lunedì 3 febbraio 2014

Balibar: “Questa Europa spaccata a metà”

Verso le elezioni. Come può la sinistra influenzarne il corso? I rischi di un voto all’estrema destra, rispetto a un’Unione europea diventata strumento della mondializzazione. La candidatura di Tsipras. Intervista al filosofo francese Etienne Balibar, primo firmatario dell’appello «Invertire la rotta»
02pol1-parlamento-europa-875261Man­cano poco più di tre mesi alle ele­zioni euro­pee e un po’ in tutti i paesi i son­daggi segna­lano il rischio di una cre­scita del voto anti-europeo di estrema destra. La crisi eco­no­mica che ha col­pito in misura diversa i paesi dell’Unione euro­pea, aprendo una spac­ca­tura tra nord e sud e tra ric­chi e poveri all’interno dei sin­goli stati si tra­durrà nelle urne con una mani­fe­sta­zione di sfida verso le isti­tu­zioni ormai quasi ses­san­tenni? C’è qual­che pos­si­bi­lità di inver­tire la rotta, men­tre anche la Fran­cia di Hol­lande, che poteva aver susci­tato qual­che spe­ranza all’inizio della pre­si­denza, è ormai rien­trata nei ran­ghi e si con­cen­tra sulla ridu­zione del costo del lavoro invece di pre­oc­cu­parsi del rilan­cio eco­no­mico e della dif­fu­sione della demo­cra­zia, che si annac­qua sotto i colpi della tec­no­cra­zia domi­nante da cui una parte cre­scente dei cit­ta­dini si sente esclusa se non addi­rit­tura presa in giro dalla pre­do­mi­nanza degli inte­ressi finanziari?
Ne par­liamo con Etienne Bali­bar, pro­fes­sore eme­rito di Filo­so­fia poli­tica e morale a Paris Ouest e all’University di Cali­for­nia di Irvine. In Ita­lia è uscito di recente Cit­ta­di­nanza (Bol­lati Borin­ghieri, 2012).
I son­daggi dicono che un terzo del pros­simo euro­par­la­mento potrebbe essere occu­pato da par­la­men­tari anti-europei. E’ l’ultimo effetto della crisi, che quindi non è ancora finita, come invece cer­cano di ras­si­cu­rarci le auto­rità europee?
I son­daggi vanno presi con pre­cau­zione, ma qui in Fran­cia l’ultimo mette in testa il Fronte nazio­nale, nel gioco trian­go­lare Ps-Ump-Fn, con pur­troppo i più pic­coli par­titi, Europa-Ecologia e Front de Gau­che, in per­dita di velo­cità. Que­ste ele­zioni vedranno entrare in massa, più o meno impor­tante, gli anti-europei. Segnale che la crisi non è finita, anzi non fa che comin­ciare. L’Europa è a una sorta di bifor­ca­zione sto­rica: la sua stessa esi­stenza è rimessa in causa, per cui, anche se non dob­biamo farci illu­sioni sui rap­porti di forza, è impor­tante pre­sen­tare delle alter­na­tive intel­let­tuali e poli­ti­che per farsi sen­tire nel dibat­tito pub­blico. Con l’inizio della crisi, tre anni fa, avevo usato in un arti­colo il ter­mine popu­li­smo euro­peo, espres­sione certo peri­co­losa: ma volevo dire che biso­gnava dare espres­sione all’inquietudine, all’angoscia, alla rab­bia delle classi popo­lari euro­pee, pre­senti non solo nel sud. Anche in Fran­cia c’è un rifiuto del modo in cui la classe domi­nante gesti­sce la costru­zione euro­pea e le poli­ti­che nazio­nali. Per pre­ci­sare, par­liamo allora di contro-populismo, visto che il popu­li­smo è incar­nato dall’estrema destra.
Si tratta di un’opposizione, anche radi­cale, alle poli­ti­che euro­pee attuali, che rap­pre­senti un’alternativa al popu­li­smo di destra. In caso con­tra­rio, chi perde il lavoro e le pro­spet­tive di avve­nire, la sicu­rezza morale e cul­tu­rale, non avrà altra scelta che votare in modo nichi­li­stico per la destra o l’estrema destra. C’è un biso­gno di resi­stenza e di pro­te­sta ma sfor­tu­na­ta­mente la pos­si­bi­lità più visi­bile è quella offerta dalla destra e dall’estrema destra, anche se non siamo agli anni ’30, la sto­ria non si ripete, non c’è un forte par­tito fasci­sta, ma siamo di fronte a una crisi morale che può favo­rire derive molto peri­co­lose nell’opinione pub­blica. I social­de­mo­cra­tici si accor­ge­ranno troppo tardi di non aver fatto nulla per com­bat­tere questo.
La sini­stra pre­senta il greco Ale­xis Tsi­pras come can­di­dato alla pre­si­denza della Com­mis­sione. Lei ha fir­mato un appello a favore di que­sta pro­po­sta. Sce­gliere un greco ha anche un valore simbolico?
La can­di­da­tura di Tsi­pras è un modo per cri­ti­care la Ue senza per que­sto essere anti-europei (cor­sivo nostro, ndr). Non fac­cia­moci illu­sioni, non sarà eletto alla pre­si­denza della Com­mis­sione, ma sim­bo­li­ca­mente è molto impor­tante che ci sia un nome attorno al quale le forze e il soste­gno poli­tico pos­sano unirsi in tutta Europa per espri­mere la neces­sità di una vera alter­na­tiva alla poli­tica attuale, che com­porti la pro­po­sta di rifon­dare l’Europa su basi demo­cra­ti­che e sociali nuove. Mi sem­bra che Tsi­pras possa essere un buon por­ta­voce, dob­biamo trarre la lezione della crisi greca e della distru­zione del paese su ini­zia­tiva della Com­mis­sione, con poli­ti­che neo-liberiste.
Quindi non tutto è perduto?
Non biso­gna vedere la costru­zione euro­pea dagli anni ’50 a oggi come un pro­cesso lineare. Ci sono stati cam­bia­menti di orien­ta­mento, anche bifor­ca­zioni. Anche se non è del tutto esatto dire che il Trat­tato di Roma era sociale, coin­ci­deva però con un momento dello svi­luppo dello stato sociale nei diversi paesi euro­pei. Ha offerto una certa pro­te­zione. Que­sta situa­zione è oggi rove­sciata. Dopo l’89, l’allargamento a est e la mon­dia­liz­za­zione trion­fante l’Unione euro­pea lavora siste­ma­ti­ca­mente a distrug­gere i diritti sociali. Sono d’accordo con Luigi Fer­ra­joli, che parla di de-costituzionalizzazione. La pre­vi­denza sociale era all’ovest una com­po­nente delle costi­tu­zioni. Il rap­porto di forze si è rove­sciato. Il momento deci­sivo sono stati gli anni ’80, la grande Com­mis­sione Delors, il com­pro­messo tra social-democratici e demo­cri­stiani degli anni Schmidt-Giscard, Mitterrand-Kohl, che si è rea­liz­zato attra­verso la moneta unica e gli attac­chi all’Europa sociale.
L’Europa si è messa a fun­zio­nare come stru­mento della con­cor­renza mon­dia­liz­zata, all’interno dello stesso spa­zio euro­peo. La crisi del 2008 ha messo in evi­denza que­sto. Il caso greco lo dimo­stra. I paesi euro­pei domi­nanti hanno rifiu­tato la soli­da­rietà, hanno fatto appello all’Fmi, la troika tratta certi paesi euro­pei allo stesso modo in cui erano stati trat­tati i paesi inde­bi­tati del terzo mondo. La costru­zione euro­pea ha tra­scu­rato la soli­da­rietà e lavo­rato espli­ci­ta­mente a distrug­gere l’unità euro­pea: l’Europa è divisa, ine­guale tra regioni, gli inte­ressi di una parte sono in con­trad­di­zione asso­luta con quelli degli altri.
Se guar­diamo al pas­sato in modo glo­bale, nel ’45 il ter­ri­to­rio euro­peo era diviso in due dalla guerra fredda, sepa­rato da un muro, oggi l’Europa non è più sepa­rata da un muro ma da un fos­sato tra ric­chezza e povertà, tra nord e sud, con l’ulteriore com­pli­ca­zione che que­sta divi­sione ha luogo anche all’interno di ogni sin­golo paese. Si tratta di una frat­tura eco­no­mica e sociale che ha anche ten­denza ad accen­tuare le dif­fe­renze regio­nali. Gli esperti ci dicono che una moneta unica non può esi­stere se non c’è un’analoga poli­tica eco­no­mica: ma non può nem­meno esi­stere se alcuni ne sfrut­tano altri.
Le respon­sa­bi­lità sono soprat­tutto della Germania?
La Ger­ma­nia ha sfrut­tato enor­me­mente la zona euro, per crearsi un mer­cato interno nella Ue e per l’export. La Ger­ma­nia ha appro­fit­tato dello spread sui tassi di inte­resse, che le per­mette di pren­dere a pre­stito a tassi nega­tivi e dopo la riu­ni­fi­ca­zione – tede­sca e della Ue – la Ger­ma­nia, che aveva solide basi indu­striali, è riu­scita a sta­bi­lire rap­porti di subap­palto con l’est, che per­met­tono di pro­durre a livelli sala­riali molto van­tag­giosi.
Ma nes­suno di que­sti van­taggi può durare inde­fi­ni­ti­va­mente. E tutta l’Europa che ha biso­gno di uno svi­luppo equi­li­brato. Anche se la nozione di pia­ni­fi­ca­zione è con­si­de­rata ormai un’assurdità se non addi­rit­tura un cri­mine dall’ideologia domi­nante, biso­gne­rebbe comin­ciare a capire che l’Europa neces­sita di una poli­tica eco­no­mica comune, che com­porta un minimo di pia­ni­fi­ca­zione. Invece, nes­suna ricetta appli­cata finora per risol­vere la crisi ha miglio­rato la situa­zione. Non serve a nulla fare le Cas­san­dre, ma l’Ue è minac­ciata di dis­so­lu­zione, tra gli anta­go­ni­smi tra classi, nazioni e regioni, le solu­zioni solo tec­ni­che pro­po­ste in poli­tica mone­ta­ria e l’autoritarismo tec­no­cra­tico in poli­tica. Ma i popoli hanno dav­vero inte­resse ad andare ognuno sepa­ra­ta­mente?
Non credo che nes­suno abbia inte­resse, nep­pure i popoli che sof­frono di più, come i greci. L’unica solu­zione è fare blocco assieme, costruire contro-poteri e non dis­sol­versi in una fram­men­ta­zione di stati. Non sono otti­mi­sta, ma par­ti­giano di una costru­zione euro­pea a con­di­zione che ci siano poli­ti­che alter­na­tive e che ven­gano tratte al più pre­sto le con­se­guenze della crisi.
Hol­lande aveva rap­pre­sen­tato una spe­ranza. Vista l’ultima svolta, è stata messa una pie­tra sopra la pos­si­bi­lità di qual­siasi altra strada al di fuori dell’austerità?
Hol­lande è un espo­nente della poli­tica fran­cese, i cui diri­genti, di destra come di sini­stra, non sono mai stati par­ti­giani di un’integrazione poli­tica euro­pea. Tutti hanno cer­cato di ser­virsi dell’Europa per quello che pen­sano siano gli inte­ressi nazio­nali e oggi gli inte­ressi nazio­nali non sono quelli delle classi popo­lari e nep­pure di tutto il capi­tale, ma di quello finan­zia­rio. Hol­lande ha ten­tato la grande spac­cata, pro­teg­gere occu­pa­zione e indu­stria da un lato e dall’altro alli­nearsi sulla poli­tica neo-liberista euro­pea cer­cando di diven­tare un allievo modello. Oggi ha una stra­te­gia simile a quella della Grosse Koa­li­tion di Angela Mer­kel, in Ger­ma­nia con l’Spd, in Fran­cia con il padro­nato: non è un piano machia­vel­lico, ma un ten­ta­tivo di creare un blocco di potere Francia-Germania che con­trolli l’Europa intera. La dif­fe­renza, comun­que, è che in Ger­ma­nia è la destra a dover fare alcune con­ces­sioni alla sini­stra, men­tre in Fran­cia è la sini­stra, al potere ma senza potere, che fa tutte le con­ces­sioni al padro­nato, chiu­dendo le porte alle riven­di­ca­zioni sin­da­cali. La spe­ranza di Hol­lande è di otte­nere dal padro­nato a breve-medio ter­mine una cre­scita dell’occupazione che gli per­metta di rimon­tare poli­ti­ca­mente. Ma non credo che riuscirà.
Anna Maria Merlo - il manifesto

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