La Costituzione, da quei tempi non è cambiata e Napolitano, che pure lo sa benissimo, anche in questi giorni è nuovamente sceso in campo a sostegno delle presunte riforme del governo Renzi, redarguendo duramente gli oppositori tacciati di inconcludente allarmismo. Dire che la attuale “riforma” del Senato è un’ulteriore riduzione o, come più elegantemente si dice, semplificazione degli strumenti della democrazia non è allarmismo; sostenere che il sistema che si prefigura, con la legge elettorale collegata, è tale da conferire un potere esorbitante al soggetto politico vincitore delle elezioni, fino a prefigurare il rischio di una involuzione autoritaria, è tutt’altro che infondato. Del resto, nella realtà più o meno confessata, è proprio questo potere di arbitrio, al riparo degli oppositori e dei disturbatori, quello che si vuole! Dire, guardando le cose da un angolo visuale ancora più concreto, che anche la riforma del Senato è funzionale a rendere sempre più saldo e incontrollato il potere dominante (che è quello della borghesia e della grande finanza europea) è la pura verità.
Napolitano fa leva su quella che si è diffusa come una isteria delle riforme: “ce le chiede l’Europa”, “senza riforme si muore!”, si dice indipendentemente dalla loro utilità e qualità. E’ come immaginare una persona che sta male e chiedere al medico di dargli una medicina, qualunque essa sia; anche se peggiora il quadro clinico e il paziente diventa moribondo, la cura va comunque fatta, anzi accentuata. Napolitano sostiene e ispira queste “riforme” in nome di una malintesa e distorta causa della salvezza nazionale. Parla, come vuole la liturgia corrente, di un Paese fermo, mentre gli altri correrebbero.
E’ una bugia, perché, in questi anni, non è vero che non ci sono state riforme: ce ne sono state tante, a getto continuo e sempre nella direzione prefigurata da Napolitano: in campo economico (taglio massiccio della spesa pubblica, liberalizzazioni e privatizzazioni), in campo sociale (due per tutte, “riforma” delle pensioni e abolizione di fatto dell’art.18), nel campo della semplificazione istituzionale (leggi elettorali, “riforme” costituzionali e dei regolamenti parlamentari). Il problema non è stata la mancanza delle riforme, ma è il loro bilancio fallimentare: la crisi si è aggravata, la disoccupazione è aumentata, la corruzione della vita pubblica, la disaffezione della gente dalla politica e dalle istituzioni sono paurosamente aumentate. Sarà il caso di invertire la rotta o di fermarsi almeno a riflettere?!
Napolitano fa il male, non il bene, dell’Italia. In un altro Paese democratico sarebbe stato soggetto a procedura di impeachment per aver, con insistenza e ostinazione, esorbitato dal ruolo di geloso custode della Costituzione. L’Italia, di fatto, vive già una condizione di Repubblica presidenziale ed è così che, giorno dopo giorno senza dirlo, si costruisce una democrazia autoritaria e poi un regime. Non ci si può rassegnare alla mancanza di una reazione.
LEONARDO CAPONI
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