti sociali come i sindacati
sono ancora poco sensibili perché credono ancora che il reddito sia
contrapposto alle politiche del pieno impiego». «È proprio l’opposto –
ha sostenuto Stefano Rodotà, intervenuto anche lui all’iniziativa –
siamo testimoni di un cambiamento epocale che non ci permette più di
considerare la precarietà come una condizione transitoria nella vita
lavorativa di una persona. Come al tempo dell’aborto e del divorzio,
oggi il paese è pronto per istituire il reddito di cittadinanza». La
proposta di legge sul reddito minimo è stata scritta alla luce della
risoluzione del Parlamento europeo del 10 ottobre 2010 nella quale si
sottolinea il dovere degli stati più colpiti dalla crisi, in particolare
Italia e Grecia, di adottarlo in quanto misura indispensabile per
contrastare l’esclusione sociale e le discriminazioni. La cifra di 600
euro, che decresce nel caso in cui nello stesso nucleo familiare ci
siano lavoratori precari o figli, è stata determinata in base al 60% del
reddito medio in Italia, come prevede la risoluzione del parlamento
europeo. La durata del sussidio non è vincolata ad un periodo
determinato, ma al miglioramento complessivo della situazione
individuale. Ieri Beppe Grillo ha dettagliato la proposta del Movimento 5
Stelle sul reddito limitandolo a tre anni da finanziare con il taglio
delle spese alla politica e ai militari, oltre che dalle concessioni
statali al gioco di azzardo. Per Nichi Vendola (Sel) la proposta di
legge «è una bella notizia. Il prossimo parlamento dovrà fare una legge
per consetire ai ragazzi italiani l’autonomia e la libertà e sottrarsi
al ricatto della precarietà». «Occorre istituire subito il reddito
minimo per garantire ai disoccupati la possibilità di arrivare alla fine
del mese: le risorse ci sono, sono quelle che si ricaverebbero da una
tassa sui grandi patrimoni» afferma Paolo Ferrero segretario di
Rifondazione Comunista.
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