«Altrimenti dovremmo uscire dal Pd», notano i civatiani con la paura
del vuoto, pronti a votare la fiducia al governo, «perché non vogliamo
uscire dal partito», anche se in quel partito ormai non credono più, e
non riescono più a incidere.
Siccome per anni, però, gli è stato ripetuto (da Civati stesso, ma
non solo) che fuori dal Pd non c’era vita possibile, che mancava l’aria,
che il cielo era oscurato dai gas del minoritarismo, la paura è più che
giustificata. Ed è comprensibile, perché troppe volte la sinistra è
andata a sbattere per una certa disinvoltura nello scindere l’atomo.
Volevo tranquillizzarli, però, i civatiani, e tutti coloro che sono
delusi dal Pd, dal terzo (sì, terzo!) governo con Alfano e dal suo
«orizzonte di legislatura»: la scissione non dipende da voi. La
scissione, nel Pd, c’è già stata. Ma lo sapete meglio di chiunque altro,
perché avete visto le feste dell’Unità svuotarsi di militanti e
riempirsi di ristoranti professionali. Avete visto le sezioni restare
piccole e umide ma non più così strette, sostituite malamente da gazebo
precari, ormai sempre montati per primarie permanenti.
Nel 2008 il Partito democratico prese 12 milioni e novantamila voti.
Nel 2013, 8 milioni e 932 mila. Sono più di tre milioni gli elettori
scissionisti che avevano anche creduto al progetto di un partito
maggioritario ma che ora non ci credono più, non a questo prezzo,
almeno. Sì, certo, «è cresciuta l’astensione», direte. Appunto.
Nel 2009 gli iscritti erano 831 mila. Nel 2010, 620 mila, e nel 2011,
609 mila e 667. Nel 2012 poco più di 500 mila: 500 mila e 163.
Fuori, insomma, c’è un mondo che vi aspetta, ed è il vostro. Quindi,
il vuoto è la paura sbagliata. Potete temere la fatica e l’isolamento,
ma non il vuoto. Potete temere per i vostri spazi di azione politica
(non per le vostre poltrone, ovvio), o per le vostre percentuali nelle
direzioni del partito. Vuoi mettere che soddisfazione quando un
intervento prende l’applauso di chi la pensa come te ma ormai non ti
vota più?
Potete dire che non ve la sentite, potete ignorare che il Partito
democratico vince solo quando ha alleati alla sua sinistra, e che quindi
lavorare per aggregare e rafforzare (con le vostre idee, con le vostre
leadership) ciò che c’è a sinistra del Pd fa il bene del centrosinistra
ed è quanto di più lontano dalla tentazione minoritaria. Potete farlo.
Ma poi non vi lamentate del leader troppo carismatico, decisionista, del
governo con Angelino, dei ministri a vostra insaputa, dei responsabili
economici a vostra insaputa. Non funziona così.
Civati lo sa, e infatti è ancora lì che pensa, riflette, «fino a
martedì». Sta a voi, dunque, civatiani e delusi, non lasciarlo solo
nella l’unica scelta di coerenza possibile. Che non è certo quella di
dire peste e corna di un governo e poi votarlo per una indicibile
«disciplina di partito».
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