venerdì 7 febbraio 2014

“Il senato dei sindaci legislatori? Un pasticcio mai immaginato”

Intervista a Mario Dogliani, professore di diritto costituzionale all’università di Torino, fu tra i saggi: “I primi cittadini non sono eletti per fare le leggi”

Composizione_senato_italiano_2013.svgMario Dogliani, pro­fes­sore di diritto costi­tu­zio­nale all’università di Torino, ha fatto parte della com­mis­sione dei 35 «saggi» che tra giu­gno e set­tem­bre scorso, men­tre reg­ge­vano le lar­ghe intese Letta-Berlusconi, ha ragio­nato su una vasta riforma costi­tu­zio­nale, poi uscita dall’orizzonte del pos­si­bile. Uno sforzo alla fine acca­de­mico, ser­vito a pas­sare in ras­se­gna tutte le tesi in campo. «Ma una pro­po­sta sul bica­me­ra­li­smo come quella sen­tita da Renzi mai nes­suno l’ha fatta», dice Dogliani.
Que­sto, pro­fes­sore, potrebbe non essere un pro­blema. Nel merito la convince?
Il senato dei sin­daci? L’espansione dei sena­tori di nomina pre­si­den­ziale? Sono idee che giun­gono del tutto nuove e mi paiono sba­gliate e irrea­liz­za­bili. Somi­glia a un pastic­cio. I sin­daci non hanno fun­zioni legi­sla­tive ma ammi­ni­stra­tive. È vero che sono eletti diret­ta­mente, ma per fare altro. Però prima di tutto mi paiono pre­oc­cu­panti le moti­va­zioni avan­zate da Renzi.

Quali moti­va­zioni?
La rinun­cia all’elezione diretta in favore di un’elezione di secondo grado esce come Minerva dalla testa di Giove, e viene spie­gata quasi esclu­si­va­mente con ragioni di rispar­mio eco­no­mico. Que­sto senato coste­rebbe zero euro, dice Renzi. È una cosa avvi­lente. Come si fa a pro­porre che in cam­bio di tre­cento sti­pendi, che peral­tro si potreb­bero benis­simo ridurre tutti, abo­liamo una camera? È un modo di ragio­nare per­sino offensivo.

L’intenzione sarebbe quella di recu­pe­rare un po’ di con­senso popo­lare all’istituzione.
Ma le regioni, in ter­mini di pro­du­zione legi­sla­tiva, e anche i sin­daci, sono for­te­mente dele­git­ti­mati, soprat­tutto dal punto di vista del per­so­nale poli­tico. Ma poi, scusi, qui si abo­li­scono le pro­vince e l’elezione dei con­si­gli pro­vin­ciali, il senato non è più a ele­zione diretta, si abo­li­sce il finan­zia­mento pub­blico dei par­titi… tutto que­sto non va certo nel senso dell’incremento della democrazia.

Ma di un senato non eletto diret­ta­mente si era par­lato anche nella com­mis­sione dei 35.
Con pro­po­ste diverse. E si può forse dire che la mag­gio­ranza di quella com­mis­sione era favo­re­vole a una seconda camera che rap­pre­sen­tasse non gene­ri­ca­mente i ter­ri­tori ma le Regioni sul modello del Bun­de­srat tede­sco. Poi c’era chi pro­po­neva che fos­sero i con­si­glieri ad eleg­gere all’esterno del con­si­glio i loro rap­pre­sen­tanti. E anche chi allar­gava il discorso ai rap­pre­sen­tanti degli enti locali, in una quota minore e in ragione della tra­di­zione ita­liana dei comuni. Si par­lava appunto di camera delle Regioni e delle auto­no­mie. Mai del senato dei sindaci.

L’elezione indi­retta è una delle carat­te­ri­sti­che della camera dei Lan­der tedesca.
Ma la Ger­ma­nia ha una sto­ria diversa dalla nostra. Dal Reich bismarc­kiano ad oggi, tranne 12 anni sotto Hitler, è sem­pre stata uno stato fede­rale. Ma ricor­dia­moci anche di quello che è suc­cesso in un altro stato fede­rale, gli Stati uniti d’America. Lì il senato ori­gi­na­ria­mente veniva eletto dalle assem­blee rap­pre­sen­ta­tive degli stati, quindi era eletto in secondo grado. Ma si dimo­strò tal­mente una sen­tina di cor­ru­zione che deci­sero di pas­sare all’elezione diretta.

Altre con­tro­in­di­ca­zioni “nazionali”?
Ne vedo una for­tis­sima, e cioè il rischio vista la situa­zione ita­liana che si crei uno scon­tro tra sin­daci del nord e sin­daci del sud. Si ha un bell’esaltare l’indipendenza degli ammi­ni­stra­tori dai par­titi, ma per for­tuna abbiamo ancora dei par­titi nazio­nali in grado di assor­bire que­ste ten­sioni. La rap­pre­sen­tanza moderna è una rap­pre­sen­tanza nazionale.

Qual è invece la sua proposta?
Io, come una mino­ranza all’interno della com­mis­sione, sono per man­te­nere l’elezione diretta. E per ridurre il numero dei sena­tori. Penso che il senato non deve essere una camera secon­da­ria, ma una seconda camera. Cioè una camera alta alla quale affi­dare fun­zioni di con­trollo, ispet­tive, d’inchiesta. Deve avere legami con le auto­rità indi­pen­denti e con la Corte dei conti. Deve arbi­trare in sede poli­tica i con­flitti tra stato e regioni, che adesso inta­sano la Corte Costi­tu­zio­nale. Per me un senato del genere dovrebbe avere la cura della manu­ten­zione dell’ordinamento. Dele­gi­fi­care è impor­tante quanto e più di fare le leggi. Il senato potrebbe farsi carico dei testi unici, dei codici in cui accor­pare la legi­sla­zione, tutte fun­zioni ele­vate che pos­sono benis­simo stare in una camera che non dà la fidu­cia al governo ma che ha di mira gli inte­ressi di lungo periodo del paese. In cui non si deve com­bat­tere per la soprav­vi­venza poli­tica, per strap­pare i voti.

Andrea Fabozzi - il manifesto

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