L'arte della guerra. L'abbattimento
dell'aereo malese sui cieli dell'Ucraina non è ancora chiaro. Eppure
gli Usa puntano subito il dito contro Mosca. Un perfetto casus belli,
come altri in passato. Che distrae dalla strage israeliana a Gaza
Una «tragedia globale»: così Obama ha definito
l’abbattimento dell’aereo malese in Ucraina nel colloquio telefonico
con Putin. Durante il quale ha accusato la Russia di armare i ribelli
ucraini, rifornendoli anche di missili antiaerei. In altre parole
ha accusato Mosca di essere, direttamente o indirettamente,
responsabile della tragica morte di 298 persone provenienti da
molti paesi del mondo. Versione accreditata da una serie di «prove»
che i servizi segreti statunitensi hanno diffuso via Kiev sui media
mondiali, poche ore dopo che l’aereo è precipitato: tra queste, la
comunicazione telefonica in cui un comandante ribelle riferisce
a un colonnello dell’intelligence militare russa che le forze
separatiste hanno abbattuto l’aereo, unita a un video che mostra,
nella zona controllata dai ribelli, una batteria russa Sa-11 da cui
manca un missile, quello che avrebbe abbattuto l’aereo.
Successivamente, il segretario di stato Kerry ha dichiarato alla Cnn
di avere le prove che Mosca non solo ha fornito ai separatisti
missili Sa-11 ma li ha addestrati a usarli. A questo punto la
commissione d’inchiesta internazionale appare superflua. Le
«prove» presentate da Washington avrebbero infatti già dimostrato
che l’aereo civile è stato abbattuto, non per errore ma volutamente
(i voli civili sono identificati da uno speciale codice), con una
batteria missilistica russa da russi ucraini di fatto sotto comando
russo, che subito dopo hanno telefonato all’intelligence militare
russa per confermare l’avvenuto abbattimento, pur sapendo che tutte
le comunicazioni telefoniche vengono intercettate.
Risultato: Mosca messa sul banco degli imputati dalla «comunità
internazionale» (leggi Stati uniti e loro alleati); i russi ucraini
bollati come terroristi; l’attenzione dei media focalizzata sulla
tragedia dell’aereo, facendo passare in secondo piano la tragedia
della strage israeliana dei palestinesi a Gaza.
Una tecnica collaudata, usata più volte da Washington, per fabbricare il casus belli.
Basti ricordare l’incidente del Golfo del Tonchino (l’attacco di
motosiluranti nord-vietnamite al cacciatorpediniere Usa Maddox,
rivelatosi poi falso), che nel 1964 permise al presidente Johnson
di avere carta bianca dal Congresso per estendere la guerra al Nord
Vietnam. O le prove sulle armi di distruzione di massa irachene,
presentate dal segretario di stato Powell al Consiglio di
sicurezza dell’Onu (rivelatesi poi false per ammissione dello stesso
Powell), che nel 2003 permisero al presidente Bush di avere carta
bianca dal Congresso per attaccare e occupare l’Iraq.
Poco importa se, nel 2024 o dopo, emergerà da qualche documento
desecretato che l’aereo malese fu volutamente abbattutto nel 2014
da una delle batterie Sa-11 di fabbricazione russa, schierate
pochi giorni prima dalle forze armate di Kiev a ridosso del
territorio controllato dai ribelli, una zona di guerra
stranamente non interdetta ai voli civili. E che l’intera
operazione era stata organizzata dai servizi segreti statunitensi.
L’importante è il risultato odierno: l’accusa alla Russia di essere
responsabile del voluto abbattimento dell’aereo malese (un atto
che, per Mosca, sarebbe suicida) permette al presidente Obama di
avere carta bianca dal Congresso per estendere la nuova guerra fredda
contro la Russia.
Il Congresso ha infatti adottato, il 17 luglio, «l’Atto di
prevenzione dell’aggressione russa», che garantisce a Ucraina,
Georgia e Moldavia lo status di «maggiori alleati non-Nato degli
Stati uniti», autorizzando il Presidente a fornire a questi e ad
altri paesi dell’Est, direttamente e attraverso la Nato, il massimo
aiuto militare ed economico in funzione anti-Russia.
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