Il crollo della Borsa di Tokyo (-7,32%) è stato il più alto e drammatico dopo Fukushima di 2 anni fa. Conferma che i due trilioni di yen, creati dalla Banca Centrale del Giappone con la cura Abe,
non sono serviti a nulla, se non a procurare un primo disastro. Visto
che il nuovo premier giapponese annuncia il raddoppio della propria
massa monetaria da qui alla fine del 2014, che Dio gliela mandi buona, a
lui e a tutti noi.
Anche perché sta continuando la danza assurda della Federal Reserve, che continua a “stampare” (cioè a creare al computer) 85 miliardi di dollari al mese. Quosque tandem, Ben Bernanke, abutere patientia nostra?
Non lo sa neanche lui. Affermano, Bernanke e Abe, di voler stimolare l’economia (leggi la finanza) stampando banconote,
in attesa di Godot, che però non arriverà più. Per due motivi: perché
stimolare la finanza non fa più crescere l’economia, e perché i limiti
alla crescita sono ormai apparsi sulla scena e non andranno più via.
Tutte
chiacchiere, naturalmente. Il crollo di Tokio e di tutte le Borse
europee (per quanto valga poco come segnale) viene dai dati cinesi: la crescita cinese rallenta.
E questo produce il rallentamento di tutti i mercati. Dunque ecco il
quadro: lo stimolo monetario americano e giapponese non funziona;
l’austerità europea non funziona. Il mainstream media ci riferisce che gli Stati Uniti sono in crescita, ma è un bluff clamoroso. E’ come dire che un eroinomane perso è in ottima salute quando ha preso la sua dose.
Invece, qui in Europa
anche gli irresponsabili di Bruxelles e di Francoforte – tranne Mario
Draghi – cominciano a capire che sono sull’orlo del baratro. L’Economist gli dedica una copertina impietosa, raffigurandoli, tutti insieme, in quella scomoda posizione.
Tutto dovrebbe essere chiaro: si va verso il collasso della finanza mondiale. I segnali d’impazzimento del sistema non cessano. Come non capire che è il sistema che si sta rompendo?
Nel 2001 hanno inventato il nemico islamico, dopo il nemico rosso, ma
questa volta non c’è dubbio che c’è un virus interno al sistema che lo
sta conducendo all’agonia. Sembrerebbe logico tentare di cambiare
qualche cosa, inventare qualche medicina che non sia la morfina. Per
esempio le regole della finanza dovrebbero essere cambiate. Infatti –
come ci informava nei giorni scorsi un autorevole e non firmato
editoriale del New York Times – la Commodity Futures Trading Commission ha tentato di introdurre almeno la riforma per regolare i derivati. Non l’avesse mai fatto!
Le cinque banche più importanti del mondo occidentale (se volete l’elenco, eccolo: JPMorgan Chase, Goldman Sachs, Bank of America, Citigroup e Morgan Stanley) hanno alzato la paletta rossa. Non se ne fa nulla. I padroni del mondo dettano legge anche al Governo di Washington.
Anzi: sono il Governo di Washington. E decidono anche per l’Europa. La
famosa crisi europea, l’altrettanto famosa crisi dell’euro, sono nate
dagli Stati Uniti, negli Stati Uniti. Il loro subprime ha
innescato tutto ed è esploso nel 2008, sotto il nostro naso, per
importare in Europa il loro disastro, che adesso sembra il nostro
disastro, solo perché è diventato il nostro disastro.
Ho rivisto il film di Curtis Hanson “Il crollo dei giganti”
(Too Bigs to Fail). In quel caso le banche erano nove, ma le cinque di
cui sopra c’erano tutte, tra quelle nove, e i proprietari universali di
allora erano gli stessi di oggi. E fu il Governo degli Stati Uniti a
salvare loro (con l’erogazione di 700 miliardi, approvata dal Congresso)
e con quella, segreta e non approvata da nessuno, di 16 trilioni di $,
tutti creati dal nulla, per salvare tutte le maggiori banche occidentali
che erano, nel frattempo, fallite simultaneamente.
E’ cambiato qualcosa? Niente affatto. Passiamo in Europa. Leggo adesso (ancora il New York Times) che la Apple ha evaso le tasse negli Stati uniti per la non modica cifra di 44 miliardi di dollari. Scandalo americano? Certo. Ma anche scandalo europeo. Infatti il signor Timothy Cook
(il successore del guru Steve Jobs, che ci ha strappato molte più
lacrime di quanto meritasse) è andato a Dublino e ha ottenuto dal
governo irlandese di pagare appena il 2% dei suoi profitti. Cioè molto
al di sotto della già molto bassa tassazione ufficiale locale del 12,5%,
la quale è meno della metà di quella francese e tedesca, e meno di un
terzo di quella italiana.
Il signor Cook (se lo guardate bene ha
una faccia da killer peggiore di quella di Jamie Dimon, CEO della
JPMorgan Chase) è riuscito così a evadere 12 miliardi di euro anche in Europa. Così, leggendo, mi viene in mente il fiscal compact. E penso: ma dov’era la Banca Centrale Europea. E dov’è il signor Mario Draghi? Abbiamo scoperto da poco che avevamo un’off shore
in più in Europa. Si chiamava Cipro. Adesso siamo passati a tre: con il
Lussemburgo c’è anche l’Irlanda. Ma allora quale disciplina fiscale si
può chiedere a Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, quando le corporations Usa ricevono questi trattamenti di favore? Chi doveva vigilare?
Se c’è una dimostrazione della necessità di prendere il controllo della BCE,
e sottrarlo a questo maggiordomo, eccola qui squadernata. Che equivale a
dire che questa Europa va rivoltata come un guanto. La domanda è sempre
la stessa. Quanto tempo perderemo ancora? Per quanto tempo permetteremo
a costoro di mettere le mani nelle nostre tasche? Attenti che siamo
ormai a un passo dal prelievo forzoso dei nostri risparmi e a due passi dalla privatizzazione selvaggia delle ricchezze nazionali.
Verranno, con i denari virtuali, a comprare le ricchezze reali (oro
incluso). Poi bruceranno tutta la carta. Noi resteremo poveri in canna, e
schiavi. Loro avranno la proprietà dei beni.
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