martedì 5 marzo 2013

L’economista di Grillo: “Tutelare il lavoratore e non il posto di lavoro” di Michael Pontrelli



Mauro Gallegati, docente di Macroeconomia all’Università politecnica di Ancona è, ormai da molti anni, uno degli economisti di riferimento di Beppe Grillo. In questi giorni è impegnato nella redazione di una parte importantissima del programma economico del M5S: la riforma del mercato del lavoro. Lo abbiamo sentito per farci spiegare i contenuti della proposta e dissipare molte delle incertezze e incomprensioni che ancora ruotano attorno al fenomeno che sta rivoluzionando lo scenario politico italiano.

Professore, le cronache raccontano che lei starebbe scrivendo il programma del Movimento in collaborazione con uno degli economisti più prestigiosi del mondo, il premio Nobel Stiglitz. E’ vero?
“No non è vero. Stiglitz non è direttamente coinvolto. E’ vero però che avendo rapporti di lavoro con lui da circa 20 anni lo sento spesso per chiedergli qualche consiglio”.

Possiamo quindi dire che è una sorta di consulente?
“Esatto, diciamo pure così”.

Stiglitz è notoriamente un economista vicino ai democratici americani. Questo significa che anche il programma sul lavoro del M5S è di sinistra?
“Non saprei dire se è di sinistra oppure no. Quello che posso dire è che la cosa che a noi interessa maggiormente è tutelare il lavoratore e non più il posto di lavoro”.

Cosa significa concretamente?
Che dobbiamo accettare l’idea che il lavoratore possa cambiare più volte occupazione nel corso della sua vita ma senza che questo pregiudichi la sua dignità. Per questo motivo pensiamo sia fondamentale assicuragli un supporto nei periodi di transizione in cui è disoccupato”.

Sbaglio o è la stessa cosa che dice il giuslavorista Pietro Ichino quando parla di flexsecurity?
Le posizioni non sono troppo differenti. La differenza è che noi abbiamo espresso questa visione già nel 2007 in Schiavi Moderni mentre Ichino e parte del Pd ci sono arrivati solo successivamente”.

Il pilastro sul quale dovrebbe poggiare la tutela del lavoratore è il reddito di cittadinanza. In tanti si chiedono: dove saranno prese le risorse?
“Prima di tutto ribadisco che la proposta prevede l’erogazione di un sussidio compreso tra gli 800 e i 1000 euro per un massimo di tre anni. Il costo dell’intervento è più o meno di 20 miliardi di euro. Di questi 15 sono già spesi per la cassa integrazione e per gli altri ammortizzatori sociali esistenti. Bisogna quindi trovarne altri 5. Attraverso tagli ai costi della politica, alle missioni militari estere e all’acquisto dei cacciabombardieri queste risorse mancanti possono essere reperite senza problemi”.

Se vogliamo proprio essere precisi il reddito di cittadinanza è in realtà un sussidio che viene concesso alla persona in quanto tale e non in quanto inoccupata. Mi sembra di capire invece che la vostra proposta è più un nuovo sussidio di disoccupazione.
“Garantire a tutti un reddito di cittadinanza vero e proprio costerebbe circa 200 miliardi. E’ un obiettivo cui ci piacerebbe arrivare nel lungo periodo ma per fare questo sarebbero necessarie diverse riforme importanti tra cui la riduzione della corruzione che attanaglia il Paese”.
 
Grillo ha duramente criticato i sindacati e poi ha parlato di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. Cosa significa concretamente?
“Si tratta di un sogno al quale vorremo arrivare. Quando Grillo dice ‘aboliamo i sindacati’ non intende andare contro queste organizzazioni ma intende dire che se si riuscisse a far partecipare davvero i lavoratori alla vita delle aziende allora la rappresentanza sindacale come la concepiamo oggi non avrebbe più senso”.

Quale è la vostra posizione sull’articolo 18?
E’ un retaggio ideologico che non ha valide ragioni per essere difeso. Nel momento in cui al centro della tutela c’è il lavoratore e non più il lavoro non ha più ragione di esistere. Ci sono tanti studi ormai che dimostrano l’inefficacia dello strumento”.

Un grande problema del mercato del lavoro italiano è quello dei precari. Come intendete affrontarlo?
“In primo luogo i precari andrebbero pagati più degli altri lavoratori perché la probabilità di perdere il posto di lavoro è maggiore. In secondo luogo bisognerebbe porre dei vincoli alle aziende fissando dei tetti al numero di precari sul totale degli occupati e fissando un limite alla rinnovabilità dei contratti a termine”.

Altro tema fondamentale del programma del M5S è il referendum sull’euro. Non è ancora chiaro se il Movimento è contrario o favorevole alla moneta unica. Ci può aiutare a capire?
“ La situazione è molto fluida. C’è una parte che vuole uscire e un’altra parte che vuole restare. Io posso dirle la mia posizione che è più o meno quella di Stiglitz. L’uscita dall’euro per l’Italia sarebbe una disgrazia. Però è evidente che la situazione così come è ora non può durare e che per salvare la moneta unica serve una vera e propria unione politica dell’Europa”.
da Tiscali notizie

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