La ricapitalizzazione delle banche cipriote è un prova generale di quello che ci attende?
E’ possibile prevedere un “furto dei risparmi” in seno alla Comunità Europea e in Nord America in grado di portare alla confisca completa dei depositi bancari? A Cipro il sistema dei pagamenti è stato completamente perturbato, provocando così l’affondamento dell’economia reale. Pensioni e salari non vengono più erogati. Il potere di acquisto si è inabissato. La popolazione di Cipro è stata impoverita. Le piccole e medie imprese rischiano il fallimento. La popolazione di Cipro è di un milione di persone. Che cosa succederà se si “rasa” in questo modo il sistema bancario dagli Stati Uniti, dal Canada, e nell’Unione Europea? Secondo l’Institute of International Finance (IIF) con sede a Washington che rappresenta la posizione del sistema finanziario “ l’approccio cipriota che consiste nello sfruttare i depositi e i crediti quando le banche sono in situazione critica diventerà probabilmente un modello per fare fronte ai crolli in Europa (Economic Times, 27 marzo 2013)”. Bisogna comprendere che, prima dell’assalto di Cipro, la confisca dei depositi bancari era stata prevista in più paesi. Inoltre, i potenti attori finanziari che hanno innescato la crisi bancaria a Cipro sono anche gli architetti delle misure di austerità socialmente devastanti imposte in seno alla Unione Europea e in America del Nord. Cipro è un modello o uno scenario? Questi importanti attori della finanza hanno delle “lezioni da impartire” che possono essere dunque applicate a uno stadio ulteriore della situazione bancaria dell’eurozona? Secondo l’Institute of International Finance (IIF), “attaccarsi ai depositi” potrebbe diventare la “nuova norma” di questo progetto diabolico, utile agli interessi dei gruppi finanziari mondiali. Il FMI e la banca Centrale Europea approvano questa nuova norma. Secondo l’IIF, portavoce dell’elite bancaria, “sarà opportuno per gli investitori considerare le conseguenze a Cipro […] come un riflesso del modo in cui le future tensioni saranno trattate” (cit. in Economic Times, 27 marzo 2013.) “Pulizia finanziaria”. La ricapitalizzazione negli Stati Uniti e in Gran Bretagna Si tratta di un processo di “pulizia finanziaria” attraverso cui le banche europee e nordamericane “troppo grosse per fallire” ( Citi, JPMorgan Chase e Goldman Sachs, per esempio) contribuiscono a destabilizzare le istituzioni finanziarie di dimensioni inferiori con l’obiettivo di prendere presto o tardi il controllo di tutto il “sistema bancario”. La tendenza soggiacente a livello nazionale e internazionale è la centralizzazione e la concentrazione del potere bancario, che portano simultaneamente a un declino eclatante dell’economia reale. Le ricapitalizzazioni sono state previste in numerosi paesi. In Nuova Zelanda un “piano di attacco” è stato progettato nel 1997, in parallelo alla crisi finanziaria asiatica. Esistono delle clausole sulla confisca dei depositi bancari nel regno Unito e negli Stati Uniti . In un documento congiunto della Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) e della Banca d’Inghilterra intitolato “Resolving Globally Active, Systemically Important, Financial Institutions” (Soluzione delle difficoltà delle istituzioni finanziarie attive a livello mondiale e di importanza sistemica) sono messe in evidenza delle procedure esplicite attraverso cui “i fondi dei creditori originari delle compagnie in difficoltà”, vale a dire i fondi dei depositi della banca in difficoltà, sarebbero trasformate in “capital action”, ( vedi, Ellen Brown, It Can Happen Here: The Bank Confiscation Scheme for US and UK Depositors, Global Research, marzo 2013.Questo significa che il denaro confiscato dai conti bancari sarà utilizzato per rispondere agli obblighi finanziari della banca in difficoltà. In compenso, i detentori dei depositi bancari confiscati diventerebbero azionisti di una istituzione finanziaria in crisi al limite del fallimento. Dall’oggi al domani, i risparmi saranno trasformati in un concetto illusorio di proprietà di capitale. La confisca dei risparmi sarà adottata sotto la forma di “compensazione” fittizia in azioni. Si prevede l’applicazione di un processo selettivo di confisca dei depositi bancari con il fine di coprire i debiti provocando la scomparsa delle istituzioni finanziarie “più deboli”. Negli Stati Uniti, la procedura eluderà le clausole della Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), che assicura i titolari di depositi contro i fallimenti bancari: Nessuna eccezione è prevista per i “depositi assicurati” degli Stati Uniti, vale a dire quelli inferiori a 250 mila dollari che crediamo protetti dell’assicurazione della FDIC. Difficilmente può trattarsi di una omissione dal momento che è la stessa FDIC ad emettere questa direttiva. La FDIC è una compagnia di assicurazioni sostenuta dai premi pagati dalle banche private. La direttiva si chiama “processo di risoluzione” definita come un piano “da applicarsi in caso di fallimento di un assicuratore”. La sola menzione dei “depositi assicurati” è legata alla legislazione vigente nel Regno Unito e che la direttiva FDIC-BOE qualifica inadeguata intendendo che deve essere modificata se non superata (ibid).I titolari del deposito non sono eleggibili alla copertura dell’assicurazione depositi della FDIC perché viene data loro una falsa compensazione. Il progetto canadese della confisca dei depositi La dichiarazione più candida della confisca dei depositi bancari come mezzo di “salvataggio delle banche” è formulata in un documento pubblicato recentemente dal governo canadese, il “Piano d’azione economica 2013. Occupazione, crescita e prosperità a lungo termine”. Quest’ultimo è stato presentato alla Camera dei Comuni dal ministro delle Finanze Jim Flaherty il 21 marzo nel quadro di un cosiddetto progetto “pre-budget”. Una sezione corta del rapporto di 400 pagine intitolata “instaurare un panorama di gestione dei rischi per le banche nazionali importanti a livello di sistema” identifica la procedura di ricapitalizzazione per le banche commerciali canadesi. Il termine “confisca” non è menzionato. Il gergo finanziario serve a oscurare le vere intenzioni, che consistono essenzialmente nell’impossessarsi dei risparmi dei cittadini. In virtù del progetto canadese di “gestione dei rischi”: Il governo propone di stabilire un regime di ricapitalizzazione interna per le banche di importanza a livello di sistema.Questo significa che se una o più banche (o cassa di risparmio) fossero obbligate a “impiegare i propri fondi” per rispondere alla domanda dei propri creditori, le banche sarebbero ricapitalizzate tramite la conversione decisamente rapida di alcuni [loro] passivi in fondi propri regolamentari”. Per “diverse passività” si intende (in gergo) i soldi che la banca deve ai propri clienti, vale dire i propri clienti depositari, i cui conti bancari sarebbero confiscati in cambio di azioni (capital action) di una istituzione bancaria “ in crisi”. È insensato dire che “questa misura ridurrà i rischi per i contribuenti”. Questo significa in realtà che il governo non darà alcun finanziamento per compensare i clienti depositari vittime di una istituzione in fallimento, né verrà in aiuto alla medesima. I depositari saranno invece obbligati ad abbandonare i propri risparmi. Le risorse confiscate saranno in seguito utilizzate dalla banca per onorare i propri impegni con le grandi istituzioni finanziarie creditizie. In altre parole, questo piano è una “rete di sicurezza” di sicurezza per le banche troppo grosse per poter fallire, un meccanismo che permetterebbe loro, in quanto istituti di credito, di eclissare le istituzioni bancarie di dimensioni minori, casse di risparmio incluse, contribuendo al loro declino e assumendone il controllo. Il panorama finanziario canadese Il programma di gestione di rischio e di ricapitalizzazione è cruciale per tutti i canadesi: una volta adottato dalla Camera dei Comuni nel quadro della finanziaria, le procedure di ricapitalizzazione potranno essere applicate. Il governo conservatore ha la maggioranza parlamentare ed è molto probabile che il Piano di Azione Economica, che contempla la procedura di ricapitalizzazione potrà essere applicato. L’applicazione generalizzata della “ricapitalizzazione” non è probabile, nel momento in cui il quadro gestione dei rischi del Canada lascia intendere che le banche canadesi “sono a rischio”, soprattutto quelle che hanno accumulato debiti importanti (a causa delle perdite sui prodotti derivati). Lo scenario seguente potrebbe concretizzarsi nel prossimo avvenire: “le cinque grandi banche” del Canada, la Banque Royale du Canada, la TD Canada Trust, la Banque Scotial Banque de Montreal, e la CIBC ( che hanno potenti associate che operano nella finanza statunitense) consolideranno la loro posizione a discapito delle banche e delle istituzioni finanziarie di minor calibro (a livello regionale). Il documento governativo suggerisce che la ricapitalizzazione potrà essere utilizzata in maniera selettiva nel “caso poco probabile in cui una (delle banche) non fosse più affidabile”. Questo sottintende che almeno una banca canadese “di importanza minore” o più potrebbe essere oggetto di una ricapitalizzazione. Una tale procedura porterebbe inevitabilmente a una concentrazione crescente del capitale bancario del paese, a vantaggio dei più grandi gruppi finanziari. Rimpiazzo delle casse di risparmio e di credito e delle banche cooperative a livello provinciale C’è un importante circuito di oltre 300 casse di risparmio e di credito e di banche di credito cooperativo a livello provinciale, che potrebbero essere il bersaglio delle operazioni selettive di “ricapitalizzazione”. Questo circuito comprende, tra tanti altri, il potente circuito Desjardins au Québec, la Vancouver City Savings Credit Union (Vancity) e la Coastal Capital Savings en Colombie-Britannique, Servus en Alberta, Meridian e le casse popolari dell’Ontario (affiliate a Desjardins). In questo contesto, sarà probabile assistere ad un indebolimento significativo delle istituzioni finanziarie cooperative provinciali. Queste hanno una relazione di governance con i loro membri (il consiglio amministrativo) e offrono attualmente una alternativa ai cinque grandi istituti bancari. Secondo dati recenti, ci sono più di 300 casse di risparmio e di credito e casse popolari in Canada, membri della “Credit Union Central of Canada”. Nuove norme: gli standard internazionali che regolano la confisca dei depositi bancari Il Piano di Azione Economica del Canada riconosce che il quadro di ricapitalizzazione proposto “sarà allineato sulle riforme apportate in altri paesi e sulle principali norme internazionali”. Il modello suggerito di confisca dei depositi come descritto nel documento del governo canadese è dunque conforme al modello delineato negli Stati Uniti e nell’unione Europea. Ad oggi, questa formula è un “punto di discussione” (a porte chiuse) nei diversi summit internazionali che riuniscono i governatori delle banche centrali e i ministri delle Finanze. L’ente con funzioni di regolamentazione coinvolto in queste consultazioni multilaterali è il Consiglio di Stabilità Finanziaria (CSF), situato a Bâle in Svizzera (immagine a destra). Il CSF è peraltro presieduto dal governatore della Banca del Canada, Mark Carney, che il governo britannico ha recentemente nominato capo della Banca d’ Inghilterra a giugno 2013. Con il titolo di governatore della Banca del Canada, Mark Carney ha giocato un ruolo chiave nell’elaborazione delle clausole di ricapitalizzazione per le banche di statuto canadese. Prima di avviare la sua carriera nel mondo delle banche centrali, era membro direttivo da Goldman Sachs, che ha svolto un ruolo nei retroscena per la creazione dei piani di salvataggio e delle misure di austerità nell’Unione Europea. Il mandato del CSF sarà di coordinare le procedure di ricapitalizzazione, coordinandosi con le “autorità finanziarie nazionali” e gli “organismi internazionali di normalizzazione”, fra cui il FMI e la BRI. Questo non dovrebbe sorprendere nessuno: le procedure di confisca dei depositi nel Regno Unito, negli Stati Uniti e nel Canada esaminati qui sopra sono evidentemente simili. La “ricapitalizzazione” bancaria in confronto al “salvataggio” bancario Nei piani di salvataggio, il governo alloca una porzione significativa dei proventi dello Stato alle istituzioni bancarie in crisi. Il denaro delle casse dello Stato viene convogliato ai gruppi bancari. Negli Stati Uniti, nel 2008-2009, un totale di 1450 miliardi di dollari è stato convogliato alle istituzioni finanziarie di Wall Street nel quadro dei piani di salvataggio di Bush e Obama. Questi piani erano considerati de facto come delle spese governative. Necessitano della istituzione di misure di austerità. I piani di salvataggio come il drammatico incremento delle spese militari sono finanziati dalla riduzione draconiana dei programmi sociali, come Medicare, Medicaid e della sicurezza sociale. Contrariamente al piano di salvataggio, finanziato dal Tesoro pubblico, la “ricapitalizzazione” implica la confisca (interna) dei depositi bancari ed è instaurato senza l’utilizzo di fondi pubblici. Il meccanismo regolatore è stabilito dalla banca centrale. All’inizio del primo mandato di Obama nel gennaio del 2009, è stato annunciato da Obama un piano di salvataggio bancario da 750 miliardi di dollari. Si aggiungeva a quello di 700 miliardi di dollari creato dall’ amministrazione Bush nel quadro del Troubled Assets Relief Program (TARP). In tutto, i due programmi raggiungono la somma astronomica di 1450 miliardi di dollari finanziati dal Tesoro degli Stati Uniti (bisogna comprendere che il peso reale dell’”aiuto” finanziario alle banche era significativamente oltre la cifra di 1450 miliardi di dollari). A questa somma si aggiungeva il peso stupefacente allocato per il finanziamento dell’economia di guerra di Obama (2010), 729 miliardi di dollari. I piani di salvataggio, insieme alle spese della Difesa (2189 miliardi di dollari) inghiottirono dunque la quasi totalità degli introiti federali, che si dimensionarono sui 2381 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2010. Conclusione Quello che sta succedendo è che i salvataggi bancari non funzionano più. All’inizio del secondo mandato di Obama le casse dello stato erano vuote. Le misure di austerità sono in panne. Oggi abbiamo di fronte i piani di ricapitalizzazione in luogo dei “piani di salvataggio”. Gli strati sociali a basso e medio reddito, invariabilmente indebitati, non saranno le vittime principali. L’appropriazione dei depositi bancari colpirà essenzialmente dalle classi medio alte in su, che possiedono depositi bancari significativi. I conti bancari dei piccoli e medi imprenditori saranno colpiti in seguito. Questa transizione fa parte della crisi economica e della criticità soggiacente alla applicazione delle misure di austerità. L’obiettivo degli attori finanziari internazionali è quello di annientare i concorrenti, di consolidare e centralizzare il potere bancario, di esercitare un controllo preponderante sull’economia reale, le istituzioni governative e l’esercito. Anche se i piani di ricapitalizzazione fossero regolamentati e applicati in maniera selettiva a un numero limitato di istituzioni finanziarie in difficoltà, le casse di risparmio e il credito, etc., l’annuncio di un programma di confisca dei depositi potrebbe portare a una “rovina generale delle banche”. In questo contesto, nessuna istituzione bancaria è al sicuro. L’applicazione (anche locale e selettiva) delle procedure di ricapitalizzazione che comportano la confisca dei depositi creerebbe un caos finanziario. Interromperebbe i processi di pagamento, i salari non sarebbero più versati, né sarebbero disponibili risorse per gli investimenti per le fabbriche e per le infrastrutture, il potere di acquisto crollerebbe, le piccole e medie imprese sarebbero costrette al fallimento. Se la ricapitalizzazione fosse messa in opera in seno all’Unione Europea e nell’America del Nord , darebbe inizio a una nuova fase di crisi finanziaria mondiale; intensificherebbe la depressione economica, intensificherebbe la centralizzazione bancaria e finanziaria come quella del potere imprenditoriale nell’economia reale a scapito delle imprese locali e regionali. In seguito tutto il circuito bancario mondiale, caratterizzato dalla transazioni elettroniche (che reggono i depositi e i prelievi , etc.), senza contare le transazioni monetarie sui mercati di borsa e la borse delle merci, potrebbe essere oggetto di perturbazioni sistemiche significative. Le conseguenze sociali sarebbero devastanti. L’Economia reale cadrebbe in seguito al crollo del sistema dei pagamenti. Le perturbazioni potenziali del funzionamento del sistema monetario mondiale integrato potrebbero dare luogo a un nuovo tracollo economico e di conseguenza un ribasso del commercio internazionale delle merci. E’ importante che i cittadini europei e nordamericani agiscano fermamente a livello nazionale e internazionale contro questi intrallazzi diabolici dei loro governanti che operano per conto degli interessi finanziari dominanti con il fine di creare un processo selettivo di confisca dei depositi bancari.
Michel Chossudovsky è
il direttore del Centro di ricerca sulla mondializzazione e professore emerito
di scienze economiche all’Università di Ottawa. È L’autore di Guerra
e mondializzazione, La
verità sull’11 settembre, e Mondializzazione della povertà e
nuovo ordine mondiale ( best –seller
internazionale pubblicato in più di 20 lingue).
Fonte: www.globalresearch.ca |
domenica 19 maggio 2013
LA CONFISCA DEI RISPARMI DEI CITTADINI “PER SALVARE LE BANCHE”: IL PROGETTO DIABOLICO DI “RICAPITALIZZAZIONE” BANCARIA DI MICHEL CHOSSUDOVSKY
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