Tempo
fa, m'è capitato di vedere una puntata pomeridiana di "Amici". Due dei
ragazzi in gara ritenevano d'aver subito una discriminazione, e che la
giuria facesse dei favoritismi, però è stato possibile capirlo soltanto
alla fine perché i due, pur essendo italiani, non conoscevano né la
parola "discriminazione" né la parola "favoritismo", e neanche loro
sinonimi.
Sono così andati avanti a protestare per quasi un'ora senza essere capaci di spiegarsi, davanti agli altri concorrenti altrettanto afasici.
La scena non era divertente, era angosciante.
Come assistere ad un annegamento senza poter intervenire.
Sono così andati avanti a protestare per quasi un'ora senza essere capaci di spiegarsi, davanti agli altri concorrenti altrettanto afasici.
La scena non era divertente, era angosciante.
Come assistere ad un annegamento senza poter intervenire.
I ragazzi annaspavano. S'aggrappavano a mozziconi di frasi piene di
pronomi, ma senza verbi, a relitti galleggianti di "insomma", "allora",
"dunque", e "perché" senza alcun riferimento. Agitandosi, sbracciandosi,
sempre più disperati.
A un certo punto, la ragazza ha cercato di difendere l'altro dall'accusa di "avere due facce" (doppiezza) dicendo: "Non è vero! Lui quello che fa davanti, lo fa anche dietro! Lui davanti e dietro è uguale!". Parole testuali, non ho aggiunto niente, non sto perculando, non si percula chi annega.
Sono stata lì sulla riva, impotente, a vederli affogare nei cristalli liquidi, finché Maria De Filippi è intervenuta, e ha coniato la parola "disequità". I ragazzi si sono illuminati, e ci si sono aggrappati come a una scialuppa di salvataggio. Hanno sorriso e annuito energicamente, confermandola come ciò che pensavano d'aver subito.
La giuria però ha negato, sostenendo di avergli preferito l'altra coppia di cantanti in gara per via della loro maggiore "armonicità". Da questo è partita un'altra diatriba che non ho avuto il coraggio di seguire.
Da quando Berlusconi è apparso sulla scena pubblica italiana promettendo oro, incenso e figa, prima da impresario televisivo e poi politico, ha inferto al paese danni sociali, economici e culturali incalcolabili, e forse irrimediabili.
Quelli economici sono oggi i più sentiti, ma quelli culturali sono i più gravi, e ce ne accorgiamo riconoscendo le sue stimmate proprio in chi oggi si proclama il suo più feroce oppositore, ed è in realtà il suo sequel, Grillo.
Il disprezzo arrogante per ogni forma di complessità. La concezione padronale della politica, e tribale della società.
Dopo vent'anni di sistematica deforestazione culturale, gli italiani sono regrediti talmente che ad una parte di loro persino Berlusconi risulta troppo sofisticato. Il Cavaliere aveva brutalmente semplificato le distinzioni, il Grillo cerca di annullarle del tutto. Vuole il 100%, o niente.
Questa settimana però, mentre la maggioranza degli eletti M5S annaspava tra i flutti dei cristalli liquidi in attesa dell'imbeccata del capo, una piccola ma significativa minoranza di loro ha fatto una distinzione. E ha fatto la differenza.
Riuscirà Bersani a cooptarli, per rimettere sui binari il suo piano di governo, deragliato dall'inatteso default di Monti?
Forse gli toccherà promettergli l'abolizione di Disequitalia.
A un certo punto, la ragazza ha cercato di difendere l'altro dall'accusa di "avere due facce" (doppiezza) dicendo: "Non è vero! Lui quello che fa davanti, lo fa anche dietro! Lui davanti e dietro è uguale!". Parole testuali, non ho aggiunto niente, non sto perculando, non si percula chi annega.
Sono stata lì sulla riva, impotente, a vederli affogare nei cristalli liquidi, finché Maria De Filippi è intervenuta, e ha coniato la parola "disequità". I ragazzi si sono illuminati, e ci si sono aggrappati come a una scialuppa di salvataggio. Hanno sorriso e annuito energicamente, confermandola come ciò che pensavano d'aver subito.
La giuria però ha negato, sostenendo di avergli preferito l'altra coppia di cantanti in gara per via della loro maggiore "armonicità". Da questo è partita un'altra diatriba che non ho avuto il coraggio di seguire.
Da quando Berlusconi è apparso sulla scena pubblica italiana promettendo oro, incenso e figa, prima da impresario televisivo e poi politico, ha inferto al paese danni sociali, economici e culturali incalcolabili, e forse irrimediabili.
Quelli economici sono oggi i più sentiti, ma quelli culturali sono i più gravi, e ce ne accorgiamo riconoscendo le sue stimmate proprio in chi oggi si proclama il suo più feroce oppositore, ed è in realtà il suo sequel, Grillo.
Il disprezzo arrogante per ogni forma di complessità. La concezione padronale della politica, e tribale della società.
Dopo vent'anni di sistematica deforestazione culturale, gli italiani sono regrediti talmente che ad una parte di loro persino Berlusconi risulta troppo sofisticato. Il Cavaliere aveva brutalmente semplificato le distinzioni, il Grillo cerca di annullarle del tutto. Vuole il 100%, o niente.
Questa settimana però, mentre la maggioranza degli eletti M5S annaspava tra i flutti dei cristalli liquidi in attesa dell'imbeccata del capo, una piccola ma significativa minoranza di loro ha fatto una distinzione. E ha fatto la differenza.
Riuscirà Bersani a cooptarli, per rimettere sui binari il suo piano di governo, deragliato dall'inatteso default di Monti?
Forse gli toccherà promettergli l'abolizione di Disequitalia.
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