Giuseppe Orsi, presidente di Finmeccanica – la più grande holding
a partecipazione pubblica del nostro Paese, con 75 mila dipendenti e 18
miliardi di fatturato nel 2011 – è stato arrestato dal giudice di Busto
Arsizio con l’accusa di corruzione internazionale. Motivazione: nel
2010, quando era amministratore delegato di Agusta Westland, controllata
al 100 per cento da Finmeccanica, egli avrebbe pagato tangenti al fine
di ottenere l’appalto per una fornitura di 12 elicotteri al governo
indiano. Una mazzetta di 51 milioni di euro per una commessa del valore
complessivo di 500 milioni: 10 per cento, quello che sembra essere la
regola per spuntarla nelle transazioni internazionali. Poco importa che
dell’ipotesi di reato faccia parte il fatto che 10 di quei 51 milioni
sembra siano andati alla Lega Nord e (qualche briciola) a Cl, in quanto
espressione di sentita riconoscenza. La carriera di Orsi ha avuto
infatti in tempi recenti un’impennata fulminea.
Il 4 maggio 2011 è passato da Agusta alla casa madre, con la nomina
di amministratore delegato conferitagli dal governo Berlusconi, sulla
scia delle pressioni operate dall’allora ministro dell’Economia Giulio
Tremonti (com’è noto, vicino alla Lega). Subito a ruota, il primo
dicembre 2011, Orsi è stato nominato anche presidente di Finmeccanica
dal governo Monti, il quale ha confermato e duplicato l’incarico,
nonostante che indizi di scarsa trasparenza nell’attività commerciale
del gruppo fossero già al vaglio della magistratura (per i quali è
indagato anche l’ex ministro Claudio Scajola).
Piove sul bagnato. La corruzione non è certamente la causa della
crisi in cui il mondo capitalistico è immerso ormai da cinque anni, come
invece crede la metà degli italiani (vedi il recente rapporto Censis).
Sappiamo che essa è in qualche modo un accompagnamento quasi fisiologico
della ricerca di profitto. Tuttavia tale constatazione non deve
assolutamente costituire un pretesto per abbassare la guardia rispetto a
una stortura particolarmente pesante per i bilanci del nostro Paese. I
dati di Transparency International ci dicono che la corruzione ha
raggiunto in Italia livelli di guardia. Nella classifica dell’anno in
corso, il nostro Paese si piazza al 72esimo posto, tre posti più in giù
rispetto a un anno fa: tra gli ultimi in Europa (assieme a Bulgaria e
Grecia), in compagnia della Tunisia. L’onere sul bilancio pubblico è
stimato dalla Corte dei Conti in 60 miliardi di euro l’anno: non male
per un Paese che vorrebbe recuperare su un debito pubblico del 126 per
cento in rapporto al Pil. Fa bene quindi Ingroia a insistere sul tema
della legalità, candidando la lista Rivoluzione Civile ad un’opera di
inflessibile e dura opposizione all’andazzo prevalente. “L’arresto del
presidente e amministratore delegato Giuseppe Orsi – egli dice –
conferma che Finmeccanica è stata smantellata dalla corruttela e dal
malaffare. Monti, che avrebbe dovuto rimuovere i dirigenti della società
già da tempo, è corresponsabile di questo gravissimo scandalo che
rischia di seppellire nel fango un asset strategico per il Paese”.
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