Obama autorizza "esecuzioni mirate" di cittadini Usa
di
Dante Barontini, contropiano.org
La pena di morte comminata come "decisione
amministrativa", anche senza informazioni dettagliate sulle attività
degli "obiettivi". E naturalmente senza processo.
Se c'è una condizione che fa dimenticare tutto, anche i propri princìpi costituzionali, è la guerra. Dispiegata o “fredda”, totale o “mirata”, la guerra cambia chi la combatte. I danni peggiori li fa in chi non possiede anticorpi culturali in grado di contestualizzare – nel tempo e nello spazio - “l'eccezionalità” delle prassi militari e quindi tende a trasferire la “normalità” della guerra nella normalità tout court.
È il caso dell'amministrazione statunitense, da sempre impegnata nel tenere alto in pubblico il “profilo morale” dell'iperpotenza mentre mette in atto le pratiche più abbiette che la propaganda, di solito, imputa ai suoi nemici.
E proprio il concetto di “nemico” - per il Pentagono e l'amministrazione – è mostrificato fino a raggiungere le connotazioni dell'untermesch, o addirittura del “non completamente umano”. Abu Ghraib o Guantanamo hanno poco da invidiare all'Inquisizione o alla Gestapo. Ma sono state costruite, gestite, “realizzate” da una nazione che si presenta ed è considerata come "campione di democrazia".
Ma ogni volta c'è un passo in avanti verso la regressione autocratica, quella condizione in cui la tripartizione dei poteri (giuridico, esecutivo, legislativo) scompare per lasciare il posto al puto potere assoluto, senza vincoli né freni. Né verifiche.
Un memo confidenziale di 16 pagine elaborato dal ministero della giustizia, di cui Nbc News ha ottenuto e pubblicato una copia, rivela che il governo americano può ordinare l'uccisione di cittadini Usa all'estero qualora vengano ritenuti «alti dirigenti operativi» di al Qaida o di una sua «forza affiliata», anche se non ci sono informazioni di intelligence che documentino un loro impegno diretto in una qualsiasi azione contro gli Stati Uniti.
Si tratta di una “normale decisione amministrativa”, che non è insomma passata per un dibattito parlamentare né per una modifica costituzionale, anche se investe in pieno il rapporto tra uno stato e i suoi cittadini. Stiamo del resto parlando della più estrema e irrecuparabile delle decisioni – la condanna a morte – che uno stato possa prendere verso singoli o gruppi appartenenti alla “propria gente”.
In più la nota, che porta l'autorevolissima firma del prepremio nobel preventivo per la pace, Barack Obama, autorizza che tali esecuzioni mirate siamo effettuate anche con i droni, se necessario. Come sempre, l'autorizzazione “formale” segue le decisioni sul campo, non le precedono. Simili esecuzioni sono state realizzate gia da “Dabliu” Bush, oltre 10 anni fa. Per esempio, nel settembre 2001, in Yemen vennero uccisi Anwar al Awlaki e Samir Khan, entrambi cittadini Usa e dirigenti di al Qaida, ma mai incriminati dalla giustizia degli Stati Uniti.
Un'autorizzazione del genere, pensata per esentare da qualsiasi processo sia il presidente Usa che “alti funzionari” che abbiano disposto uccisioni mirate di cittadini Usa, pone problemi su diversi piani.
Il primo, come detto, è quello della pena di morte erogata contro i propri cittadini, per di più senza processo. Non vale qui il “codice di guerra”, per cui – naturalmente – a un qualsiasi soldato di un esercito è richiesto di sparare su militari di eserciti opposti, e quindi anche su eventuali "traditori". Nè, altrettanto ovviamente, può essere invocata la normale “presunzione di polizia” circa la possibilità che un individuo stia per commettere un atto violento (es. un uomo che gira armato intorno a una scuola con l'aria di volerci entrare).
Stiamo infatti parlando di “esecuzioni mirate” di singoli individui (e di coloro che si dovessero trovare in loro compagnia) al di fuori di qualsiasi situazione di combattimento (“anche se non ci sono informazioni di intelligence che documentino un loro impegno diretto in una qualsiasi azione contro gli Stati Uniti”). Mentre dormono in una casa, mentre viaggiano in auto, ecc, anche a centinaia di chilometri dal più vicino possibile “obiettivo Usa”.
È insomma una legalizzazione della caccia all'uomo, secondo il principio della Bestia: “meglio un innocente morto che un nemico in circolazione”. È un principio, come si noterà, potenzialmente illimitato, perché non prevede né momenti di verifica né, tantomeno, contropoteri. È un principio che si autoassolve da ogni possibile – e facile – errore. E che vede nelle procedure democratiche un “inutile impiccio”.
Un atteggiamento che vale persino contro i cittadini degli Stati Uniti. Figuriamoci per gli unamerican.
Se c'è una condizione che fa dimenticare tutto, anche i propri princìpi costituzionali, è la guerra. Dispiegata o “fredda”, totale o “mirata”, la guerra cambia chi la combatte. I danni peggiori li fa in chi non possiede anticorpi culturali in grado di contestualizzare – nel tempo e nello spazio - “l'eccezionalità” delle prassi militari e quindi tende a trasferire la “normalità” della guerra nella normalità tout court.
È il caso dell'amministrazione statunitense, da sempre impegnata nel tenere alto in pubblico il “profilo morale” dell'iperpotenza mentre mette in atto le pratiche più abbiette che la propaganda, di solito, imputa ai suoi nemici.
E proprio il concetto di “nemico” - per il Pentagono e l'amministrazione – è mostrificato fino a raggiungere le connotazioni dell'untermesch, o addirittura del “non completamente umano”. Abu Ghraib o Guantanamo hanno poco da invidiare all'Inquisizione o alla Gestapo. Ma sono state costruite, gestite, “realizzate” da una nazione che si presenta ed è considerata come "campione di democrazia".
Ma ogni volta c'è un passo in avanti verso la regressione autocratica, quella condizione in cui la tripartizione dei poteri (giuridico, esecutivo, legislativo) scompare per lasciare il posto al puto potere assoluto, senza vincoli né freni. Né verifiche.
Un memo confidenziale di 16 pagine elaborato dal ministero della giustizia, di cui Nbc News ha ottenuto e pubblicato una copia, rivela che il governo americano può ordinare l'uccisione di cittadini Usa all'estero qualora vengano ritenuti «alti dirigenti operativi» di al Qaida o di una sua «forza affiliata», anche se non ci sono informazioni di intelligence che documentino un loro impegno diretto in una qualsiasi azione contro gli Stati Uniti.
Si tratta di una “normale decisione amministrativa”, che non è insomma passata per un dibattito parlamentare né per una modifica costituzionale, anche se investe in pieno il rapporto tra uno stato e i suoi cittadini. Stiamo del resto parlando della più estrema e irrecuparabile delle decisioni – la condanna a morte – che uno stato possa prendere verso singoli o gruppi appartenenti alla “propria gente”.
In più la nota, che porta l'autorevolissima firma del prepremio nobel preventivo per la pace, Barack Obama, autorizza che tali esecuzioni mirate siamo effettuate anche con i droni, se necessario. Come sempre, l'autorizzazione “formale” segue le decisioni sul campo, non le precedono. Simili esecuzioni sono state realizzate gia da “Dabliu” Bush, oltre 10 anni fa. Per esempio, nel settembre 2001, in Yemen vennero uccisi Anwar al Awlaki e Samir Khan, entrambi cittadini Usa e dirigenti di al Qaida, ma mai incriminati dalla giustizia degli Stati Uniti.
Un'autorizzazione del genere, pensata per esentare da qualsiasi processo sia il presidente Usa che “alti funzionari” che abbiano disposto uccisioni mirate di cittadini Usa, pone problemi su diversi piani.
Il primo, come detto, è quello della pena di morte erogata contro i propri cittadini, per di più senza processo. Non vale qui il “codice di guerra”, per cui – naturalmente – a un qualsiasi soldato di un esercito è richiesto di sparare su militari di eserciti opposti, e quindi anche su eventuali "traditori". Nè, altrettanto ovviamente, può essere invocata la normale “presunzione di polizia” circa la possibilità che un individuo stia per commettere un atto violento (es. un uomo che gira armato intorno a una scuola con l'aria di volerci entrare).
Stiamo infatti parlando di “esecuzioni mirate” di singoli individui (e di coloro che si dovessero trovare in loro compagnia) al di fuori di qualsiasi situazione di combattimento (“anche se non ci sono informazioni di intelligence che documentino un loro impegno diretto in una qualsiasi azione contro gli Stati Uniti”). Mentre dormono in una casa, mentre viaggiano in auto, ecc, anche a centinaia di chilometri dal più vicino possibile “obiettivo Usa”.
È insomma una legalizzazione della caccia all'uomo, secondo il principio della Bestia: “meglio un innocente morto che un nemico in circolazione”. È un principio, come si noterà, potenzialmente illimitato, perché non prevede né momenti di verifica né, tantomeno, contropoteri. È un principio che si autoassolve da ogni possibile – e facile – errore. E che vede nelle procedure democratiche un “inutile impiccio”.
Un atteggiamento che vale persino contro i cittadini degli Stati Uniti. Figuriamoci per gli unamerican.
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