Si può ridurre il debito pubblico (o meglio il rapporto debito/PIL) aumentando la spesa pubblica, finanziata con le tasse? Sì, si può.
E’ scritto su tutti i libri di testo di economia: a causa del moltiplicatore keynesiano, l’effetto depressivo dovuto all’aumento delle tasse è minore dell’effetto espansivo dovuto alla spesa pubblica. Pertanto è possibile, anche mantenendo il pareggio di bilancio, aumentare il prodotto interno lordo e così ridurre il rapporto debito/PIL.
Gli economisti Nicoletta Batini, Giovanni Callegari e Giovanni Melina hanno confermato empiricamente la differenza tra il moltiplicatore della spesa e quello delle tasse in un working paper del Fondo Monetario Internazionale di alcuni mesi addietro, del quale abbiamo già parlato.
Gustavo Piga, sul suo blog,
mostra ora il risultato di una simulazione condotta dai tre
ricercatori. Il primo grafico rappresenta l’andamento del debito
pubblico con diversi livelli di manovra espansiva (0,5% – 1% – 3% e 5%
del PIL) in una situazione non recessiva. I numeri sull’asse delle
ascisse rappresentano i trimestri.
Dopo 20 trimestri (5 anni) di stimolo fiscale del 5% si potrebbe ridurre il debito pubblico di quasi 20 punti. Più di quanto richiede il Fiscal Compact, per usare un parametro di riferimento. E, vale la pena precisarlo ancora, stiamo parlando di manovre in pareggio di bilancio, come lo stesso Fiscal Compact impone.
I tre autori, su richiesta di Piga, hanno anche effettuato la stessa
simulazione in caso di recessione: in questo contesto si ha una
riduzione fino al 33% del debito pubblico rispetto al suo (scongiurato)
aumento, dovuto alla recessione.
Si noti che questa ricetta è l’esatto opposto di quella proposta da Alesina e Giavazzi, FARE per fermare il declino, Scelta Civica – Mario Monti,
che invece sostengono il taglio delle tasse e della spesa pubblica.
Quest’ultimo tipo di manovra, nelle simulazioni di Batini – Callegari –
Melina, avrebbe l’effetto opposto: fare aumentare il debito pubblico. Infatti l’effetto depressivo del taglio alla spesa pubblica supererebbe quello espansivo del taglio delle tasse.
Ripetiamo, ancora una volta, che non si tratta di nulla di esotico o eterodosso.
Al contrario. Eppure nessuno, in Europa, suggerisce agli stati di
effettuare manovre che prevedano maggiore spesa pubblica, in deficit o
meno. Si lascia che i governi deprimano la domanda e così aggravino la
crisi e i conti pubblici.
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