Kemal Derviş, già
ministro dell’Economia della Turchia e Amministratore del programma UNDP delle
Nazioni Unitie, punta il dito sul ritorno del bel tempo nelle borse di tutto il
mondo, che hanno superato i livelli pre-crisi. Nel frattempo però, l’economia reale
continua a languire: l’Europa è in recessione e negli USA il recupero è
estremamente lento, mentre il salario reale dei lavoratori americani è crollato
significativamente e non sembra voler risalire. Sembrano le condizioni ideali
per una nuova bolla finanziaria globale.
di Kemal Derviş, da Project Syndicate
Dalla seconda
metà del 2012, i mercati finanziari hanno registrato un forte recupero in ogni
parte del mondo. Negli Stati Uniti, la media industriale del Dow Jones ha
raggiunto un massimo storico all’inizio di marzo, con un incremento di quasi il
9% rispetto allo scorso mese di settembre. In Europa, i “cannoni d’agosto” del presidente della Bce Mario
Draghi si sono rivelati molto efficaci. Draghi, infatti, è riuscito a far
dimenticare lo scivolone dell’euro promettendo un acquisto di bond dei governi
membri potenzialmente illimitato. Tra il 1° settembre e il 22 febbraio,
l’indice FTSEurofirst è salito di quasi il 7%. Anche in Asia, sempre da
settembre, i mercati finanziari hanno segnato un rialzo, quello giapponese in
particolare.
Persino le elezioni italiane, tenutesi a fine di febbraio, sembrano non avere turbato troppo i mercati, almeno finora. Sebbene, dopo l’annuncio dei risultati, gli spread dei bond decennali di Italia e Spagna sui Bund tedeschi abbiano subito un’impennata di 30-50 punti base, nel giro di poco si sono stabilizzati a quota 300-350 rispetto ai 500-600 punti base del periodo precedente la decisione della Bce di istituire il programma di transazioni monetarie dirette OMT.
Persino le elezioni italiane, tenutesi a fine di febbraio, sembrano non avere turbato troppo i mercati, almeno finora. Sebbene, dopo l’annuncio dei risultati, gli spread dei bond decennali di Italia e Spagna sui Bund tedeschi abbiano subito un’impennata di 30-50 punti base, nel giro di poco si sono stabilizzati a quota 300-350 rispetto ai 500-600 punti base del periodo precedente la decisione della Bce di istituire il programma di transazioni monetarie dirette OMT.
Questo
ottimismo da parte dei mercati finanziari, però, contrasta con gli avvenimenti
politici e con gli indicatori economici reali. Negli Stati Uniti, la
performance economica è migliorata in modo solo marginale nel 2012, con
il Pil annuo cresciuto del 2.3% rispetto all’1,8% del
2011. La
disoccupazione si è mantenuta a livelli elevati, pari al 7,8% alla fine del
2012, e negli ultimi anni i salari reali non sono aumentati quasi per
niente. Il reddito medio delle famiglie americane è ancora al
di sotto dei livelli del 2007 o, per meglio dire, vicino a quelli di vent’anni
fa, e circa il 90% degli incrementi di reddito nel periodo post-crisi sarebbero
stati realizzati da un ristretto 1% di famiglie.
Gli
indicatori che riguardano la zona euro sono addirittura peggiori. L’economia ha
subito una contrazione nel 2012, e i salari sono generalmente diminuiti, tranne
in Germania e in alcuni paesi nordici. Pur non avendo ancora a disposizione
dati definitivi, si può dire che la povertà nel Sud dell’Europa sia in aumento
per la prima volta da decenni.
Sul versante
politico, gli Stati Uniti si trovano di fronte a una impasse legislativa quasi
totale, e non sembra profilarsi all’orizzonte la possibilità di un compromesso
politico ottimale, come un aiuto a breve termine per rilanciare la domanda
effettiva associato a riforme strutturali e consolidamento fiscale di lungo
termine. In Europa, la Grecia è stata finora in grado di mantenere una
maggioranza parlamentare a sostegno del governo di coalizione, ma tanto lì
quanto altrove stanno guadagnando terreno partiti dall’orientamento
marcatamente populista.
I risultati
delle elezioni italiane potrebbero essere una spia della tendenza in Europa. Il
Movimento cinque stelle di Beppe Grillo, di stampo populista, ha totalizzato il
25% distinguendosi come il partito unico che ha ricevuto più voti. D’altro
canto, l’ex premier Silvio Berlusconi, spiazzando coloro che avevano previsto
la sua fine politica, è riemerso alla testa di una coalizione populista di
destra, che è riuscita a portarsi a soli 0,3 punti percentuali dalla vittoria.
Per farla
breve, stiamo assistendo a una rapida separazione tra mercati finanziari e
benessere socio-economico generalizzato. Negli Stati Uniti, così come in molti
altri Paesi, i profitti delle imprese quale quota del reddito nazionale sono
attestati su livelli elevati da decenni, e ciò è in parte dovuto al risparmio
sulla manodopera grazie alla tecnologia in vari settori. Inoltre, le grandi
società sono in grado di trarre il massimo vantaggio dalla globalizzazione (ad
esempio, con la riduzione dei pagamenti mediante l’arbitraggio fiscale).
Di
conseguenza, il reddito dell’élite globale sta crescendo in modo rapido e
indipendente da ciò che accade in termini di produzione complessiva e crescita
dell’occupazione. La domanda di beni di lusso è in piena espansione, mentre
quella di beni e servizi fruiti da gruppi a basso reddito è sempre più debole.
Tutto ciò
accade in uno scenario di politiche monetarie fortemente espansive e tassi
d’interesse vicini allo zero, tranne nei Paesi direttamente colpiti dalla
crisi. La concentrazione strutturale del reddito nella fascia alta si combina
con il denaro facile e la ricerca del rendimento, facendo lievitare i prezzi
delle azioni.
Eppure,
nonostante la diffusa preoccupazione per questioni quali povertà,
disoccupazione, disuguaglianza e forte concentrazione del reddito e della
ricchezza, non è ancora emerso alcun modello di sviluppo alternativo.
L’opposizione alle tendenze dominanti in Europa si divide tra ciò che troppo
spesso si rivela una sinistra “antiquata”, incapace di adeguarsi alle realtà
del ventunesimo secolo, e una destra populista, xenofoba e, in alcuni casi,
dichiaratamente fascista.
Negli Stati
Uniti, l’estrema destra ha molte caratteristiche in comune con i suoi omologhi
populisti europei. Tuttavia, grazie alla capacità d’integrazione politica del
bipolarismo americano, e nonostante la retorica del Tea Party, le forze
estremiste sono relegate ai margini. In particolare, il presidente Barack Obama
è riuscito ad accaparrarsi il sostegno della gente grazie al suo essere al
tempo stesso un idealista liberale e un realista centrista. Questo dualismo gli
ha permesso di vincere di nuovo le elezioni a fronte di un’economia debole e di
un mercato del lavoro che lo è ancora di più.
Ciò
nonostante, senza profonde riforme socio-economiche, la crescita del Pil
statunitense non potrà che essere lenta nel migliore dei casi, mentre il suo
sistema politico appare paralizzato. In nessun luogo è possibile trovare un
piano credibile per limitare la concentrazione di ricchezza e di potere,
migliorare le condizioni economiche delle fasce povere attraverso un
consistente aumento del loro reddito reale, e mantenere la stabilità
macroeconomica.
L’assenza di
un piano di questo tipo negli Stati Uniti (e in Europa) ha contribuito alla
separazione tra mercati finanziari e progresso economico generalizzato, poiché
suggerisce che i trend attuali sono politicamente sostenibili. Tuttavia, mentre
questo scollamento riuscirebbe a protrarsi per qualche tempo in mancanza di un
programma alternativo, l’enorme divario tra performance dei mercati finanziari
e benessere della popolazione non potrà reggere a lungo. D’altronde, nel
momento in cui i prezzi dei beni superano i limiti della realtà, l’unica cosa
che possono fare è ricominciare a scendere.
Fonte:
Project
Syndicate
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