Come previsto, dopo il governo Letta, anche il Renzi I°, sotto il cerone giovanilista, è la prosecuzione di Monti con altri mezzi, nella fattispecie mezzi toscani.
L’Economia naturalmente rimane presidiata dal solito tecnico di rito BCE, Pier Carlo Padoan, affiancato dalla confindustriosa berlusconiana Federica Guidi allo Sviluppo Economico.
Agli Interni resta Alfano il kazaro, forse ancora a sua insaputa.
Per la tranquillità di Berlusconi, alla Giustizia non c’è un magistrato, ma un dalemiano.
Per la gioia della Lega, la Kyenge è sparita con tutto il suo ministero, facendo la fine dei personaggi afroamericani negli horror.
Alla promessa parità di genere s’è arrivati con l’aggiunta d’una groupie renziana, una tecnica montiana, e una civatiana, Maria Carmela Lanzetta, ex-sindaca antimafia, e neo-ministra d’un premier intenzionato a riformare la Giustizia con Berlusconi.
Completa la squadra un vasto assortimento di quei dalemiani, bersaniani, e veltroniani che Renzi aveva promesso di rottamare; più un casiniano e un paio di ex-berlusconiani avanzati dal governo Letta.
Il bilancino col quale Renzi ha formato il suo governo è il più democristiano che si sia visto in questo millennio. Il premier anagraficamente più giovane della Storia della Repubblica è politicamente vecchio quanto Berlusconi, che lo apprezza anche per questo. Lo riconosce.
Berlusconi è il ritratto di Dorian Gray di Renzi.
Il governo Renzi però è in realtà politicamente anche più vecchio dell’ultimo governo Berlusconi. Dopo il crash del bipolarismo palindromo, il sistema politico italiano s’è riavviato, ripristinando la configurazione precedente. Il Pentapartito.
Berlusconi è tornato a influenzare il governo dall’esterno, mentre all’interno burocrati e arrampicatori si spartiscono meticolosamente il poco potere rimasto in Italia fino all’ultima briciola.
Intanto, il Pentastellato Grillo si dimostra ancora una volta completamente funzionale al sistema di potere che millanta di voler abbattere. La sua sceneggiata in streaming non ha spostato d’un millimetro la poltrona di Renzi, e gli ha pure fornito l’occasione di recitare la parte del democratico civile e paziente, della “vittima” secondo lo schema classico della Commedia dell’Arte: il Comico straparla, e la Spalla per lo più subisce con aria sussiegosa e costernata, fino alla carrettella conclusiva, l’espulsione del Comico dalla scena da parte della Spalla esasperata. Sono costruiti più o meno in questo modo sia quasi tutti gli sketch storici di Totò, che i correnti duetti Fazio – Littizzetto.
Lo sketch Grillo – Renzi ha offerto agli spettatori grillini uno sfogo innocuo, a quelli renziani una conferma assolutoria, e ha stroncato sul nascere le vane speranze governiste della fronda interna al Movimento 5 Stelle.
Oggi Renzi presenta all’assaggio del Senato la miscela risultata dal suo bilancino: vedremo se otterrà la fiducia, o avrà sbagliato qualche dosaggio.
Scopriremo se sia stato incaricato anche per essere bruciato, o soltanto per essere bruciato.
L’Economia naturalmente rimane presidiata dal solito tecnico di rito BCE, Pier Carlo Padoan, affiancato dalla confindustriosa berlusconiana Federica Guidi allo Sviluppo Economico.
Agli Interni resta Alfano il kazaro, forse ancora a sua insaputa.
Per la tranquillità di Berlusconi, alla Giustizia non c’è un magistrato, ma un dalemiano.
Per la gioia della Lega, la Kyenge è sparita con tutto il suo ministero, facendo la fine dei personaggi afroamericani negli horror.
Alla promessa parità di genere s’è arrivati con l’aggiunta d’una groupie renziana, una tecnica montiana, e una civatiana, Maria Carmela Lanzetta, ex-sindaca antimafia, e neo-ministra d’un premier intenzionato a riformare la Giustizia con Berlusconi.
Completa la squadra un vasto assortimento di quei dalemiani, bersaniani, e veltroniani che Renzi aveva promesso di rottamare; più un casiniano e un paio di ex-berlusconiani avanzati dal governo Letta.
Il bilancino col quale Renzi ha formato il suo governo è il più democristiano che si sia visto in questo millennio. Il premier anagraficamente più giovane della Storia della Repubblica è politicamente vecchio quanto Berlusconi, che lo apprezza anche per questo. Lo riconosce.
Berlusconi è il ritratto di Dorian Gray di Renzi.
Il governo Renzi però è in realtà politicamente anche più vecchio dell’ultimo governo Berlusconi. Dopo il crash del bipolarismo palindromo, il sistema politico italiano s’è riavviato, ripristinando la configurazione precedente. Il Pentapartito.
Berlusconi è tornato a influenzare il governo dall’esterno, mentre all’interno burocrati e arrampicatori si spartiscono meticolosamente il poco potere rimasto in Italia fino all’ultima briciola.
Intanto, il Pentastellato Grillo si dimostra ancora una volta completamente funzionale al sistema di potere che millanta di voler abbattere. La sua sceneggiata in streaming non ha spostato d’un millimetro la poltrona di Renzi, e gli ha pure fornito l’occasione di recitare la parte del democratico civile e paziente, della “vittima” secondo lo schema classico della Commedia dell’Arte: il Comico straparla, e la Spalla per lo più subisce con aria sussiegosa e costernata, fino alla carrettella conclusiva, l’espulsione del Comico dalla scena da parte della Spalla esasperata. Sono costruiti più o meno in questo modo sia quasi tutti gli sketch storici di Totò, che i correnti duetti Fazio – Littizzetto.
Lo sketch Grillo – Renzi ha offerto agli spettatori grillini uno sfogo innocuo, a quelli renziani una conferma assolutoria, e ha stroncato sul nascere le vane speranze governiste della fronda interna al Movimento 5 Stelle.
Oggi Renzi presenta all’assaggio del Senato la miscela risultata dal suo bilancino: vedremo se otterrà la fiducia, o avrà sbagliato qualche dosaggio.
Scopriremo se sia stato incaricato anche per essere bruciato, o soltanto per essere bruciato.
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