Un rapido sguardo in chiave storica all’andamento dell’Imposta sul
Reddito delle Persone Fisiche dal momento della sua istituzione ci
fornisce un quadro illuminante del processo di attenuazione nel tempo
della sua progressività.
Tabella 1. Andamento delle aliquote massime e minime e delle imposte sullo scaglione di reddito più elevato (anni 1974-2012)
ns. elaborazione su dati Dipartimento Entrate
Come si può osservare, il ventaglio delle aliquote per gli scaglioni
di reddito si è molto ristretto dal 1973, quando si andava da un minimo
del 10% a un massimo del 72%, laddove la situazione attuale presenta un
minimo del 23% e un massimo del 43%.
Così, se per un imponibile di 500.000 euro del 1974 un contribuente versava un’imposta di 324.943 euro, per a un’aliquota media del 65%, per un imponibile corrispondente, che al valore del 2012 sarebbe pari a 5.938.000 euro, oggi si pagherebbe un’imposta di 2.473.678, per un’aliquota media del 41,7%.
Così, se per un imponibile di 500.000 euro del 1974 un contribuente versava un’imposta di 324.943 euro, per a un’aliquota media del 65%, per un imponibile corrispondente, che al valore del 2012 sarebbe pari a 5.938.000 euro, oggi si pagherebbe un’imposta di 2.473.678, per un’aliquota media del 41,7%.
Viceversa, mentre attualmente per un
imponibile di 15.000 euro si paga un imposta del 23% (3.450 euro) nel
1974 per un reddito imponibile equivalente (1.263 euro al valore di
quell’anno) l’imposta sarebbe stata di 126 euro, per un’aliquota del
10%.
Osservando l’andamento negli anni, si può rilevare come nel corso del
primo ventennio dall’introduzione dell’IRPEF la riduzione della
progressività sia stata principalmente un effetto del cosiddetto fiscal
drag, ovvero dell’erosione del potere d’acquisto a causa dell’inflazione
senza corrispondente abbassamento delle aliquote, mentre negli anni tra
il 1998 e il 2005 si è verificato un netto cambio di rotta nella
politica fiscale con la riduzione del numero complessivo degli scaglioni
di reddito, che nel 1974 erano 32, ridotti a 9 nel 1998 (portando
l’aliquota massima dal 72% al 62%), fino ai 3 scaglioni del 2005
(riportati a 6 nel 2007), con il corrispondente schiacciamento del
ventaglio.
E’ ben vero, per completare il quadro, che all’interno del cambio di
rotta si è anche scelto di agire in direzione della progressività
attraverso la manovra sulle detrazioni in alternativa a quella sulle
aliquote, ma si tratta di un rimedio molto limitato, oltre che come
tipologia di redditi, anche per il basso limite superiore oltre il quale
perde ogni incidenza. Il problema in definitiva non può non tornare a
proporsi. Un riequilibrio che alleggerisca l’onere fiscale sui redditi
da lavoro deve necessariamente far leva, oltre che sulle risorse che
devono provenire dal recupero dell’evasione (e dell’elusione) fiscale,
su un recupero di progressività.
Lo testimonia anche la vicenda cosiddetto contributo di solidarietà
che il governo Berlusconi ha dapprima provato a introdurre sia per le
pensioni che per i redditi da lavoro pubblico oltre i 90.000 euro annui.
Bocciata per gli stipendi degli alti gradi della PA, la misura, rimasta
in piedi per i pensionati, è stata infine bocciata dalla Corte
Costituzionale che non ne ha contestato la legittimità ma ha censurato
l’averne limitato la portata ad una sola tipologia di contribuenti,
venendo con ciò meno al dettato costituzionale. La via più semplice, che
la stessa Consulta sembra implicitamente suggerire, è dunque una
revisione delle aliquote in direzione di un recupero di progressività.
In un quadro di diffusa evasione fiscale tra alcune delle tipologie
di contribuenti da cui ci si aspetterebbe un più alto reddito, si sente
obiettare che ciò potrebbe portare ad un ulteriore aumento
dell’evasione. Senza contare che le tipologie di contribuenti
maggiormente sospettate di infedeltà fiscale difficilmente potrebbero
scendere al di sotto dei livelli attualmente dichiarati, si deve però
considerare che il gettito proveniente dagli scaglioni superiori ai
90.000 euro, tutt’altro che irrisorio, proviene per lo più da soggetti
le cui posizioni contributive sono difficilmente occultabili, o perché
prelevate alla fonte o comunque perché caratterizzate da un’elevata
“visibilità” al Fisco.
Può essere utile al riguardo riportare una simulazione effettuata in
vista della predisposizione di un progetto di intervento legislativo in
materia fiscale proprio prendendo spunto dalle vicenda del cosiddetto
contributo di solidarietà.
Poniamo l’ipotesi che l’aliquota IRPEF per gli scaglioni di reddito oltre 75.000 euro (pari attualmente al 43%) sia così rimodulata:
a) da euro 75.000,01 a euro 100.000: 44%
b) da euro 100.000,01 a euro 200.000: 48%
c) da euro 200.000,01 a euro 300.000: 51%
d) oltre euro 300.000,00: 54%.
Le maggiori entrate che ne deriverebbero possono essere stimate in un miliardo ottocento milioni di euro annui sulla base dei dati forniti dal Dipartimento delle Entrate.
Poniamo l’ipotesi che l’aliquota IRPEF per gli scaglioni di reddito oltre 75.000 euro (pari attualmente al 43%) sia così rimodulata:
a) da euro 75.000,01 a euro 100.000: 44%
b) da euro 100.000,01 a euro 200.000: 48%
c) da euro 200.000,01 a euro 300.000: 51%
d) oltre euro 300.000,00: 54%.
Le maggiori entrate che ne deriverebbero possono essere stimate in un miliardo ottocento milioni di euro annui sulla base dei dati forniti dal Dipartimento delle Entrate.
Tabella 2 – Stima maggiori entrate da revisione aliquote per scaglioni oltre i 75.000 euro
ns. elaborazione su dati Dipartimento Entrate
Sulla destinazione delle maggiori entrate, la scelta è ampia. La
simulazione ipotizzava un’esenzione dalle imposte sui redditi (non da
capitale) per gli under 25 (vedi indirizzi europei del progetto Youth
Guarantee) e, per una quota delle disponibilità ben più consistente, un
azzeramento delle imposte sui redditi da lavoro e assimilati fino a
19.000 euro attraverso una revisione delle detrazioni.
Sarebbe un primo passo verso una riforma più generale che non potrà essere a lungo rinviata.
Sarebbe un primo passo verso una riforma più generale che non potrà essere a lungo rinviata.
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