Borse
in profondo rosso, previsioni negative sulle prospettive dell’economia
reale (Fmi) e continue voci di un imminente declassamento dell'Italia da
parte di Moody's, mentre in Europa la tensione tra gli investitori per
una possibile estensione del 'modello Cipro' non si placa. E’ in questo
quadro che Monti si appresta a compilare il Def (ex Dpef), il documento
economico e finanziario che serve ad impostare la sequela delle manovre
primaveril-autunnali.
Un 2013 ancora in piena crisi (contrariamente alle farneticazioni dello stesso Monti pochi mesi fa) con un pil ancora in calo dell'1,3% e il deficit in rialzo al 2,4% (al 2,9% con il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione verso i privati). La pressione fiscale, però, aumenta (sic!) tagliando il nuovo record ufficiale del 44.4%, così come la disoccupazione. Se il fisco non ha segnato quota 45,3%, così come era nelle previsioni, è solo perché la recessione sta picchiando duramente. In attesa che il Governo presenti l'intero Def entro il prossimo 10 aprile Standard & Poor’s ci mette, insieme alla Francia, tra le economie a rischio nell’ambito europeo, a causa della devastazione dell’economia manifatturiera e il forte calo delle esportazioni. Il paradosso è che ci sono tutte le condizioni per una nuova aggressione della speculazione internazionale proprio mentre i cosiddetti parametri del deficit sembrano essere sotto la soglia di sicurezza. Insomma, del cosiddetto equilibrio di bilancio a questo punto non sappiamo che farcene. Così come non serve a niente riconsolarsi con la tenuta del sistema finanziario. Le banche godono ottima salute, come segnala il Fmi, e allora? Mentre a Torino stanno per fermarsi i trasporti pubblici per mancanza di fondi e in Sicilia il ciclo di raccolta dei rifiuti ha un miliardo di debiti, gli italiani dovrebbero essere tutti contenti perché le banche hanno la pancia piena e il deficit pubblico è sotto controllo (fino a quando lo spread non rialza la testa come sembra fare proprio in queste ore). A proposito di spread, la contorsione mentale che Monti esegue per dimostrare che “tutto va bene madama la marchesa” ha dell’incredibile: nel Def, il governo ha infatti ridotto di 5,3 miliardi la stima per la spesa interessi. Quest'anno si attestera' a 83,9 miliardi (86,7 nel 2012) contro la precedente previsione di 89,2 miliardi dello scorso novembre ma salira' comunque a 90,3 miliardi nel 2014. La crescita? “Andra' oltre l'1% grazie anche ad un'accelerazione impressa dal pagamento dei debiti”. Non è assurdo? Il Governo fa una stima sulla crescita a partire da una valutazione tutta teorica sull’immissione di risorse. Non dice, però, che l’importo dei crediti è stato già ampiamente scontato dagli interessi incassati dalle banche, che ne mentre hanno rilevato i crediti delle aziende. L'occupazione, infine, non dà segni di ripresa: il Def prevede un peggioramento della stima del tasso di disoccupazione che tocchera' quest'anno l'11,6%, piu' dell'11,4% previsto dal precedente aggiornamento. E a meno di interventi la disoccupazione salira' ulteriormente all'11,8% nel 2014.
Un 2013 ancora in piena crisi (contrariamente alle farneticazioni dello stesso Monti pochi mesi fa) con un pil ancora in calo dell'1,3% e il deficit in rialzo al 2,4% (al 2,9% con il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione verso i privati). La pressione fiscale, però, aumenta (sic!) tagliando il nuovo record ufficiale del 44.4%, così come la disoccupazione. Se il fisco non ha segnato quota 45,3%, così come era nelle previsioni, è solo perché la recessione sta picchiando duramente. In attesa che il Governo presenti l'intero Def entro il prossimo 10 aprile Standard & Poor’s ci mette, insieme alla Francia, tra le economie a rischio nell’ambito europeo, a causa della devastazione dell’economia manifatturiera e il forte calo delle esportazioni. Il paradosso è che ci sono tutte le condizioni per una nuova aggressione della speculazione internazionale proprio mentre i cosiddetti parametri del deficit sembrano essere sotto la soglia di sicurezza. Insomma, del cosiddetto equilibrio di bilancio a questo punto non sappiamo che farcene. Così come non serve a niente riconsolarsi con la tenuta del sistema finanziario. Le banche godono ottima salute, come segnala il Fmi, e allora? Mentre a Torino stanno per fermarsi i trasporti pubblici per mancanza di fondi e in Sicilia il ciclo di raccolta dei rifiuti ha un miliardo di debiti, gli italiani dovrebbero essere tutti contenti perché le banche hanno la pancia piena e il deficit pubblico è sotto controllo (fino a quando lo spread non rialza la testa come sembra fare proprio in queste ore). A proposito di spread, la contorsione mentale che Monti esegue per dimostrare che “tutto va bene madama la marchesa” ha dell’incredibile: nel Def, il governo ha infatti ridotto di 5,3 miliardi la stima per la spesa interessi. Quest'anno si attestera' a 83,9 miliardi (86,7 nel 2012) contro la precedente previsione di 89,2 miliardi dello scorso novembre ma salira' comunque a 90,3 miliardi nel 2014. La crescita? “Andra' oltre l'1% grazie anche ad un'accelerazione impressa dal pagamento dei debiti”. Non è assurdo? Il Governo fa una stima sulla crescita a partire da una valutazione tutta teorica sull’immissione di risorse. Non dice, però, che l’importo dei crediti è stato già ampiamente scontato dagli interessi incassati dalle banche, che ne mentre hanno rilevato i crediti delle aziende. L'occupazione, infine, non dà segni di ripresa: il Def prevede un peggioramento della stima del tasso di disoccupazione che tocchera' quest'anno l'11,6%, piu' dell'11,4% previsto dal precedente aggiornamento. E a meno di interventi la disoccupazione salira' ulteriormente all'11,8% nel 2014.
Secondo il Fmi, le banche italiane sono solide e la vigilanza di
Bankitalia funziona, ma il sistema e' comunque esposto ai rischi che
derivano dalla debolezza dell'economia reale e dal legame, stretto, con
il debito sovrano. Al termine della missione, ieri, che ha visto i
tecnici di Washington confrontarsi con Tesoro, Bankitalia, Ivass e
Consob, è tutto un volare di pacche sulle spalle e sorrisi di
convenienza. Ma le valutazioni, in un quadro del genere, sono al limite
dell’ipocrisia. Insomma, nessuna delle voci valutate come positive -
l'aumento delle riserve, il miglioramento dell'efficienza e della
redditivita' delle banche (grazie anche ai massicci licenziamenti),
l'elaborazione di un mercato dove liquidare gli asset deteriorati
(attraverso le bad company) e il rafforzamento del capitale, ove
necessario, sostegno di liquidita' della Bce – riguarda l’economia reale
e la condizione reale delle persone. Con l’orizzonte di uno scenario
macroeconomico sfavorevole, e anche tenendo conto della introduzione dei
requisiti di Basilea 3, tutti e due fattori molto penalizzanti per il
sistema bancario, gli istituti sono pronti ad attingere alle riserve. Da
una parte bruciando così l’appuntamento con gli investimenti, e la
ripresa; e fidando, dall'altro, sempre di più sul “parco buoi” dei
risparmiatori.
A dire che così la situazione non può reggere è addirittura un
pasdaran del monetarismo, come Giuliano Amato. Un euro poggiato su
politiche nazionali non puo' funzionare, fare austerita' a tutti i
livelli e' sbagliato e avere un fondo salva-Stati di 500 miliardi per
pagare debiti e non per fare crescita e' assurdo. ''Fin dal 92' ci siamo
messi su un binario sbagliato – ha detto l’ex presidente del Consiglio
al Parlamento Ue, presentando il libro scritto assieme all'eurodeputato
Pd Roberto Gualtieri - perche' una moneta unica affidata alle politiche
economiche nazionali non funziona, o funziona solo quando le cose vanno
bene, perche' appena vanno male ne risente tutto il sistema”. ''Ci vuole
qualcuno che faccia politiche anticicliche – ha concluso - quando gli
Stati attuano solo il rigore''.
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