Come vedono le grandi banche globali, gli squali
della finanza, l'avvento di Grillo nel panorama politico italiano ed
europeo? Con "entusiasmo". E non ci sembra un paradosso.
Vediamo prima la notizia e poi cerchiamo di capire cosa succede.
Jim O'Neill, il guru di Goldman Sachs, dice di trovare «entusiasmante» l'esito delle elezioni politiche di casa nostra. L'Italia, infatti, avrebbe «bisogno di cambiare qualcosa di importante» e forse «il particolare fascino di massa del Movimento 5 Stelle potrebbe essere il segnale dell'inizio di qualcosa di nuovo».
O'Neill è ora presidente di Goldman Sachs Asset Management, l'unità dei fondi di Goldman, e a lungo è stato il capo economista della merchant bank di New York. Tra i suoi molti studi sull'economia globale, il più celebre è forse quello del 2001 in cui ha inventato appunto il nome 'Bric', identificando un unico fenomeno economico nei quattro giganti a crescita accelerata, Brasile, Russia, India, Cina.
O'Neil ha diffuso ora uno studio dal titolo 'Riforme non vuol dire austerity', in cui mostra di non condividere affatto i timori per l'incertezza post-elettorale in Italia. "Forse un po' stranamente - scrive O'Neill - trovo il risultato abbastanza entusiasmante perché credo che un paese, il cui Pil sostanzialmente non è cambiato da quando l'Unione Monetaria è partita nel 1999, ha bisogno di cambiare qualcosa di importante. Forse questo risultato elettorale e il particolare fascino di massa del Movimento Cinque Stelle potrebbe essere il segnale dell'inizio di qualcosa di nuovo?"
"In secondo luogo, per le elite consolidate dell'Italia e fondamentalmente per gli altri 'centri di potere' dell'Europa, in particolare Berlino e Francoforte, penso che questi risultati siano molto vicini a un incubo", aggiunge l'economista, mettendo in discussione lo "status quo" che mette al primo posto l'imperativo della riduzione del debito.
In terzo luogo, "il vero problema dell'Italia è l'assenza di crescita economica, che ha causato la crescita del debito, e non sono cioé gli stessi problemi degli altri paesi dell'Eurozona. La posizione di bilancio dell'Italia aggiustata ciclicamente è oggi in modesto surplus, che virtualmente è meglio di tutti gli altri paesi sviluppati. Penso che restringere le politiche di bilancio di per sé, con un vago intento di riduzione del debito, non sia una strategia furba. L'Italia ha bisogno di riformare il proprio mercato produttivo e del lavoro, di sostenere la produttività nazionale e di riforme. Queste hanno bisogno anche del supporto della Germania e della Bce per restare nell'unione monetaria e, specialmente ora, di fermare una potenziale ulteriore escalation nella crescita dei rendimenti dei titoli di stato. In Italia le riforme non sono identificate con l'austerity, come gli elettori hanno appena mostrato".
Insomma. Nessuna demonizzazione del "comedian" esploso nelle urne, nessuna preoccupazione per lo tsunami a cinque stelle. Ma un grido di "entusiasmo" per l'occaasione di trasformazione che si presenta. E dire che proprio Goldman Sachs era stata al centro di molti discorsi piazzaioli di Grillo, ma anche del suo blog, che ha pubblicato spesso e volentieri - come anche noi, del resto - gli stretti rapporti d'affari tra la prima banca d'investimento globale, l'inventrice dei "prodotti finanziari derivati" da cui è partita l'attuale e infinita crisi finanziaria, e una pletora di politici europei.
Il giudizio del boss di Goldman Sachs arriva paradossalmente nello stesso giorno in cui Grillo veniva intervistato dalla tv greca, dove ha invitato i paesi indebitati d'Europa - i Piigs - ad allearsi contro le banche.
«Magari faremo una associazione di solidarietà tra noi. Stiamo vicini e facciamo le stesse battaglie. O creeremo una alleanza tra noi Pigs perché intanto ci abbandonano: appena si saranno ripresi i soldi, le banche tedesche e francesi ci mollano». «Se trovate uno come me in Grecia, potete iniziare a fare movimento di rete e fare meet-up, riunirvi e iniziare ad impattare nella politica le idee che avete nelle piazze». Non sarà facile, in Grecia hanno trovato Tsipras, mica Vendola...
La confusione sembra grande, e lo sarebbe anche di più se qui ci mettessimo a riferire di dichiarazioni di neodeputati che si dichiarano ammiratori di Chavez.
Una prima intuizione sul fatto che questo sconvolgimento - ancora prima dei risultati ufficiali - potesse non essere sgradito ai piani alti della finanza l'avevamo avuta già lunedì mattina (qui). Ora però c'è una conferma autorevolissima, proprio dall'interno del "cuore nero" della finanza globale.
La ragione a noi sembra evidente, persino solare, già nelle parole di O' Neil. Il vecchio quadro politico, italiano ed europeo, non ha la forza di mutare l'impianto con cui ha fin qui reagito alla crisi. I paesi indebitati sono sotto ricatto e quelli in attivo - come la Germania - fin qui ci hanno guadagnato, e non vedono quindi ragione di cambiare.
Sul piano nazionale, le "riforme strutturali" di Sacconi-Berlusconi.Monti (e prima ancora di Prodi-D'Alema-Treu), hanno prodotto - sì - una generazione di lavoratori precari totalmente individualizzati, perennemente sotto ricatto e privi sia di copertura che di coscienza almeno sindacale. Ma tanta "liquidità" del lavoro non riesce di per sè ad attivare "crescita". Anche perché contemporaneamente le aziende delocalizzano, in cerca comunque di costi ancora più bassi.
Bene. Lo stallo andava rotto e Grillo viene visto, anche da Goldman, come la leva che scassa l'esistente. Ma senza sostituirlo con nulla di funzionante. Quindi è "un'occasione" per prendere possesso ancora più facilmente di alcune leve di comando, di "suggerire" alcune nuove strutturazioni economiche e finanziarie.
Non si tratta - sia chiaro - di una "complicità" di Grillo o di Casaleggio e o del M5S con le banche. Al contrario, O' Neil considera il grillismo come un caterpillar che gli spiana inconsapevolmente la strada. Non è infatti un movimento che abbia un programma anche vagamente "socialista", redistributivo, socialmente "welfarista". Insomma: "pericoloso". Presenta invece una cultura che considera l'attuale sistema economico "non male", ma handicappato - in Italia - da frodi, ruberie, evasione fiscale, clientele, "costi della politica", ecc (tutti fenomeni veri, incontrovertibili, dannosi, intollerabili, ma tremendamente "secondari" rispetto al modo di produzione). Si tratterebbe insomma solo di "fare pulizia", e tutto riprenderebbe a funzionare bene con soddisfazione di tutti.
Anche la strombazzata intenzione di cancellare i sindacati, oltre che i partiti, non può certo esser vista male da uno che - assiso nel cielo di New York - vede scorrere i flussi degli umani come formiche dentro i recinti che lui stesso disegna sulla mappa del pianeta... Tutta quella "ingenuità" naif non può che farlo sorridere. E affilargli le unghie...
L'"entusiasmo" di O' Neil è insomma quello dello squalo che vede un varco nella rete dei pesci, del potente che vede sul punto di cadere la fortezza che stava assediando (pur intrattenendo con i suoi "capi" traffici molto redditizi). E' lo sguardo di chi vede insomma l'occasione per moltiplicare la propria influenza. Perché mai dovrebbe spaventarsi?
Vediamo prima la notizia e poi cerchiamo di capire cosa succede.
Jim O'Neill, il guru di Goldman Sachs, dice di trovare «entusiasmante» l'esito delle elezioni politiche di casa nostra. L'Italia, infatti, avrebbe «bisogno di cambiare qualcosa di importante» e forse «il particolare fascino di massa del Movimento 5 Stelle potrebbe essere il segnale dell'inizio di qualcosa di nuovo».
O'Neill è ora presidente di Goldman Sachs Asset Management, l'unità dei fondi di Goldman, e a lungo è stato il capo economista della merchant bank di New York. Tra i suoi molti studi sull'economia globale, il più celebre è forse quello del 2001 in cui ha inventato appunto il nome 'Bric', identificando un unico fenomeno economico nei quattro giganti a crescita accelerata, Brasile, Russia, India, Cina.
O'Neil ha diffuso ora uno studio dal titolo 'Riforme non vuol dire austerity', in cui mostra di non condividere affatto i timori per l'incertezza post-elettorale in Italia. "Forse un po' stranamente - scrive O'Neill - trovo il risultato abbastanza entusiasmante perché credo che un paese, il cui Pil sostanzialmente non è cambiato da quando l'Unione Monetaria è partita nel 1999, ha bisogno di cambiare qualcosa di importante. Forse questo risultato elettorale e il particolare fascino di massa del Movimento Cinque Stelle potrebbe essere il segnale dell'inizio di qualcosa di nuovo?"
"In secondo luogo, per le elite consolidate dell'Italia e fondamentalmente per gli altri 'centri di potere' dell'Europa, in particolare Berlino e Francoforte, penso che questi risultati siano molto vicini a un incubo", aggiunge l'economista, mettendo in discussione lo "status quo" che mette al primo posto l'imperativo della riduzione del debito.
In terzo luogo, "il vero problema dell'Italia è l'assenza di crescita economica, che ha causato la crescita del debito, e non sono cioé gli stessi problemi degli altri paesi dell'Eurozona. La posizione di bilancio dell'Italia aggiustata ciclicamente è oggi in modesto surplus, che virtualmente è meglio di tutti gli altri paesi sviluppati. Penso che restringere le politiche di bilancio di per sé, con un vago intento di riduzione del debito, non sia una strategia furba. L'Italia ha bisogno di riformare il proprio mercato produttivo e del lavoro, di sostenere la produttività nazionale e di riforme. Queste hanno bisogno anche del supporto della Germania e della Bce per restare nell'unione monetaria e, specialmente ora, di fermare una potenziale ulteriore escalation nella crescita dei rendimenti dei titoli di stato. In Italia le riforme non sono identificate con l'austerity, come gli elettori hanno appena mostrato".
Insomma. Nessuna demonizzazione del "comedian" esploso nelle urne, nessuna preoccupazione per lo tsunami a cinque stelle. Ma un grido di "entusiasmo" per l'occaasione di trasformazione che si presenta. E dire che proprio Goldman Sachs era stata al centro di molti discorsi piazzaioli di Grillo, ma anche del suo blog, che ha pubblicato spesso e volentieri - come anche noi, del resto - gli stretti rapporti d'affari tra la prima banca d'investimento globale, l'inventrice dei "prodotti finanziari derivati" da cui è partita l'attuale e infinita crisi finanziaria, e una pletora di politici europei.
Il giudizio del boss di Goldman Sachs arriva paradossalmente nello stesso giorno in cui Grillo veniva intervistato dalla tv greca, dove ha invitato i paesi indebitati d'Europa - i Piigs - ad allearsi contro le banche.
«Magari faremo una associazione di solidarietà tra noi. Stiamo vicini e facciamo le stesse battaglie. O creeremo una alleanza tra noi Pigs perché intanto ci abbandonano: appena si saranno ripresi i soldi, le banche tedesche e francesi ci mollano». «Se trovate uno come me in Grecia, potete iniziare a fare movimento di rete e fare meet-up, riunirvi e iniziare ad impattare nella politica le idee che avete nelle piazze». Non sarà facile, in Grecia hanno trovato Tsipras, mica Vendola...
La confusione sembra grande, e lo sarebbe anche di più se qui ci mettessimo a riferire di dichiarazioni di neodeputati che si dichiarano ammiratori di Chavez.
Una prima intuizione sul fatto che questo sconvolgimento - ancora prima dei risultati ufficiali - potesse non essere sgradito ai piani alti della finanza l'avevamo avuta già lunedì mattina (qui). Ora però c'è una conferma autorevolissima, proprio dall'interno del "cuore nero" della finanza globale.
La ragione a noi sembra evidente, persino solare, già nelle parole di O' Neil. Il vecchio quadro politico, italiano ed europeo, non ha la forza di mutare l'impianto con cui ha fin qui reagito alla crisi. I paesi indebitati sono sotto ricatto e quelli in attivo - come la Germania - fin qui ci hanno guadagnato, e non vedono quindi ragione di cambiare.
Sul piano nazionale, le "riforme strutturali" di Sacconi-Berlusconi.Monti (e prima ancora di Prodi-D'Alema-Treu), hanno prodotto - sì - una generazione di lavoratori precari totalmente individualizzati, perennemente sotto ricatto e privi sia di copertura che di coscienza almeno sindacale. Ma tanta "liquidità" del lavoro non riesce di per sè ad attivare "crescita". Anche perché contemporaneamente le aziende delocalizzano, in cerca comunque di costi ancora più bassi.
Bene. Lo stallo andava rotto e Grillo viene visto, anche da Goldman, come la leva che scassa l'esistente. Ma senza sostituirlo con nulla di funzionante. Quindi è "un'occasione" per prendere possesso ancora più facilmente di alcune leve di comando, di "suggerire" alcune nuove strutturazioni economiche e finanziarie.
Non si tratta - sia chiaro - di una "complicità" di Grillo o di Casaleggio e o del M5S con le banche. Al contrario, O' Neil considera il grillismo come un caterpillar che gli spiana inconsapevolmente la strada. Non è infatti un movimento che abbia un programma anche vagamente "socialista", redistributivo, socialmente "welfarista". Insomma: "pericoloso". Presenta invece una cultura che considera l'attuale sistema economico "non male", ma handicappato - in Italia - da frodi, ruberie, evasione fiscale, clientele, "costi della politica", ecc (tutti fenomeni veri, incontrovertibili, dannosi, intollerabili, ma tremendamente "secondari" rispetto al modo di produzione). Si tratterebbe insomma solo di "fare pulizia", e tutto riprenderebbe a funzionare bene con soddisfazione di tutti.
Anche la strombazzata intenzione di cancellare i sindacati, oltre che i partiti, non può certo esser vista male da uno che - assiso nel cielo di New York - vede scorrere i flussi degli umani come formiche dentro i recinti che lui stesso disegna sulla mappa del pianeta... Tutta quella "ingenuità" naif non può che farlo sorridere. E affilargli le unghie...
L'"entusiasmo" di O' Neil è insomma quello dello squalo che vede un varco nella rete dei pesci, del potente che vede sul punto di cadere la fortezza che stava assediando (pur intrattenendo con i suoi "capi" traffici molto redditizi). E' lo sguardo di chi vede insomma l'occasione per moltiplicare la propria influenza. Perché mai dovrebbe spaventarsi?
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