di Corrado Oddi -
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale del luglio scorso, che con grande nettezza era intervenuta per dire che non si poteva aggirare l’esito del primo referendum sull’acqua e i servizi pubblici – quello che ha abrogato l’obbligo alla privatizzazione – ora il parere del Consiglio di Stato di qualche giorno fa, con altrettanta chiarezza, afferma che non si può eludere il risultato del secondo referendum del giugno 2011, quello che ha abrogato la remunerazione del capitale nelle tariffe del servizio idrico, e che, dunque, i cittadini vanno rimborsati del 7% che i gestori hanno continuato ad incassare, almeno dal luglio al dicembre 2011. Ebbene, che fa l’Authority dell’energia e del gas di fronte a quel pronunciamento? Semplice, si attiva dal giorno dopo per riuscire ad aggirarlo e a non rispettarlo. Lo fa appoggiandosi ad un proprio provvedimento, quello che dalla fine del dicembre scorso ha definito il nuovo metodo tariffario 2012-2013, anch’esso assolutamente illegittimo e costruito in violazione dell’esito referendario. Il gioco delle tre carte è presto squadernato: non c’è più la remunerazione del capitale investito, si riconosce una nuova voce tariffaria relativa agli oneri finanziari e fiscali e i rimborsi, semmai, si calcolano come differenza tra la precedente remunerazione del capitale e il nuovo costo della risorsa finanziaria. Nella sua definizione, poi, la voce oneri finanziari non è calcolata come elemento di costo, fatto che sarebbe legittimo, e sul quale semmai si tratterebbe di fare una discussione sul come coprirlo (con la tariffa, oppure con la finanza pubblica o la fiscalità), ma viene costruita come vera e propria remunerazione del capitale, sia di quello preso a prestito ma anche di quello proprio. Risultato finale: la vecchia remunerazione del capitale valeva il 7% sul capitale investito, i nuovi oneri finanziari (o meglio la nuova remunerazione del capitale) valgono il 6,4% sul capitale investito, alla maggioranza assoluta dei cittadini italiani che con i referendum hanno detto che bisogna togliere il profitto del servizio idrico l’Authority risponde che al massimo, dal luglio 2011 e per sempre, si può arrivare a fare uno “sconticino” dello 0,6%!
La mobilitazione del Forum italiano dei movimenti per l’acqua contro questo palese tentativo di snaturamento della volontà referendaria è già iniziata e andrà avanti: il 25 gennaio si sono tenute iniziative nella gran parte delle città del Paese, ci predisponiamo a ricorrere in sede di giudizio contro il metodo tariffario 2012-2013, contrasteremo quest’ultima truffa dei finti rimborsi del 2011, intensificheremo ulteriormente il livello della nostra mobilitazione. Ciò che però ora mi interessa evidenziare è il ruolo che, in tutte queste vicende, sta giocando l’ Authority per l’Energia Elettrica e il Gas: se è già discutibile – e, per quanto mi riguarda, non condivisibile – assegnare ad un’entità terza questioni così rilevanti come la fissazione delle tariffe, che ha molto a che fare con il finanziamento di un servizio pubblico essenziale com’è il servizio idrico e quindi con il fatto di contribuirne a determinare la natura, se orientata ad una finalità pubblica o curvata su interessi privatistici, cosa dire allora se poi essa, nel concreto, viola pronunciamenti referendari e ne ostacola l’attuazione, in spregio a ciò che affermano fondamentali organi di garanzia, e costruisce soluzioni che sono sfacciatamente a favore dei soggetti gestori e alle loro esigenze di profitto? E – fatto altrettanto inquietante – cosa pensare a proposito dell’indipendenza di un’Authority che si sostiene economicamente con le risorse che provengono dai soggetti gestori, gli stessi che dovrebbe controllare, situazione che non ha eguali in Europa, dove invece esse sono finanziate dalla fiscalità generale? È solo un pensiero malevolo oppure, sulla base dei fatti concreti che emergono dalle scelte che l’Authority sta compiendo, si pone una questione rilevante dell’autonomia e dell’indipendenza di questa struttura? Non sarebbe ora che la politica si interrogasse su questi punti? E, soprattutto, non sarebbe ora che questa discussione la si potesse fare con il campo sgombro, e cioè con il ritiro di tutti i provvedimenti presi e annunciati che contrastano il rispetto dei referendum e la volontà della maggioranza assoluta dei cittadini italiani?
Ps. Ad Erasmo D’ Angelis, presidente di Publiacqua Firenze, che è intervenuto nei giorni scorsi per dire che non esiste il problema dei rimborsi del 2011, voglio solo ricordare che anche noi sappiamo leggere i documenti e i bilanci aziendali, che Publiacqua, nel semestre luglio-dicembre 2011, ha incassato 13 milioni di euro a titolo di remunerazione del capitale e che, sempre stando al bilancio 2011, il saldo della gestione finanziaria, ammesso e non concesso che sia tema pertinente, presenta un lieve avanzo. Ce n’è di che da ridare indietro ai cittadini, caro D’Angelis!
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale del luglio scorso, che con grande nettezza era intervenuta per dire che non si poteva aggirare l’esito del primo referendum sull’acqua e i servizi pubblici – quello che ha abrogato l’obbligo alla privatizzazione – ora il parere del Consiglio di Stato di qualche giorno fa, con altrettanta chiarezza, afferma che non si può eludere il risultato del secondo referendum del giugno 2011, quello che ha abrogato la remunerazione del capitale nelle tariffe del servizio idrico, e che, dunque, i cittadini vanno rimborsati del 7% che i gestori hanno continuato ad incassare, almeno dal luglio al dicembre 2011. Ebbene, che fa l’Authority dell’energia e del gas di fronte a quel pronunciamento? Semplice, si attiva dal giorno dopo per riuscire ad aggirarlo e a non rispettarlo. Lo fa appoggiandosi ad un proprio provvedimento, quello che dalla fine del dicembre scorso ha definito il nuovo metodo tariffario 2012-2013, anch’esso assolutamente illegittimo e costruito in violazione dell’esito referendario. Il gioco delle tre carte è presto squadernato: non c’è più la remunerazione del capitale investito, si riconosce una nuova voce tariffaria relativa agli oneri finanziari e fiscali e i rimborsi, semmai, si calcolano come differenza tra la precedente remunerazione del capitale e il nuovo costo della risorsa finanziaria. Nella sua definizione, poi, la voce oneri finanziari non è calcolata come elemento di costo, fatto che sarebbe legittimo, e sul quale semmai si tratterebbe di fare una discussione sul come coprirlo (con la tariffa, oppure con la finanza pubblica o la fiscalità), ma viene costruita come vera e propria remunerazione del capitale, sia di quello preso a prestito ma anche di quello proprio. Risultato finale: la vecchia remunerazione del capitale valeva il 7% sul capitale investito, i nuovi oneri finanziari (o meglio la nuova remunerazione del capitale) valgono il 6,4% sul capitale investito, alla maggioranza assoluta dei cittadini italiani che con i referendum hanno detto che bisogna togliere il profitto del servizio idrico l’Authority risponde che al massimo, dal luglio 2011 e per sempre, si può arrivare a fare uno “sconticino” dello 0,6%!
La mobilitazione del Forum italiano dei movimenti per l’acqua contro questo palese tentativo di snaturamento della volontà referendaria è già iniziata e andrà avanti: il 25 gennaio si sono tenute iniziative nella gran parte delle città del Paese, ci predisponiamo a ricorrere in sede di giudizio contro il metodo tariffario 2012-2013, contrasteremo quest’ultima truffa dei finti rimborsi del 2011, intensificheremo ulteriormente il livello della nostra mobilitazione. Ciò che però ora mi interessa evidenziare è il ruolo che, in tutte queste vicende, sta giocando l’ Authority per l’Energia Elettrica e il Gas: se è già discutibile – e, per quanto mi riguarda, non condivisibile – assegnare ad un’entità terza questioni così rilevanti come la fissazione delle tariffe, che ha molto a che fare con il finanziamento di un servizio pubblico essenziale com’è il servizio idrico e quindi con il fatto di contribuirne a determinare la natura, se orientata ad una finalità pubblica o curvata su interessi privatistici, cosa dire allora se poi essa, nel concreto, viola pronunciamenti referendari e ne ostacola l’attuazione, in spregio a ciò che affermano fondamentali organi di garanzia, e costruisce soluzioni che sono sfacciatamente a favore dei soggetti gestori e alle loro esigenze di profitto? E – fatto altrettanto inquietante – cosa pensare a proposito dell’indipendenza di un’Authority che si sostiene economicamente con le risorse che provengono dai soggetti gestori, gli stessi che dovrebbe controllare, situazione che non ha eguali in Europa, dove invece esse sono finanziate dalla fiscalità generale? È solo un pensiero malevolo oppure, sulla base dei fatti concreti che emergono dalle scelte che l’Authority sta compiendo, si pone una questione rilevante dell’autonomia e dell’indipendenza di questa struttura? Non sarebbe ora che la politica si interrogasse su questi punti? E, soprattutto, non sarebbe ora che questa discussione la si potesse fare con il campo sgombro, e cioè con il ritiro di tutti i provvedimenti presi e annunciati che contrastano il rispetto dei referendum e la volontà della maggioranza assoluta dei cittadini italiani?
Ps. Ad Erasmo D’ Angelis, presidente di Publiacqua Firenze, che è intervenuto nei giorni scorsi per dire che non esiste il problema dei rimborsi del 2011, voglio solo ricordare che anche noi sappiamo leggere i documenti e i bilanci aziendali, che Publiacqua, nel semestre luglio-dicembre 2011, ha incassato 13 milioni di euro a titolo di remunerazione del capitale e che, sempre stando al bilancio 2011, il saldo della gestione finanziaria, ammesso e non concesso che sia tema pertinente, presenta un lieve avanzo. Ce n’è di che da ridare indietro ai cittadini, caro D’Angelis!
Il Manifesto – 13.02.13
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