martedì 4 febbraio 2014

Ritornare alla progressività della tassazione

Un rapido sguardo in chiave storica all’andamento dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche dal momento della sua istituzione ci fornisce un quadro illuminante del processo di attenuazione nel tempo della sua progressività.

Tabella 1. Andamento delle aliquote massime e minime e delle imposte sullo scaglione di reddito più elevato (anni 1974-2012)
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ns. elaborazione su dati Dipartimento Entrate
Come si può osservare, il ventaglio delle aliquote per gli scaglioni di reddito si è molto ristretto dal 1973, quando si andava da un minimo del 10% a un massimo del 72%, laddove la situazione attuale presenta un minimo del 23% e un massimo del 43%.
Così, se per un imponibile di 500.000 euro del 1974 un contribuente versava un’imposta di 324.943 euro, per a un’aliquota media del 65%, per un imponibile corrispondente, che al valore del 2012 sarebbe pari a 5.938.000 euro, oggi si pagherebbe un’imposta di 2.473.678, per un’aliquota media del 41,7%. 
Viceversa, mentre attualmente per un imponibile di 15.000 euro si paga un imposta del 23% (3.450 euro) nel 1974 per un reddito imponibile equivalente (1.263 euro al valore di quell’anno) l’imposta sarebbe stata di 126 euro, per un’aliquota del 10%.
Osservando l’andamento negli anni, si può rilevare come nel corso del primo ventennio dall’introduzione dell’IRPEF la riduzione della progressività sia stata principalmente un effetto del cosiddetto fiscal drag, ovvero dell’erosione del potere d’acquisto a causa dell’inflazione senza corrispondente abbassamento delle aliquote, mentre negli anni tra il 1998 e il 2005 si è verificato un netto cambio di rotta nella politica fiscale con la riduzione del numero complessivo degli scaglioni di reddito, che nel 1974 erano 32, ridotti a 9 nel 1998 (portando l’aliquota massima dal 72% al 62%), fino ai 3 scaglioni del 2005 (riportati a 6 nel 2007), con il corrispondente schiacciamento del ventaglio.
E’ ben vero, per completare il quadro, che all’interno del cambio di rotta si è anche scelto di agire in direzione della progressività attraverso la manovra sulle detrazioni in alternativa a quella sulle aliquote, ma si tratta di un rimedio molto limitato, oltre che come tipologia di redditi, anche per il basso limite superiore oltre il quale perde ogni incidenza. Il problema in definitiva non può non tornare a proporsi. Un riequilibrio che alleggerisca l’onere fiscale sui redditi da lavoro deve necessariamente far leva, oltre che sulle risorse che devono provenire dal recupero dell’evasione (e dell’elusione) fiscale, su un recupero di progressività.
Lo testimonia anche la vicenda cosiddetto contributo di solidarietà che il governo Berlusconi ha dapprima provato a introdurre sia per le pensioni che per i redditi da lavoro pubblico oltre i 90.000 euro annui. Bocciata per gli stipendi degli alti gradi della PA, la misura, rimasta in piedi per i pensionati, è stata infine bocciata dalla Corte Costituzionale che non ne ha contestato la legittimità ma ha censurato l’averne limitato la portata ad una sola tipologia di contribuenti, venendo con ciò meno al dettato costituzionale. La via più semplice, che la stessa Consulta sembra implicitamente suggerire, è dunque una revisione delle aliquote in direzione di un recupero di progressività.
In un quadro di diffusa evasione fiscale tra alcune delle tipologie di contribuenti da cui ci si aspetterebbe un più alto reddito, si sente obiettare che ciò potrebbe portare ad un ulteriore aumento dell’evasione. Senza contare che le tipologie di contribuenti maggiormente sospettate di infedeltà fiscale difficilmente potrebbero scendere al di sotto dei livelli attualmente dichiarati, si deve però considerare che il gettito proveniente dagli scaglioni superiori ai 90.000 euro, tutt’altro che irrisorio, proviene per lo più da soggetti le cui posizioni contributive sono difficilmente occultabili, o perché prelevate alla fonte o comunque perché caratterizzate da un’elevata “visibilità” al Fisco.
Può essere utile al riguardo riportare una simulazione effettuata in vista della predisposizione di un progetto di intervento legislativo in materia fiscale proprio prendendo spunto dalle vicenda del cosiddetto contributo di solidarietà.
Poniamo l’ipotesi che l’aliquota IRPEF per gli scaglioni di reddito oltre 75.000 euro (pari attualmente al 43%) sia così rimodulata:
a) da euro 75.000,01 a euro 100.000: 44%
b) da euro 100.000,01 a euro 200.000: 48%
c) da euro 200.000,01 a euro 300.000: 51%
d) oltre euro 300.000,00: 54%.
Le maggiori entrate che ne deriverebbero possono essere stimate in un miliardo ottocento milioni di euro annui sulla base dei dati forniti dal Dipartimento delle Entrate.

Tabella 2 – Stima maggiori entrate da revisione aliquote per scaglioni oltre i 75.000 euro
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ns. elaborazione su dati Dipartimento Entrate
Sulla destinazione delle maggiori entrate, la scelta è ampia. La simulazione ipotizzava un’esenzione dalle imposte sui redditi (non da capitale) per gli under 25 (vedi indirizzi europei del progetto Youth Guarantee) e, per una quota delle disponibilità ben più consistente, un azzeramento delle imposte sui redditi da lavoro e assimilati fino a 19.000 euro attraverso una revisione delle detrazioni.
Sarebbe un primo passo verso una riforma più generale che non potrà essere a lungo rinviata.

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