Sul
Telegraph Ambrose Evans-Pritchard analizza le tendenze dell'economia
globale: USA e Cina in contemporanea intraprendono politiche
restrittive per contrastare le bolle, i paesi emergenti si difendono
alzando i tassi per evitare fughe di capitali, e l'unica senza spazi di
manovra rimane l'Europa, che con le sue politiche monetarie ortodosse ha
già abbandonato le difese rispetto alla deflazione e alla esplosione
del debito. Sorge spontanea la domanda finale: perché stanno lasciando
che accada...?
Metà dell’economia mondiale è a un incidente di distanza da una trappola deflattiva. L’FMI dice
che la probabilità che ciò accada potrebbe essere ora del 20%. Una
circostanza importante è che le due superpotenze monetarie - USA e Cina –
starebbero entrambe adottando misure restrittive che portano verso tale
20% di rischio, senza dubbio perché hanno concluso che le bolle
speculative stanno diventando un pericolo ancora più grande.
"Dobbiamo essere estremamente vigili" ha detto a Davos Christine Lagarde del FMI.
"Il rischio di deflazione è quel che accadrebbe se ci fosse uno shock in quelle economie che ora hanno tassi di inflazione bassi, ben al di sotto del target. Credo che nessuno possa negare che nell'eurozona l'inflazione è ben al di sotto l’obiettivo dichiarato."
Non è difficile immaginare quale potrebbe essere lo shock. Già ci troviamo davanti alla Turchia, l’India e il Sud Africa che stanno tutti tirando il freno, costretti a difendere le loro valute a causa del prosciugamento della liquidità globale. La Banca Mondiale
nel suo ultimo rapporto - Flussi di capitale e Rischi nei Paesi in via
di Sviluppo - ha avvertito che il tapering degli stimoli da parte
della Banca Centrale USA potrebbe giocare un "tiro mancino" al sistema
internazionale.
"Se
le reazioni del mercato al tapering fossero precipitose, i paesi in via
di sviluppo potrebbero vedere diminuire i flussi di denaro fino all’80%
per diversi mesi" dice il report. Un quarto di queste economie
rischiano un arresto improvviso. "Anche se questi aggiustamenti
potrebbero durare poco, essi rischiano di infliggere gravi tensioni,
accrescendo potenzialmente i rischi di crisi".
Il
rapporto dice che potrebbe esserci bisogno di controlli sui capitali
per superare la tempesta - o tecnicamente per superare la "Impossibile
Trinità" di autonomia monetaria, tasso di cambio stabile e libera
circolazione dei capitali. William Browder di Hermitage dice
che è esattamente qui che la crisi ci sta portando, e sarà una brutta
sorpresa per gli investitori scoprire che il loro denaro è bloccato –
come è già successo a Cipro e sta succedendo anche in Egitto. La reazione a catena diventa auto-avverante. "La gente inizierà a chiedersi quale sarà il prossimo paese" dice Browder.
I
mercati emergenti rappresentano ormai la metà dell'economia mondiale,
quindi ci stiamo muovendo in acque inesplorate. Dopo la crisi-Lehman
circa 4000 miliardi di dollari di fondi esteri si sono riversati sui
mercati emergenti, gran parte dei quali da allora si muovono sulla
strategia del "momentum money", che arriva tardi alla festa. Il FMI dice
che circa 470 miliardi di dollari sono direttamente legati al QE della Fed.
"Non sappiamo quanto di questo denaro stia per uscire di nuovo da
questi mercati, o quanto velocemente," ha detto un funzionario del
Fondo.
Un
paese dopo l'altro è ora costretto a politiche restrittive. Più
l’andazzo continua, e più il problema si diffonde, tanto maggiore è il
rischio che esso si trasformi in uno shock globale deflazionistico.
Martedì notte (28.1.14 - ndr) la Banca Centrale della Turchia ha preso
misure drastiche per fermare la fuga di capitali, raddoppiando il suo
tasso di riacquisto dei bond dal 4,5% al 10%. Questo porterà in breve
tempo l'economia a un punto morto e, in ultima analisi, può rivelarsi
futile come la difesa ideologica della sterlina da parte della Gran
Bretagna nel settembre 1992 (uscita dallo SME, ndT).
Mercoledì (29.1.14 - ndr) il Sud Africa ha
alzato i tassi di mezzo punto al 5,5% per difendere il “rand” e l’India
martedì li ha alzati di un quarto di punto all’8%, tutti costretti a
stringere i denti con la crescita che va esaurendosi. Il Brasile e
l’Indonesia ci sono già dentro da mesi, a tentar di frenare un
deprezzamento della valuta che rischia di andar fuori controllo da un
momento all'altro.
Altri
paesi sono messi meglio - soprattutto perché le loro partite correnti
sono in surplus - ma perfino loro stanno perdendo spazi di manovra. Il Cile e il Perù avrebbero
bisogno di tagliare i tassi per contrastare il crollo del prezzo dei
metalli, ma in questo clima di tensione non osano farlo.
La
Russia ha un piede nella recessione, ma non può intervenire per
riavviare la crescita, dato che il rublo è sprofondato al minimo storico
rispetto all'euro. La Banca Centrale sta bruciando le riserve di valuta
ad un ritmo di 400 milioni di dollari al giorno per difendere la
moneta, facendo di fatto una politica restrittiva. Per quanto riguarda l'Ucraina, l'Argentina e la Thailandia, sono già fuori controllo in mezzo alla bufera.
La
Cina sta marciando al ritmo proprio, con un conto capitale chiuso e
riserve da 3800 miliardi di dollari, ma anch'essa sta trasmettendo un
potente impulso deflazionistico a tutto il mondo. L'anno scorso la Cina
ha investito altri 5000 miliardi di dollari in nuovi impianti e
investimenti fissi – quanto gli USA e l’Europa insieme - inondando l'economia globale di altra capacità in eccesso.
I
mercati hanno una fede commovente nel fatto che gli stessi responsabili
della spettacolare bolla del credito da 24000 miliardi di dollari – una
volta e mezza più grande del sistema bancario degli Stati Uniti -
stavolta riusciranno a sgonfiare la bolla con delicatezza, con
un'abilità che è mancata alla Fed nel 1928, alla banca del Giappone nel
1990 e alla Banca d'Inghilterra nel 2007.
Manoj Pradhan, di Morgan Stanley,
dice che la Banca Centrale della Cina sta cercando di rientrare dai
debiti e alzare i tassi allo stesso tempo, cosa che "amplifica i rischi
per la crescita". Si tratta di un'impresa eroica, come effettuare
interventi chirurgici senza anestesia. È l'esatto opposto di quello che
ha fatto la Fed dopo il 2008, quando il QE ha aiutato ad assorbire lo
shock. Morgan Stanley dice che il 45% di tutto il credito privato in
Cina deve essere rifinanziato nel corso dei prossimi 12 mesi, quindi
allacciate le cinture.
Inoltre,
la Cina sta facendo fatica a mantenere floride le sue industrie al
tasso di cambio corrente. Patrick Artus, di Natixis, dice che i salari
in continuo aumento - e la caduta di produttività – fanno sì che ora
produrre l'Airbus A320 a Tianjing costi il 10% in più che produrlo a
Tolosa.
Le
implicazioni sono evidenti. La Cina prima o poi può tentare di
ribassare lo yuan per mantenere le sue quote di mercato, al di là di ciò
che dicono al Congresso degli Stati Uniti, in parte per fermare il
Giappone che sta guadagnando terreno grazie alla sua svalutazione del
30% con l’Abenomics. Albert Edwards della Société Générale dice che
questo potrebbe rivelarsi lo shock deflazionistico finale, in confronto
al quale la crisi asiatica del 1998 scomparirebbe.
L’Europa ha già lasciato crollare le sue difese dietro una linea Maginot di politica monetaria ortodossa. I
dati Eurostat mostrano che Italia, Spagna, Olanda, Portogallo, Grecia,
Estonia, Slovenia, Slovacchia, Lettonia, così come i paesi con il cambio
ancorato all’euro come Danimarca, Ungheria, Bulgaria e Lituania, sono
entrati tutti in piena deflazione sin dal mese di maggio, come la
pressione fiscale si è inasprita. I prezzi sono in caduta in Polonia e
in Repubblica Ceca dal mese di luglio, e in Francia dal mese di agosto.
La
crescita dell’aggregato monetario europeo M3 è stata negativa per otto
mesi, contraendosi ad un tasso dell’ 1,1% rispetto al trimestre
precedente. Secondo gli ultimi dati della Banca centrale europea, il
credito bancario al settore privato è sceso di 155 miliardi di euro in
tre mesi.
Prima di Natale Mario Draghi della BCE ha
parlato della necessità di un "margine di sicurezza" contro la
deflazione, ma ora sembra stranamente passivo, come sottomesso alla Bundesbank.
A Davos l’ho sentito ripetere due volte - spento, senza convinzione -
che l'inflazione core è semplicemente tornata dove era nel 1999 dopo la
crisi asiatica e nel 2009 dopo la crisi-Lehman, e quindi va bene.
Ma
non siamo in circostanze neanche lontanamente paragonabili. Questi due
eventi si sono verificati all'inizio di un nuovo ciclo di credito. Oggi
siamo quasi al quinto anno del vecchio ciclo – che è già molto maturo - e
l’80% dell'economia globale applica misure restrittive o tagli agli
stimoli. Per come stanno le cose, la prossima recessione spingerà il
sistema economico occidentale oltre la soglia della deflazione.
Gli
Stati Uniti hanno un margine leggermente maggiore, ma non molto. La
crescita dell’aggregato monetario M2 sta rallentando anche più
velocemente di quanto fatto nei nove mesi prima del crollo di Lehman nel
2008, ma allora la Fed non si interessò più di tanto di questi dati,
quindi è fin troppo possibile che ripeta lo stesso errore. La Fed sta
sicuramente sfidando la sorte, con 10 miliardi di dollari di bond
tapering ad ogni meeting, in un contesto di deflazione incipiente, come
continua a sottolineare il capo della Fed di Minneapolis, Narayana
Kocherlakota.
Quelli
che pensano che la deflazione sia innocua dovrebbero ascoltare Haruhiko
Kuroda della banca del Giappone, che ha vissuto 15 anni di prezzi in
calo. I profitti aziendali si sono prosciugati. Gli investimenti in
tecnologia si sono atrofizzati. L'innovazione è svanita. "Ha provocato
una mentalità molto negativa, in Giappone," ha detto.
Il
Giappone ha avuto i più alti tassi di interesse reali del mondo
avanzato, cosa che ha causato una spirale di interessi composti che ha
portato l’onere del debito a crescere, mentre il PIL nominale si
contraeva.
Un
esito simile in Europa porterebbe all’esplosione delle traiettorie del
debito del Club Med. Comprometterebbe ogni speranza di arrestare il
declino economico dell'Europa o di ridurre la disoccupazione di massa
prima che le democrazie dei paesi afflitti siano in serio pericolo.
Perciò, perché stanno lasciando che accada?
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