Di
Civati si dice che non abbia le palle per prendere una decisione, che
come l’amante di Apollinaire ami la soglia della camera da letto, quello
stato di incertezza perfetta tra l’entrare e l’uscire. Di certo forse
più di ogni altro sembra incarnare l’elettore Pd: sempre più a disagio
con le scelte del partito e tuttavia mai capace di dire di no fino in
fondo, limitandosi a minacciare il dissenso. Insomma la tattica della
scaramuccia e della ritirata su nuove posizioni, o forse quella del
branco dei lupi dove ogni tanto qualcuno tenta di scalzare l’esemplare
alfa, ma dopo qualche ringhio e morso torna ancor più convinto nel
branco.
Ma se milioni di elettori possono mimetizzare nel numero alibi di
appartenenza, leninismi d’antan, interessi inconfessati o il semplice
smarrimento in preda a sensi di appartenenza, un personaggio solo può
facilmente diventare una macchietta, se prima contesta e poi
regolarmente torna nei ranghi. Forse Civati è troppo colto per adattarsi
alla rozzezza della politica del leaderismo e degli slogan, ma sta di
fatto che egli ormai incarna una doppia personalità: quella di ciò
scrive e quella di ciò che fa. Il dover essere che si scontra con
l’essere e alla fine produce come risultato dialettico non il divenire,
ma il nulla. O la schizofrenia.
Certo è che dopo la vicenda della mancata elezione di Rodotà, ma in
generale della deriva oligarchica impressa da Napolitano, è caduta ogni
minima speranza che il Pd possa considerarsi un partito di centro
sinistra e l’ascesa di Renzi, sancita nei gazebo, toglie ogni illusione e
ogni equivoco. Il sindaco di Firenze, prodotto finito dei potentati
finanziari, che assume il premierato senza elezioni, cosa che non
avrebbe mai fatto a sentirlo fino a un mese fa, la nascita di un
governo che ha già in radice il voltafaccia e la menzogna, non sono
altro che il precipitare di cristalli di berlusconismo puro finora
contenuto dentro un’ opaca soluzione soprassatura. O si viene via adesso
o non accadrà mai più, perché a forza di cedere terreno sui principi
della sinistra ormai manca lo spazio per ulteriori ritirate e ci si
ritrova dritti nella destra.
Forse Civati avrebbe maggior fortuna se davvero provasse a uscire
fuori da queste logiche e ad aggregare quanti sono stanchi di aspettare
che qualcuno dica o faccia qualcosa di sinistra: lo spazio ormai c’è
tutto, potenzialmente molto più ampio di quello a disposizione dentro un
partito di nominati, cooptati e clientes. Continuare ad arretrare per
fare una inutile battaglia da dentro non significa solo mostrare di
essere privi del coraggio delle idee, ma ormai molto di peggio: fornire
un alibi a chi attuando politiche di destra può, grazie alla presenza di
qualche personaggio, continuare a spacciarsi per sinistra e tenere
bloccata una situazione divenuta insostenibile. In questo modo anche il
dissenso che non si concreta in nulla diventa a suo modo una forma di
complicità.
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