domenica 17 marzo 2013

Grillo incastrato nell'antipolitica, ma la gente vuole risposte alla crisi


Grillo minaccia sfaceli all’interno della sua organizzazione contro chi ha “tradito” (ma che brutta parola quando si parla di politica!) l’M5S nel voto per decidere il presidente del Senato. Che ci piaccia o no, il “tradimento” è una delle categorie della politica. E chi ha messo nell’urna il suo voto a Pietro Grasso sapeva di non rispettare una delle regole dei grillini. E quindi ne deve trarre le “immediate conseguenze”. Si può discutere sul grado di “pena”, decisione che resta pericolosamente in mano al capo supremo; ma di questo stiamo parlando. Il punto non è quindi l’irascibilità di Grillo.
Il punto è interrogarsi sul tasso di democraticità di questa organizzazione politica e su che relazione ci sia tra il modello che propongono e la battaglia per una vera democrazia nel Bel Paese.
Ma davvero Grillo e Casaleggio pensano di governare questa fase politica a colpi di urla e minacce di abbandono? Vista l’età, che così dignitosamente portano, è più facile che prima gli arrivi il coccolone. Intanto, chi sta pagando questa crisi non vede l'alba.
Torna centrale una contraddizione ben presente ai commentatori e agli osservatori politici fin dalle prime battute dell’esordio politico dell’M5S: la battaglia contro la casta non è la battaglia contro la politica. E questo perché la politica ha un luogo suo esclusivo. Insomma, la battaglia contro gli interessi in politica non è la battaglia contro la mediazione degli interessi in politica. Si può discutere su quanto questa mediazione sia andata oltre in Italia, finendo per diventare la mediazione degli interessi nella casta della politica alimentata da una macchina del consenso di fatto sterilizzata da qualsiasi modificazione possibile, ma non si può annientare con un colpo di spugna la specificità della politica. E in politica bisogna dichiarare i propri interessi. E su questi scegliere una strategia. Tutto questo Grillo sembra non avercelo presente. Quindi, delle due l’una: o crede ancora che il suo “sfascismo” possa dare altro consenso, tale da avvicinarlo a quel 100% da lui indicato come obiettivo a breve, oppure ha in testa un modello “fascista” in cui non può esserci mediazione politica e tutto è nelle mani del capo, o delle cosiddette regole: la differenza è irrilevante. Si potrebbe dire che questo è il difetto dei neo-peronismi televisivi, ma non si andrebbe molto lontano. Il punto, osservato da sinistra, ha molto a che vedere con l’origine del movimento dei grillini, così lontani dalle lotte, così trasversali e quindi per niente legati ad una piattaforma politica definita. E’ lì il vulnus dell’azzeramento del tasso di democrazia dell’M5S. La presenza in Parlamento di ogni singolo deputato dell’M5S ha ben poco a che vedere con la procedura democratica, sebbene ammantata dal voto on line e mascherate del genere. Somiglia molto a una cooptazione. E sotto questo profilo non ci sono grandi differenze con il partito di Silvio Berlusconi, che divide con Grillo e Casaleggio la stessa origine massmediatica.
Come in altre fasi della storia italiana, ciò che ha portato sulla scena politica una formazione che si professa “palingenetica” è stato più che altro un “casus belli” e non una piattaforma programmatica. Grillo, da questo punto di vista, comincia da un “punto” che dire arretrato e provvisorio è davvero poco. E se la gestione è questa, i problemi non mancheranno.
E’ il momento della verità per l’M5S. E altri ne verranno. Affrontarla con urla e minacce o, peggio ancora, con i soliti anatemi contro la stampa, che sinceramente lasciano un po’ il tempo che trovano, non serve a niente. Grillo dovrebbe passare dal casus belli al programma politico e quindi alla politica. I suoi deputati dovrebbero rappresentare la loro storia di battaglia politica dai territori di provenienza, se ce l'hanno, e non comportarsi da ragionieri o, peggio ancora, da membri di un club esclusivo.
Uno dei segni più evidenti del voto di febbraio è stato il rifiuto dell’austerity. Questo Grillo non lo può negare. A lui la scelta se rappresentare il voto o la stretta cerchia del suo movimento. Sarebbe già una risposta importante. La crisi non aspetta. E chi la sta pagando meno che mai. Il resto sono i soliti numeri da circo. E se è questo allora possiamo dire che, caro Grillo, non è cambiato davvero niente.

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