Noah
Smith ha recentemente espresso un interessante punto di vista sui reali
motivi per cui le élite sostengono così tanto l'austerità, anche se in
pratica essa non funziona. Le élite, egli sostiene, vedono le difficoltà
economiche come un'opportunità per costringere a delle riforme (cioè in
sostanza i cambiamenti da loro desiderati, che possano servire o meno a
promuovere la crescita economica) e si oppongono a tutte le politiche
che potrebbero attenuare la crisi senza rendere necessari questi
cambiamenti: «Penso che gli "austerians" siano preoccupati che delle
politiche macro anti-recessione consentirebbero a un Paese di cavarsela
nella crisi senza migliorare le sue istituzioni. In altre parole, temono
che uno stimolo di successo potrebbe sprecare le possibilità offerte da
una buona crisi. Se la gente pensa realmente che il pericolo di uno
stimolo non è che potrebbe fallire, ma che potrebbe avere successo,
allora dovrebbe dirlo chiaramente. Solo così, credo, potremmo avere un
dibattito pubblico ottimale sui costi e benefici».
Come Smith osserva, il giorno dopo aver scritto questo post, Steven
Pearlstein del "Washington Post" ha fatto esattamente questa
argomentazione a sostegno dell'austerità.
Ciò che Smith non ha osservato, in modo alquanto sorprendente, è che
la sua tesi è molto vicino alla Shock Doctrine di Naomi Klein, la quale
sostiene che le élite sistematicamente sfruttano i disastri per far
passare politiche neoliberiste, anche se tali politiche sono
sostanzialmente irrilevanti sulle cause dei disastri. Devo ammettere che
al tempo della sua pubblicazione non ero tanto ben disposto verso il
libro di Klein, probabilmente perché fuori dal campo della
professionalità e cose simili, ma la sua tesi aiuta davvero a spiegare
molto di quello che sta succedendo, in particolare in Europa.
Scrive la Klein: « Per decenni le destre hanno sfruttato le crisi per
far accettare proposte che non hanno nulla a che fare con la
risoluzione di tali crisi. Il Wisconsin non è diverso. Dal Cile degli
anni Settanta in poi gli ideologi della destra hanno sfruttato le crisi
per spingere proposte che nulla hanno che fare con la risoluzione delle
crisi, e che tendono ad imporre la loro visione di una società meno
democratica, dura, e più diseguale. Non c'è niente di sbagliato nel
rispondere alla crisi in maniera decisa. Le crisi richiedono risposte
decisive. Il problema è questo ambiguo tentativo di usare la crisi per
centralizzare il potere, di sovvertire la democrazia, di evitare il
dibattito pubblico dicendo: "Non abbiamo tempo per la democrazia. È
tutto in confusione. Non importa quello che volete. Non abbiamo scelta.
Dobbiamo forzare". Sta accadendo tutto su vasta scala».
E la storia va ancora più indietro. Due anni e mezzo fa Mike Konczal
ci ha ricordato un classico saggio del 1943 di Michal Kalecki, il quale
suggeriva che gli interessi del business odiano la teoria economia
keynesiana perché temono che potrebbe funzionare. E questo comporterebbe
che i politici non dovrebbero più umiliarsi davanti agli uomini
d'affari in nome del fatto di preservare la fiducia. È un argomento
abbastanza vicino alla tesi che l'austerità è necessaria perché lo
stimolo potrebbe togliere l'incentivo alle riforme strutturali che,
avete indovinato, offrono alle aziende la fiducia di cui hanno bisogno
prima di degnarsi di produrre la ripresa.
Quindi, un modo di vedere la via dell'austerità è l'implementazione
di una sorta di giuramento di Ippocrate al contrario: «In primo luogo,
non far nulla per limitare il danno». Perché la gente deve soffrire se
le riforme neoliberiste devono prosperare.
articolo originale: The Macro Wars Are Not Over
articolo originale: The Macro Wars Are Not Over
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