Tutti a casa, compagni. La guerra è finita e noi la abbiamo persa. Per venti lunghi anni abbiamo dubitato del nostro Premier, lo abbiamo chiamato puttaniere, e lo abbiamo accusato di uso privato del suo potere. Sbagliato. L'uomo è in verità un politico integerrimo.
Altro
che rottamazione. È quello che ci grida, dall'alto dei suoi scranni, il
potere togato, quello stesso che abbiamo venerato per anni, e come
smentirlo ora, ora che ha trasformato in un niente il reato di
prostituzione minorile e di concussione?
Dalla pena massima,
sette anni, alla assoluzione totale. Innocente. Rimane in realtà un
pluricondannato, ma gli è stato tolto dalle spalle la più infamante
delle accuse - quella del bunga bunga - che lo ha ridicolizzato nel
mondo.
Altro che rottamazione renziana. Rottamato qui è il pilastro di una lotta politica. È la fine di un'era.
Ci rassegniamo dunque. Abbiamo sbagliato tutto. Del resto c'è chi vince e c'è chi perde, e tocca accettare le sconfitte.
Ma
prima di chiudere il cassetto (e per la mia generazione è solo
l'ennesimo, dopo aver chiuso quello della Rivoluzione, poi quello del
governo dei Migliori, e infine anche quello almeno e solo del governo
degli Onesti) vorrei qui condividere un paio di lezioni che porto con me
in questa sconfitta.
La prima è che la parte che mi fa più pena
di questa sentenza (sì, ho detto pena) non è la assoluzione dal reato di
prostituzione minorile. Non sono mai stata una moralista e chi se ne
frega se il premier ama fare cose così poco eleganti come le sue cene
eleganti. Di quelle cose al massimo doveva rendere conto alle sue donne,
che infatti gliela hanno fatte pagare. Penosa è l'assoluzione dal reato
di concussione. Fatemi capire: un premier può telefonare in Questura e
fare pressione sui dirigenti dello Stato, sui dipendenti da cui dipende
il rispetto della legge, e questo gesto non è pressione, è una legittima
iniziativa?
Sono un po' sensibile su questo tema perché anni fa mi capitò di intervistare a In mezz'ora Annamaria Fiorillo, la giudice minorile a cui toccava dare il parere finale sull'affidamento di Ruby alla Minetti,
parere che lei non diede. La giudice venne in televisione e tremava
come un agnello mentre raccontava le pressioni subite, le telefonate
ricevute, l'impazienza dei dirigenti della Questura, e ricordava il caos
e la tensione che la telefonata del Premier aveva scatenato. La giudice
era ancora scossa per le conseguenze di quella notte, ma c'eravamo
sbagliati. Tutti loro avevano sbagliato. Non si trattava altro che di
una telefonata del Premier che si informava su di una ragazza. Tutto
normale. E che sarà mai. Da domani però ogni volta che mia figlia mi
porta un pacco di multe, ci proverò anche io a chiamare in ufficio
contravvenzioni, per dire "Non sapete chi sono io". Tanto non è reato, e
forse mi va pure bene.
La seconda lezione da trarre da questa
sentenza è fare tanto di cappello al centrodestra italiano. Ha sempre
detto che i giudici sono politicizzati. Che sia vero? Oppure i giudici
sono molto attenti ai climi stagionali, come spiegarsi altrimenti
oscillazioni così radicali tra il massimo di una sentenza e la
assoluzione?
Però c'è da dire che un vantaggio c'è nell'attuale
soluzione: c'è da #starsereni. Quando nel futuro rileggeremo la storia
d'Italia il leader politico che ha firmato le riforme che cambieranno il
sistema in vigore dal 1948 non sarà definito un condannato, bensì un
politico integerrimo e, in più, perseguitato politico. C'è da
#starsereni appunto: abbiamo un padre della patria a fianco di Matteo
Renzi. Che poi questo era il punto, no? L'Italia aveva bisogno di
riforme, e se serviva farlo con un condannato, è bastato togliere la
condanna. Un classico caso di montagna che è andata da Maometto.
La
assoluzione risolve così il maggiore problema che aveva il Premier, e
il maggiore che il presidente Napolitano voleva risolvere. Si immagina
che il Presidente sia stato correttamente terzo mentre si giocavano i
destini di tante persone. Ma forse i giudici sanno interpretare oltre
che le parole anche i silenzi. E in ogni caso, coerenti con quello che
pensiamo, non arriveremo a contestare neanche questa loro decisione.
Una
generazione esce sconfitta da questa sentenza, ha avuto torto. Ma
speriamo che chi ha vinto abbia davvero ragione, e che sia valsa tutta
la pena che si è dato. Non vorrei trovarmi poi nei panni di chi è
vittorioso a breve e si vergognerà in futuro.
Berlusconi assolto, il regime ha una forma stabile
di Contropiano.org
Prendiamo la notizia nuda e cruda dal Corriere
online: "I giudici della seconda Corte d’Appello di Milano hanno assolto
Silvio Berlusconi, imputato per concussione e prostituzione minorile
nel processo Ruby, per entrambi i capi di imputazione. In primo grado
l’ex premier era stato condannato a 7 anni . A proposito dell’accusa di
concussione, i giudici dell’Appello hanno detto che “Il fatto non
sussiste” . Riferendosi all’accusa di prostituzione minorile invece è
stato scritto che i fatti a lui contestati “non costituiscono reato” .
Il collegio presieduto da Enrico Tranfa ha quindi emesso una sentenza
che va nel senso opposto rispetto alla condanna a 7 anni e
all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, inflitta all’ex premier
nel processo di primo grado dal collegio presieduto da Giulia Turri il
24 giugno 2013. Le motivazioni sono attese entro 90 giorni".
Dunque: telefonare alla questura per far rilasciare una minorenne
fermata con l'accusa di furto non è concussione (costringere o
"convincere" un pubblico ufficiale a fare il conrario di quello che
dovrebbe fare); fare sesso con una minorenne non è reato se fai finta di
non sapere la sua età (se sei abbastanza potente, non come il marito
della Mussolini); Ruby è probabilmente la nipote di Mubarak o poteva
sembrarlo.
Non ci interessa qui entrare nel merito di un processo di cui, come
tutti, conosciamo soltanto i rendiconti giornalistici e non "le carte
processuali". Ma a nessuno può sfuggire il significato politico di
questa sentenza, così come non può sfuggire l'olimpica calma con cui
stavolta il Caimano ha atteso la sentenza. Né l'insistenza con cui ha
tenuto buoni i suoi nel mantenere fede al "patto del Nazareno" con
Renzi, di cui - sia detto per chiarezza - ben pochi conoscono il vero
contenuto.
L'impressione è dunque fortissima: il regime si è stabilizzato, il
blocco che ha portato Renzi a palazzo Chigi si è preoccupato di salvare
l'ex Cavaliere per evitare lacerazioni pericolose nel blocco sociale
egemone (tra un'ala moderna ed "europea" e una "sanfedista", arretrata,
criminogena e criminale) e in cambio di una mano sostanziosa al processo
di stabilizzazione. Quello che avviene in parlamento è lo specchio
esatto di questo appeasement che evita altri morti e feriti
nella classe dirigente, specie ora che il "cambio generazionale" è
avvenuto e le vecchie diatribe del passato possono essere messe
nell'armadio insieme a tutti gli altri scheletri della Repubblica
italiana. Berlusconi è un "costituente" del nuovo regime, quindi può
esser salvato e accompagnato all'uscita senza quest'ultimo disonore.
Notiamo, incidentalmente, che il cambio di linea della magistratura
coincide con il "nuovo clima politico", quello in cui tutto l'arco dei
principali dirigenti politici esce fuori dall'alveo democristiano,
massone, piduista, ormai decisamente padrone anche del cosiddetto
Partito Democratico.
Sarebbe sperabile che quanti hanno avuto l'idea che votando "utile",
ovvero Pd, si contribuiva a "battere la destra e Berlusconi" riescano
ora finalmente ad accendere il cervello. Qui il gioco della democrazia è
finito da un pezzo, anche formalmente. E il regime non presenta più
alcuna smagliatura tra una presunta "destra" e una ancor più presunta
"sinistra". A livello delle politiche economiche e istituzionali comanda
la Troika (Unione Europea, Bce, Fmi); al livello dell'"amministrazione"
c'è invece un personale ampiamente interscambiabile, dall'identità
inesistente e corrotta ancor prima di arrivare a una qualsiasi poltrona.
Come cinguettano tutti i Tg, "l'assoluzione di Berlusconi rafforza il
patto del Nazareno e zittisce i frondisti di tutti gli schieramenti".
Appunto. Non l'opposizione sociale che, a questo punto, deve guardare
altrove per trovare anche un'espressione o una rappresentanza politica.
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