Marco Revelli, figlio del partigiano e scrittore Nuto, è titolare
della cattedra di Scienza della politica presso la Facoltà di Scienze
politiche dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale. E’ una
figura nota all’interno della sinistra perché non si limita a fare il
professore, lo studioso, ma perché è sempre attento all’aspetto politico
e militante che lo spinge ogni volta a dire la sua e ad organizzare
qualcosa che possa tornare utile ad una sinistra italiana in grave
crisi. Ricorderemo tutti del difficile tentativo portato avanti insieme
ad altri intellettuali e militanti organizzato prima delle ultime
elezioni politiche, quel “Cambiare si può” stroncato, potremmo dire,
dalla scadenza elettorale oltre che dalla difficoltà del percorso
intrapreso. E poi sostituito dalla fallita avventura di Rivoluzione
civile. Anche questa volta Revelli non ha esitato a sostenere l’appello
di Barbara Spinelli a favore della candidatura di Alexis Tsipras alla
presidenza della Commissione europea. Appello firmato poi anche da
Andrea Camilleri, Paolo Flores D’Arcais, Luciano Gallino, Guido Viale e
da altre quindicimila persone, tra intellettuali, scrittori, giornalisti
e militanti comuni della sinistra. Ma ancora una volta il percorso che
porterà, ci auguriamo, la lista Tsipras a presentarsi alle prossime
elezioni europee si sta rivelando pieno di ostacoli.
Insomma Marco, anche questa volta una scadenza elettorale
costringe una realtà politica, culturale, di opinione pubblica ed
intellettuale, a fare i conti rapidamente con i nodi della propria
crisi. E a creare a tutti i costi qualcosa che possa invertire la
catastrofica tendenza al ribasso che ha caratterizzato la sinistra
d’alternativa negli ultimi appuntamenti elettorali. Impresa che diventa
complicatissima visto lo scenario fatto di macerie che abbiamo alle
spalle….
E’ proprio questo il punto di partenza. La prima riflessione che occorrerebbe fare è sulla dimensione e la natura della crisi della sinistra politica in Italia. I sei firmatari di quel documento, di quello che è noto a tutti come il documento Spinelli, erano partiti esattamente da questa constatazione. E cioè che il rischio che anche alle elezioni europee si rivelasse questo gigantesco cratere, questo buco nero, per quanto riguarda l’Italia. Con la consapevolezza che una proposta forte, come quella di sostenere la candidatura di Alexis Tsipras alla Commissione europea, potesse essere il punto archimedico su cui posare la leva per immaginare un modo per rimediare a questo vuoto. Naturalmente perché la proposta abbia una minima chance di successo e cioè non solo di raggiungere il quorum, ma soprattutto di superarlo così come in teoria potrebbe fare per le potenzialità di quella candidatura, è necessario un segnale molto chiaro, molto netto, di discontinuità con le esperienze del passato. Il ceto politico tende a rimuovere e a dimenticare, ma noi abbiamo alle spalle una serie di fallimenti, dalla Sinistra arcobaleno alla lista Rivoluzione civile, che ha portato alla scomparsa parlamentare del Prc e alla riduzione in termini molto contenuti di Sel, che oggi si trova in Parlamento solo grazie ad un’alleanza con un Pd che è cambiato radicalmente nel suo dna. Questo è lo scenario. E per questo abbiamo insistito così tanto sull’importanza di non riprodurre meccanismi identitari di micro-organizzazioni ma di provare a rivolgerci ad un pubblico più ampio. Un pubblico di democratici conseguenti se vogliamo usare questo termine, che sono tanti. I tanti disgustati o delusi dalla politica. In primo luogo il vecchio bacino della sinistra radicale che era valutato fino al 2008 al di sopra del 10% e che si è perso in mille rivoli. In parte nell’astensione, in parte nel M5S, in parte turandosi il naso nel Pd sperando nella sinistra di quel partito, in parte in Sel, in parte ancora in quello che resta di Rifondazione comunista e così via. E poi una parte molto consistente di elettorato tradizionalmente di sinistra che votava Pds prima, che ha continuato a votare Pd nonostante tutto e che non si riconosce in Renzi. Soprattutto che non si riconosce in questa logica istituzionale napolitanocentrica, che non si riconosce nell’asse Napolitano-Letta, nei modi con cui Renzi ha gestito il progetto di riforma elettorale, e che non ha certo apprezzato il modo con cui è stato votato il decreto Bankitalia.
E’ proprio questo il punto di partenza. La prima riflessione che occorrerebbe fare è sulla dimensione e la natura della crisi della sinistra politica in Italia. I sei firmatari di quel documento, di quello che è noto a tutti come il documento Spinelli, erano partiti esattamente da questa constatazione. E cioè che il rischio che anche alle elezioni europee si rivelasse questo gigantesco cratere, questo buco nero, per quanto riguarda l’Italia. Con la consapevolezza che una proposta forte, come quella di sostenere la candidatura di Alexis Tsipras alla Commissione europea, potesse essere il punto archimedico su cui posare la leva per immaginare un modo per rimediare a questo vuoto. Naturalmente perché la proposta abbia una minima chance di successo e cioè non solo di raggiungere il quorum, ma soprattutto di superarlo così come in teoria potrebbe fare per le potenzialità di quella candidatura, è necessario un segnale molto chiaro, molto netto, di discontinuità con le esperienze del passato. Il ceto politico tende a rimuovere e a dimenticare, ma noi abbiamo alle spalle una serie di fallimenti, dalla Sinistra arcobaleno alla lista Rivoluzione civile, che ha portato alla scomparsa parlamentare del Prc e alla riduzione in termini molto contenuti di Sel, che oggi si trova in Parlamento solo grazie ad un’alleanza con un Pd che è cambiato radicalmente nel suo dna. Questo è lo scenario. E per questo abbiamo insistito così tanto sull’importanza di non riprodurre meccanismi identitari di micro-organizzazioni ma di provare a rivolgerci ad un pubblico più ampio. Un pubblico di democratici conseguenti se vogliamo usare questo termine, che sono tanti. I tanti disgustati o delusi dalla politica. In primo luogo il vecchio bacino della sinistra radicale che era valutato fino al 2008 al di sopra del 10% e che si è perso in mille rivoli. In parte nell’astensione, in parte nel M5S, in parte turandosi il naso nel Pd sperando nella sinistra di quel partito, in parte in Sel, in parte ancora in quello che resta di Rifondazione comunista e così via. E poi una parte molto consistente di elettorato tradizionalmente di sinistra che votava Pds prima, che ha continuato a votare Pd nonostante tutto e che non si riconosce in Renzi. Soprattutto che non si riconosce in questa logica istituzionale napolitanocentrica, che non si riconosce nell’asse Napolitano-Letta, nei modi con cui Renzi ha gestito il progetto di riforma elettorale, e che non ha certo apprezzato il modo con cui è stato votato il decreto Bankitalia.
Veniamo ai problemi largamente prevedibili che si sono
presentati all’indomani dell’uscita del vostro appello. Rifondazione
comunista si è un po’ chiusa a riccio in difesa del proprio essere
appunto un alleato di Tsipras ben prima della scelta di Barbara
Spinelli. Certamente alcuni toni sono stati, diciamo così, poco
diplomatici. Ma da parte di Rifondazione credo a volte non ci sia
abbastanza consapevolezza della propria debolezza e dello scarso potere
contrattuale che ne deriva. Senza dimenticare Sel, che un po’ guarda al
gruppo socialista, un po’ al Gue. Che cosa pensi di questo scenario al
solito così problematico?
Io sono molto sensibile, ed è stato anche al centro delle discussioni che si sono avute con i compagni greci, al fatto che la candidatura di Tsipras alla guida della Commissione europea sia stata formulata dal Partito della sinistra europea. E questo è stato anche scritto nell’appello. Dopo di che cerchiamo di essere realisti. Se in Italia nascesse una lista di Rifondazione comunista come sezione italiana del Partito della sinistra europea e basta, prenderebbe l’1%, l’1,5%, magari il 2. Se si procedesse invece ad un tradizionale accordo tra partiti che includesse anche Sel, si arriverebbe al 3, al 3,5. Dunque questi sarebbero gli scenari che probabilmente avremmo di fronte. Io credo invece che bisogna pensare, proprio tenendo conto delle esigenze strategiche di Tsipras, a qualcosa di molto più grande. E non voglio entrare in tutti questi alambicchi che riguardano un partito piuttosto che un altro. Faccio a riguardo un’ipotesi puramente teorica. Se nascesse una lista che rimettesse insieme i pezzi di quello che si è rotto cinque anni fa circa, non cambierebbe molto il quadro. Invece, come dicevo prima, quello che noi vogliamo è provare a mettere in moto un elettorato molto più ampio.
Io sono molto sensibile, ed è stato anche al centro delle discussioni che si sono avute con i compagni greci, al fatto che la candidatura di Tsipras alla guida della Commissione europea sia stata formulata dal Partito della sinistra europea. E questo è stato anche scritto nell’appello. Dopo di che cerchiamo di essere realisti. Se in Italia nascesse una lista di Rifondazione comunista come sezione italiana del Partito della sinistra europea e basta, prenderebbe l’1%, l’1,5%, magari il 2. Se si procedesse invece ad un tradizionale accordo tra partiti che includesse anche Sel, si arriverebbe al 3, al 3,5. Dunque questi sarebbero gli scenari che probabilmente avremmo di fronte. Io credo invece che bisogna pensare, proprio tenendo conto delle esigenze strategiche di Tsipras, a qualcosa di molto più grande. E non voglio entrare in tutti questi alambicchi che riguardano un partito piuttosto che un altro. Faccio a riguardo un’ipotesi puramente teorica. Se nascesse una lista che rimettesse insieme i pezzi di quello che si è rotto cinque anni fa circa, non cambierebbe molto il quadro. Invece, come dicevo prima, quello che noi vogliamo è provare a mettere in moto un elettorato molto più ampio.
E tuttavia il rischio legato alla creazione di due liste che sostengono Tsipras non è del tutto sventato….
Proprio per questo credo che l’unica strada sia quella di un appello indipendente, esplicitamente autonomo, su un discorso molto ampio e molto aperto, che individua quello che Tsipras e il suo partito rappresentano e che chieda di appoggiare quella candidatura senza necessariamente identificarsi con l’integralità di quell’appello ma appunto sostenendo il leader di Syriza. Ricostruendo uno spazio di convergenza all’interno del quale tutti coloro che pensano che avere il leader della sinistra greca, anziché il rappresentante delle larghe intese tedesche, alla guida dell’Europa come progetto, come segnale, come presa di posizione, sia importante. Al di là delle tante differenze di tattica e di strategia che ogni gruppo ed ogni organizzazione ha. Per questo pensavamo che il modo migliore fosse una sorta di mossa del cavallo, nella quale una proposta esterna alle specifiche vicende delle diverse sinistre potesse fare il miracolo. Io spero che lo faccia.
Proprio per questo credo che l’unica strada sia quella di un appello indipendente, esplicitamente autonomo, su un discorso molto ampio e molto aperto, che individua quello che Tsipras e il suo partito rappresentano e che chieda di appoggiare quella candidatura senza necessariamente identificarsi con l’integralità di quell’appello ma appunto sostenendo il leader di Syriza. Ricostruendo uno spazio di convergenza all’interno del quale tutti coloro che pensano che avere il leader della sinistra greca, anziché il rappresentante delle larghe intese tedesche, alla guida dell’Europa come progetto, come segnale, come presa di posizione, sia importante. Al di là delle tante differenze di tattica e di strategia che ogni gruppo ed ogni organizzazione ha. Per questo pensavamo che il modo migliore fosse una sorta di mossa del cavallo, nella quale una proposta esterna alle specifiche vicende delle diverse sinistre potesse fare il miracolo. Io spero che lo faccia.
E dovrebbe essere interesse di tutti…
Che questa candidatura abbia un grande successo. Certamente. Mettendo un attimo da parte quegli orgogli di partito (o anche di gruppo, nessuno è innocente) che hanno prodotto la catastrofe.
Che questa candidatura abbia un grande successo. Certamente. Mettendo un attimo da parte quegli orgogli di partito (o anche di gruppo, nessuno è innocente) che hanno prodotto la catastrofe.
Quindi invitando anche coloro che vedono più le differenze che le cose che ci uniscono a firmare questo appello….
Certo. Ma purtroppo i politici fanno così. Spaccano i capelli in quattro, e la proposta deve essere accettabile al 100% altrimenti non va bene. Infatti la storia recente della sinistra radicale è fatta di scissioni dell’atomo.
Certo. Ma purtroppo i politici fanno così. Spaccano i capelli in quattro, e la proposta deve essere accettabile al 100% altrimenti non va bene. Infatti la storia recente della sinistra radicale è fatta di scissioni dell’atomo.
Sperando che tutto vada per il meglio, resta il problema che
in Italia va rifondata completamente una sinistra che definirei senza
aggettivi prima ancora che socialista o comunista. E sembra dimostrare
la validità di questa affermazione il fatto che all’appello per Tsipras
abbiano aderito persone provenienti da esperienze politiche diverse. Che
ne pensi?
Una sinistra senza questi mondi sarebbe impensabile oggi. E si identificherebbe con un microcosmo residuale se non si pensasse ad un allargamento. D’altra parte è lo stesso Tsipras che chiede di fare una proposta inclusiva. Che non escluda nessuno. Che apra un ombrello molto ampio sotto il quale possano stare le mille sensibilità, capaci ognuna di misurarsi con un obiettivo che non è ovviamente limitato alle elezioni di maggio. Può essere la riuscita di quell’appuntamento un pre-pre-pre requisito, un buon modo di convergere verso un obiettivo comune. Per avviare processi di trasformazione e di costruzione di una sinistra. Ma sarà un processo molto lungo. Se noi pretendessimo di uscire da questa campagna elettorale con un nuovo soggetto faremmo un errore gravissimo.
Una sinistra senza questi mondi sarebbe impensabile oggi. E si identificherebbe con un microcosmo residuale se non si pensasse ad un allargamento. D’altra parte è lo stesso Tsipras che chiede di fare una proposta inclusiva. Che non escluda nessuno. Che apra un ombrello molto ampio sotto il quale possano stare le mille sensibilità, capaci ognuna di misurarsi con un obiettivo che non è ovviamente limitato alle elezioni di maggio. Può essere la riuscita di quell’appuntamento un pre-pre-pre requisito, un buon modo di convergere verso un obiettivo comune. Per avviare processi di trasformazione e di costruzione di una sinistra. Ma sarà un processo molto lungo. Se noi pretendessimo di uscire da questa campagna elettorale con un nuovo soggetto faremmo un errore gravissimo.
Nel Pd ci può essere qualcuno o qualcosa che nel futuro
potrebbe contribuire all’obiettivo appunto di ricostruire la sinistra in
Italia oppure ormai è una battaglia persa?
Nell’elettorato di quel partito credo che ci siano molte persone perplesse e indecise. Soprattutto trattenuta dal timore che si ripropongano gli stessi errori del passato. E che la proposta non abbia credibilità. E’ una situazione delicatissima. Basta un’assemblea in un territorio in cui si mettono in piazza le litigiosità varie che tutto questo mondo sparisce. Io vorrei che ne fossero consapevoli i compagni che sono impegnati nelle altre organizzazioni. Ma devo dire che non sempre vedo questa consapevolezza, su quanto sia delicato e su quanto sia difficile costruire un filo di fiducia. Parli, parli, parli ma poi esce sempre fuori dalla tasca la bandierina. Bisogna anche considerare che questi anni non sono passati come acqua sulle pietre. Hanno cambiato anche il carattere delle persone, il modo di essere. Si sono formate delle comunità avvelenate. Avvelenate dalle sconfitte, dal senso di isolamento, dalla sensazione dell’impotenza. Che pensano di poter rimediare a tutto questo con impennate d’orgoglio settario. Insomma è enorme il rischio dell’avvelenamento dei pozzi. Che segue sempre le sconfitte. Invece bisogna prendere atto delle sconfitte e provare a rimediare. E mettere da parte la tendenza, che riguarda tutti, a mettere la propria organizzazione davanti a tutto.
Nell’elettorato di quel partito credo che ci siano molte persone perplesse e indecise. Soprattutto trattenuta dal timore che si ripropongano gli stessi errori del passato. E che la proposta non abbia credibilità. E’ una situazione delicatissima. Basta un’assemblea in un territorio in cui si mettono in piazza le litigiosità varie che tutto questo mondo sparisce. Io vorrei che ne fossero consapevoli i compagni che sono impegnati nelle altre organizzazioni. Ma devo dire che non sempre vedo questa consapevolezza, su quanto sia delicato e su quanto sia difficile costruire un filo di fiducia. Parli, parli, parli ma poi esce sempre fuori dalla tasca la bandierina. Bisogna anche considerare che questi anni non sono passati come acqua sulle pietre. Hanno cambiato anche il carattere delle persone, il modo di essere. Si sono formate delle comunità avvelenate. Avvelenate dalle sconfitte, dal senso di isolamento, dalla sensazione dell’impotenza. Che pensano di poter rimediare a tutto questo con impennate d’orgoglio settario. Insomma è enorme il rischio dell’avvelenamento dei pozzi. Che segue sempre le sconfitte. Invece bisogna prendere atto delle sconfitte e provare a rimediare. E mettere da parte la tendenza, che riguarda tutti, a mettere la propria organizzazione davanti a tutto.
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