venerdì 8 febbraio 2013

Mps e dintorni. Sono marce le mele o è marcio l’albero e il terreno? Intervista ad Andrea Baranes


Mps e dintorni. Sono marce le mele o è marcio l’albero e il terreno? Intervista ad Andrea Baranes


Fonte: Sbilanciamoci.it
 
Partiamo dalla vicenda MPS, si può parlare solo di mele marce?
La vicenda MPS andrebbe analizzata almeno su due piani diversi.
Uno è quello di MPS in sé e delle responsabilità penali che stanno emergendo, su cui si cerca di fare chiarezza, sui ruoli di alcuni dirigenti  episodi di corruzione etc ..
E’ un peccato che, complice la campagna elettorale però non si riesce ad andare oltre questo sguardo che riguarda la banca in sé.Perchè si scoprirebbe, ed ecco il secondo piano, che quello che è accaduto in MPS è abbastanza emblematico di ciò che avviene in buona parte del sistema bancario e finanziario.
In parte MPS ha violato le regole, le leggi e la magistratura sta cercando di fare chiarezza ma in gran parte gli scandali che sono emersi sono perchè MPS ha seguito le regole ed ha utilizzato dei prodotti, degli strumenti che sono utilizzati correntemente nel mercato finanziario da parte delle grandi banche. Quindi parlare di alcune mele marce è sempre riduttivo. Quello che è avvenuto in MPS con i derivati, utilizzati per nascondere i debiti che erano stati fatti con precedenti operazioni speculative, è esattamente lo stesso meccanismo utilizzato dalle banche quando vendono derivati agli Enti Locali. Su questo abbiamo la condanna di 4 banche che avevano venduto i derivati al comune di Milano.
Stiamo parlando degli stessi strumenti utilizzati dalla Grecia per abbellire i suoi conti ed entrare in Europa. Sono gli stessi strumenti e le stesse tecniche utilizzate dai grandi gruppi bancari europei per abbellire i bilanci, per usare un eufemismo, e cioè presentare dei bilanci con grandi profitti che significa che gli azionisti sono contenti e si gonfiano gli stipendi per i managers.
Quindi se alzassimo un po’ lo sguardo oltre quella che è la vicenda di MPS in sé, vedremo che, in questi giorni o nelle ultime settimane, ci sono delle inchieste e delle perquisizioni a tappeto nelle sedi della Deutsche Bank nella virtuosa Germania, che la HSBC, una delle più grandi banche del mondo con sede centrale in Gran Bretagna, ha patteggiato negli Stati uniti 2 miliardi di dollari per mettere a tacere l’accusa di riciclare parte dei denari dei narcos delle mafie messicane, vedremo che la Barkley, un’altro dei più grandi gruppi europei, insieme a una mezza dozzina di altre banche è  sotto accusa per aver manipolato il Libor, cioè il tasso di riferimento a cui sono agganciate milioni di multe e via discorrendo solo citando gli ultimi mesi.
Allora la domanda è quale settore merceologico riesce a sfornare scandali, abusi, truffe, crimini con tanta frequenza?
Se vedessimo dai supermercati al settore delle automobili ogni giorno coinvolti in scandali truffe etc..   credo che parlare di mele marce o guardare agli “intrecci tra banca e politica, vedere quello che ha fatto il singolo dirigente, Mussari od un altro” (che certo è importante) non ci basterebbe ma invece si tratterebbe di allargare lo sguardo a quella che è una assoluta mancanza di regole nel settore bancario e finanziario e al comportamento per lo meno spregiudicato dell’intero sistema bancario.
Dunque non dobbiamo parlare di mele marce, ma di un albero che affonda le sue radici in un terreno, rappresentato dalla logica di produzione di denaro attraverso denaro, dalla finanziarizzazione intesa non certo come una dimensione virtuale ma con tutto il peso che ha nella nostra vita di carattere sociale.
In questo contesto a livello europeo se tu dovessi indicare alcuni dei punti che andrebbero toccati con maggior forza, quali indicheresti?
Sono diversi. La situazione attuale è figlia di trent’anni di pensiero unico, il neoliberismo, che vuol dire meno regole meno controlli, i mercati si gestiscono da soli. Quello che bisogna fare adesso è esattamente reintrodurre regoli e controlli molto severi. Le proposte ci sono: tassare le transazioni finanziarie, limitare o bloccare i derivati più speculativi, chiudere i paradisi fiscali,  diminuire la leva finanziaria.Su tutte queste proposte quello che fa più arrabbiare e dall’altro lato dà un minimo di speranza è che non ci sono difficoltà tecniche, del tipo non sappiamo cosa fare per frenare questa finanza casinò, ma il tutto è una questione di volontà politica, cioè superare il gigantesco peso delle lobby finanziarie ed andare a introdurre delle regole che sono semplici quanto efficaci.
Ne dico nel dettaglio una sola: se io voglio comperare oggi un qualsiasi prodotto, che sia un automobile o un giocattolo, vige il principio di precauzione. Un produttore non lo può mettere in commercio un prodotto finchè non dimostra che non è né nocivo né pericoloso. Perchè una cosa del genere non avviene in ambito finanziario ed invece posso mandare sul mercato qualunque prodotto tossico ed eventualmente solo anni dopo arrivano quelli che devono occuparsi di vigilanza e regolamentazione a cercare di mettere le pezze?Io non posso acquistare una lavatrice se il produttore non dimostra che non rischia di allagare la casa ma posso comperare un prodotto finanziario in grado di devastare intere nazioni. Il principio precauzionale dovrebbe valere anche nella finanza in cui chi vuole mettere in commercio un prodotto prima deve dire a che serve e che non creerà disastri. Questo sarebbe una piccola norma di buon senso che riguarda tutti gli altri settori produttivi del commercio del mondo ma nuovamente non quello finanziario.

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