In questi giorni sono impegnata nella battaglia parlamentare per
impedire lo stravolgimento della nostra Costituzione. Una battaglia -
lo so bene - senza speranza, il cui unico fine è quello di
sensibilizzare l'opinione pubblica sull'enormità di quanto sta
avvenendo. I parlamentari, che hanno finora goduto di un certo margine
di autonomia e libertà, diventeranno un domani delle marionette nelle
mani di tre o quattro oligarchi. Questo sarà l'effetto dell'abolizione
del senato elettivo e di una legge elettorale che prevede, accanto ad un
esorbitante premio di maggioranza, un' altrettanto esorbitante soglia
di sbarramento.
Di fronte alla protervia di chi persegue
l'obiettivo sordo ad ogni obiezione, prospettando addirittura delle
sedute notturne nella speranza di accelerare i tempi e piegare per
stanchezza i senatori dissidenti, sono spesso presa da un senso di
rabbia. Poi però, leggendo nei giornali le notizie di politica estera,
mi rendo conto che quella che si svolge in Italia è - almeno per il
momento - soltanto una farsa. Ben diverse sono le tragedie del mondo.
In Ucraina infuria una guerra civile,
irresponsabilmente fomentata dagli USA e dall'Europa. A farne le spese,
oltre ai civili residenti in loco, vi sono ora persone del tutto
estranee al conflitto come i poveri passeggeri dell'aereo malese
abbattuto (sulle responsabilità dell'evento non è al momento possibile
pronunciarsi: constato che in fatto di credibilità l'Occidente non può
dare lezioni a nessuno dopo le note menzogne sulle armi di distruzione
di massa iraqene e sul gas sarin siriano).
A Gaza è in corso il violento attacco israeliano che provoca centinaia di vittime innocenti:
donne, bambini, anziani, malati. Si tratta di un'azione che reagisce ad
un attacco terroristico con un terrorismo cento volte più feroce,
perché sostenuto da modernissimi mezzi tecnici e, soprattutto, perché si
abbatte su di una popolazione stremata, che è costretta a vivere in un
qualcosa che molto somiglia ad una prigione a cielo aperto.
Di fronte a questi spettacoli la mia rabbia si trasforma in profonda tristezza e in vergogna. L'Occidente ha molti crimini sulla coscienza.
Sempre però, in passato, vi era stata una tangibile opposizione alla
barbarie. Nel Cinquecento gli spagnoli si resero protagonisti di un vero
e proprio genocidio ai danni delle popolazioni autoctone del
Sudamerica. E tuttavia, accanto alla Chiesa che benediceva le armi
conquistatrici, vi erano i gesuiti che organizzavano gli indigeni in
modo comunitario; accanto agli apologeti dell'imperialismo spagnolo,
alta si alzava la voce di Bartolomeo de Las Casas e poi di Montaigne in
difesa della dignità di tutti gli uomini.
Nulla di tutto questo
sembra oggi accadere. La stampa nazionale ed internazionale appare un
coro unanime. Nessuna menzogna, nessuna contraddizione, nessuna
mistificazione viene evitata pur di difendere l'indifendibile.
L'aggressore diventa vittima ed il lupo diventa agnello. Chi distrugge
la democrazia diventa un nemico della casta.
Viene allora da
pensare che tra l'avanspettacolo italiano e la tragedia ucraina e
palestinese vi sia un elemento di contatto. Sono diverse espressioni di
un unico fenomeno, quello di un Occidente in declino che, avendo oramai
perduto i suoi valori più alti e universali, sa rispondere alla crisi
contemporanea soltanto con la forza e l'arbitrio.
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