Peggio (perfino) di Cofferati
Ieri in zona universitaria un intervento di
ordinaria follia, a cui la piazza ha risposto con spontanea
determinazione. Tutto per una cassa? Un copione già visto. Sullo sfondo,
l’arroganza del Comune sul referendum. E Naldi (Sel)…
24 maggio 2013 - 14:03
Un
microfono collegato a una cassa. E’ contro questo mirabolante ritrovato
della tecnologia che, ieri sera, qualcuno ha spedito decine di agenti
in tenuta antisommossa in via Zamboni. Obiettivo: impedire
un’assemblea con le lavoratrici della Sodexo che lottano contro il
licenziamento. Perchè? Perchè c’era di mezzo un microfono collegato a
una cassa. Sembra uno scherzo, magari di pessimo gusto, ma non lo è. La
motivazione formale fornita per l’assurdo intervento delle forze
dell’ordine davanti al 38: Polizia e Carabinieri hanno agito in supporto
alla Polizia municipale che, a sua volta, si è presentata in zona
universitaria per far rispettare il Regolamento di polizia urbana nel
quale, per l’appunto, si fa divieto di utilizzare impianti di
amplificazione in luogo pubblico. Si badi bene: al centro
dell’intervento ci sono i Vigili urbani, che sono alle dirette
dipendenze del Comune. Ovvero: la responsabilità di quanto successo ieri
sera è di Palazzo D’Accursio, prima ancora che della Questura. Tutto
per una cassa, almeno ufficialmente. Proviamo ad immaginare la scena.
Agente X: “Dobbiamo intervenire. Pare che in via Zamboni sia spuntata
una cassa”. Agente Y: “Una cassa? Stai scherzando?”. Agente X: “Ti
sembrano argomenti su cui possa scherzare? La cassa c’è e pare che
abbiamo addirittura intenzione di accenderla”. Agente Y: “Cazzo. Allora
fanno sul serio. Andiamo”. Passateci il paragone ingombrante, ma sembra
la storiella delle armi di distruzione di massa in Iraq.
Del resto, ce lo aspettavamo. Era nell’aria. Settimane di
esasperazione mediatica sul “caso piazza Verdi” e dintorni,
dichiarazioni squisitamente bipartisan sulla necessità di normalizzare
la zona universitaria ed infine l’ennesima ordinanza-coprifuoco si mostravano come i soliti ingredienti della solita ricetta: creare un
clima in grado di giustificare la prova di forza, alzare la tensione,
attendere il momento giusto e affondare il colpo. Copione già noto. E
per rivederne le scene non serve andare indietro di decenni, basta
qualche anno. Il modello di governance praticato da Sergio Cofferati,
sindaco-sceriffo per eccellenza, era esattamente questo. “Neanche con
Cofferati si era mai vista una cosa del genere”, commentava un ragazzo
ieri sera in piazza Verdi. “Con Merola ci sono già stati tanti sgomberi
quanti se ne contarono nel mandato Cofferati- faceva notare un altro-
la differenza è che ora se ne parla meno”. Del resto, ai tempi delle
ruspe sul lungo Reno o della guerra ai lavavetri, il più fido scudiero
del Cinese si chiamava Merola Virginio. Così, anni dopo, siamo sempre
allo stesso punto. All’epoca, Cofferati a Bologna e diversi suoi
colleghi in altre città pensavano di costruire il Pd su una base
legalitaria e autoritaria, convinti che il segreto del successo stesse
nel sottrarre alla destra il terreno della cosiddetta sicurezza. Oggi,
che il progetto del Pd è ampiamente fallito, Merola & co. cercano di
restare a galla puntando sullo stesso, identico, eterno cavallo. Sempre
uguale a se stesso, spacciato per vincente (?) sul piano elettorale ma
clamorosamente perdente su quello sociale.
E’
qualcosa di genetico. Oppure di ideologico, verrebbe da dire,
parafrasando l’accusa con cui a Palazzo D’Accursio si tenta di liquidare
ogni espressione di dissenso. La vicenda del referendum
contro i finanziamenti comunali alle scuole private ne è un perfetto
esempio. L’atteggiamento con cui Merola e Giunta hanno deciso di
affrontare l’appuntamento, del resto, fa perfettamente il paio con
quanto già affermato in tema di sicurezza. Stessa arroganza, stessa
incapacità di ascoltare le parti vive della città, stessa determinazione
nel passare con un rullo compressore su chi è visto solo come un
intralcio, un incidente di percorso, un errore del sistema. Approccio
che, nel caso del referendum, si fa anche più interessante (per gli
amanti del genere) perchè si tuffa ancora più allegramente
nell’autolesionismo. C’è da scommettere, infatti, che molte delle
persone che hanno firmato per chiedere la consultazione e che domenica
andranno a votare “A” sono (erano?) elettori Pd. Ed è anche a loro,
dunque, che l’amministrazione dice “volete male ai bambini della città”
oppure “comunque vada il referendum, noi i finanziamenti alle private
continueremo a darli”. Con buona pace della famosa “partecipazione”,
puntualmente declamata nei tre giorni successivi all’ennesimo tracollo
subìto. L’importante, poi, è fare un paio di riunioni del partito in
cui, alla luce dell’ennessima sberla ricevuta, ci si chiede “ma perchè
la gente non ci capisce? Perchè?”. Già. Chissà perchè.
Tornando a piazza Verdi, cosa resta dell’intensa serata di ieri? Solo
l’ordinaria follia di Comune e forze dell’ordine? No, per fortuna.
Resta anche la resistenza che, ancora una volta, la composizione sociale
che vive la zona universitaria ha voluto e saputo mettere in campo. Alla provocazione poliziesca, chi era davanti al 38 ha reagito.
Il fatto che con i militanti dei collettivi ci fossero decine di persone
che semplicemente non hanno accettato di rinunciare a vivere la zona
universitaria, con una risposta collettiva determinata e spontanea, dimostra che il prolungato tentativo di normalizzazione e disciplinamento è ancora lontano dal vincere.
Nel frattempo, non c’è rischio di sbagliare: oggi e per chissà quanti
giorni su quanto successo ieri sera pioveranno commenti imbevuti di
puntuale “responsabilità”. Pdl e Lega vomiteranno fiumi di “l’avevamo
detto” e di “è inaccettabile”, probabilmente conditi da qualche “ora
Alfano mandi l’esercito”. Il Pd farà di tutto per non essere da meno,
manifesterà vibrante indignazione e si avventurerà sul terreno “ora
basta, la misura è colma”. Amen. Ah, no. C’è anche Sel, giusto. A volte
ce lo si dimentica. Niente panico, i vendoliani hanno già parlato.
Subito, ieri sera, a caldo. La presidente del quartiere San Vitale,
Milena Naldi, ha raggiunto vette che neanche con le dichiarazioni
sull’uso degli idranti
per sfollare piazza Verdi aveva mai toccato. “C’e’ un regolamento che
dovrà essere sempre rispettato”. Anche a costo di innalzare la tensione
fino a questo punto? “Mi verrebbe da dire di sì”, ha risposto ai
cronisti che la interpellavano. Oggi, commentando su Facebook l’articolo in cui Zic già ieri sera riportava queste
dichiarazioni, qualcuno ha serenamente dato alla presidente Naldi della
“imbecille”. Lei, dal suo profilo, ha risposto: “Accetto la critica”.
Amen, stavolta per davvero.
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