mercoledì 27 marzo 2013

Partito Sociale. L'esperienza di Lodi parla a tutti di Andrea Viani




Se non siamo nelle istituzioni parlamentari siamo politicamente morti!
Voilà, in una battuta, la fede del cretinismo parlamentare: una fede praticata da due potenti confessioni dogmatiche:
1. il cretinismo parlamentare di destra che per entrare nelle istituzioni parlamentari è pronto a qualsiasi alleanza
2. il cretinismo parlamentare di sinistra che, imputando l’esclusione dalle istituzioni parlamentari all’alleantismo da cretinismo di destra, sostiene di poterci entrare unicamente correndo da soli
Orbene, dopo le ultime elezioni, da soli o male accompagnati, siamo e saremo fuori e morti.
Ma, poiché tutte le fedi garantiscono grande futuro, anche il cretinismo parlamentare si obbliga a confermare il proprio, anzi ne conferma due: uno per ognuna delle sue due confessioni.
Ed è così che, per il prossimo congresso, il PRC, invece delle analisi necessarie per la pratica politica comunista, sarà costretto a discutere anche (spero non solo) di due pratiche confessionali:
1) muoversi verso il futuro, realistico, del cretinismo parlamentare di destra: “Siamo morti ma se diventiamo realisti ci possiamo intrufolare nel PD da soli, con Vendola o con Diliberto per ottenere qualche posto alle incombenti elezioni anticipate e da lì accumulare il consenso parlamentare che servirà per fare la rivoluzione”;
2) proiettarsi nel futuro, leggendario, del cretinismo parlamentare di sinistra: “Siamo morti ma se assumiamo la potenza soprannaturale della purezza comunista possiamo restare morti per qualche tempo e poi, “incrociando” falce e martello, risorgere in parlamento per fare la rivoluzione”.
Nel frattempo i proletari in carne ed ossa e in terribile solitudine, subiscono l’unico futuro, concreto, che il capitale sta attuando: il rapido immiserimento, tipo Grecia, delle immediate condizioni organiche di vita (taglio di salari, pensioni, occupazione, servizi sociali, sanitari e assistenziali, rincaro dei beni di prima necessità, sfratto, ecc.).
Nessuno organizza (o si pone il problema di organizzare) la necessaria e urgente difesa da tale immiserimento organico. Non le organizzazioni sindacali legittimamente “ridotte” a trattare il minor peggioramento possibile delle condizioni contrattuali, occupazionali, pensionistiche degli iscritti rimasti, non i movimenti legittimamente mobilitati sulle loro particolari rivendicazioni e solo su quelle (acqua, rifiuti, energie alternative, trasporti, inceneritori, gassificatori, no tav, no ponte, no gas, no mafia, no omofobia, no femminicidio, ecc.).
Non lo fa neanche il partito che pure ha deliberato in congresso le pratiche e l’organizzazione del “partito sociale” per la difesa delle immediate condizioni organiche di vita dei proletari (tutto il cretinismo parlamentare lo ha accettato poiché sperava di ricavarci un po’ di voti).
Certo c’è chi ha provato e prova a fare queste pratiche puntando a costruire il Partito Sociale. Distribuendo beni GAP di prima necessità nei mercati di quartiere, ha incontrato i bisogni di famiglie di proletari italiani e stranieri sfrattati, licenziati, con figli in difficoltà scolastica; ha organizzato risposte concrete (comitati inquilini, fondo di solidarietà per licenziati senza ammortizzatori e senza assegno di disoccupazione, scuola di recupero gratuita, ecc.); ha realizzato il loro riconoscimento istituzionale con delibere di convenzioni particolari strappate alle amministrazioni comunali anche dall’esterno del consiglio comunale.
I chierici delle due citate confessioni, significativamente d’accordo, diranno (anche perché l’hanno già detto) che tutto questo è economicismo extraparlamentare.
Una critica già autorevolmente respinta lo scorso secolo:
“La partecipazione alla lotta parlamentare è solo una parte della lotta di classe politica/rivoluzionaria. […]
Il partito politico del proletariato … sa benissimo che per il suo successo (per il successo della lotta di classe politica/rivoluzionaria) … è assolutamente necessaria la fiducia della maggioranza dei lavoratori (e di conseguenza della maggioranza della popolazione). […] Soltanto dei mascalzoni … cretini parlamentari "esigono" che siano assolutamente necessarie le elezioni per determinare la fiducia della maggioranza dei lavoratori (e di conseguenza della maggioranza della popolazione). […] Ma questa fiducia, questo appoggio non sono le elezioni a deciderli, ma si conquistano con una lunga, difficile, dura lotta di classe. […] … la simpatia della maggioranza dei lavoratori è dimostrata non da votazioni, ma dallo sviluppo di un partito, dall'aumento del numero dei suoi membri nei soviet (dalla lotta politica, n.d.r.), o dal successo di uno sciopero (dalla lotta economica n.d.r.)…
Lenin, Saluto ai comunisti italiani, francesi e tedeschi, 10 ottobre 1919
“Nell’organizzazione della classe, è sbagliato contrapporre … la lotta politica e la lotta economica tendendo a sostituire nella pratica il predominio di una delle due lotte alla loro necessaria complementarietà, la quale esiste obbligatoriamente a partire dalla ricerca delle obiettive tendenze economi­che di sviluppo del campo capitalistico in cui si deve agire".
Lenin, Lo sviluppo del capitalismo in Russia. Processo di formazione del mercato interno del 1898
Si dirà :“ok! rimane però il problema elezioni”
Sempre lo scorso secolo la questione è stata adeguatamente affrontata:
“… la partecipazione alle elezioni parlamentari e alla lotta dalla tribuna parlamentare è obbligatoria per il partito del proletariato … al fine di … ridestare le masse … conquistarne la fiducia. Fino a che non siete in condizione di sciogliere il parlamento borghese e tutte le altre istituzioni reazionarie d’altro tipo, avete l’obbligo di lavorare all’interno di tali istituzioni appunto perché in esse si trovano ancora degli operai ingannati … e sviati.
Lenin, L’estremismo, malattia infantile del comunismo – VII Partecipare ai parlamenti borghesi?
In definitiva:
1) … date le obiettive tendenze economi­che di sviluppo del campo capitalistico in cui si deve agire bisogna
2) fare lotta economica salariale (sindacato) e sociale (partito sociale) di difesa della classe colpita dalle obiettive tendenze del capitale;
3) fare lotta politica di classe (partito comunista) nella prospettiva di … abolire lo stato di cose presente (… sciogliere il parlamento borghese e tutte le altre istituzioni reazionarie d’altro tipo …)
4) fare lotta politica parlamentare (… lavorare all’interno delle istituzioni … Fino a che non si è in condizione di sciogliere …)
Così la pensa, chi fa concretamente lotta di classe economica sociale organizzandola nel “partito sociale” e al tempo stesso, fa lotta di classe su tutti i quattro punti indicati, anche sul quarto.
Ecco allora che alle primarie per il candidato sindaco in un comune capoluogo provinciale di 43.000 abitanti (Lodi):
si sono presentati in 5: 3 candidati PD, 1 candidata proposta dal comitato “Lodi Comune Solidale” che comprende GAP/PRC, 1 candidata proposta dal comitato “Meglio Michela” appoggiato da SEL e che comprende gli esponenti dei movimenti acqua, urbanistica, banca etica, gas (movimenti coi quali GAP/PRC hanno sempre lavorato, lavorano e continueranno a lavorare)
hanno votato 3.192 persone in 9 seggi
al seggio di “città bassa” (la zona più popolare del comune) collocato nello spaccio/sede GAP/PRC, su 630 votanti (20% di 3.192), 303 (quasi il 50% del seggio) hanno votato la candidata GAP/PRC
la candidata GAP/PRC è arrivata seconda con 844 voti (il primo candidato PD ha ottenuto 1171 voti, il secondo 803 voti, la candidata sostenuta dai movimenti e da SEL 293 voti).

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