Cosa fa un
vero “custode della Costituzione” quando vede le forze reazionarie in azione
contro altri poteri dello Stato? L'attuale presidente della Repubblica non ha
dubbi: cede.
Nessuna resistenza effettiva, ma l'accettazione di uno scivolamento verso assetti sempre meno inquadrabili come “correttamente costituzionali”. L'effetto è stato quasi miracoloso: Berlusconi è improvvisamente guarito da uveite e “scompenso pressorio”, è uscito dall'ospedale bunker e si prepara a nuovi assalti. Certo di trovare porte socchiuse, se non spalancate.
Ma che il miliardario reazionario faccia il suo sporco mestiere non meraviglia più nessuno. È Napolitano che – per la terza volta, che si sappia – di fronte al confliggere tra interessi incostituzionali della politica e “controllo di legalità” ha scelto di uscire dal ruolo di “garante” per vestire quello di protettore pro tempore di interessi illegittimi.
La partita in questo caso – così come in quelli della trattativa Stato-mafia e del decreto Ilva – era particolarmente chiara. Il neo-gruppo parlamentare del Pdl, dopo aver comunicato al Quirinale di aver annullato il presidio davanti al Tribunale di Milano, l'ha effettuato a sorpresa. Esibendosi addirittura in un corteo interno che si è fermato solo davanti alla porta sbarrata dell'aula dov'era in corso fino a pochi minuti prima il “processo Ruby”. Vista la situazione e in attesa dei risultati della visita fiscale, i magistrati avevano infatti congelato l'udienza e chiuso le porte.
Non serve essere costituzionalisti di professione per sapere che un gesto del genere è un avvertimento da “guerra civile”, perché è esplicita la richiesta che perlomeno i vertici di uno degli schieramenti politici siano esentati a vita dal dover rispondere dei reati commessi. Va ricordato, in proposito, che il processo in corso non era per reati in qualche misura riconducibili all'esercizio del ruolo politico, ma per “sfruttamento della prostituzione minorile” e “concussione” nei confronti di alcuni funzionari di polizia, abusando dei poteri della propria carica istituzionale.
In più c'era anche lo sgarbo personale nei confronti del Presidente, preso volgarmente in giro con una “rinuncia” smentita dai fatti nel giro di poche ore.
Nonostante tutto questo, Napolitano ha diramato una nota che è un capolavoro di finzione “superpartes”, che ha l'unico effetto pratico di “proteggere” Berlusconi e invitare i magistrati a non rompere le scatole. Almeno fin quando questa delicata fase di ricambio istituzionale – nuovo parlamento, governo impossibile, nuovo presidente della Repubblica – non sarà stata chiusa. Per i golpisti in pectore soltanto un buffetto: l'importanza generale del «più severo controllo di legalità, da cui nessuno può ritenersi esente in virtù dell'investitura popolare ricevuta». Il minimo sindacale, oltre cui c'è l'intangibilità piena del potere politico, posto al di sopra della legge.
Ma tutto il comunicato del Quirinale è orientato contro la magistratura che indaga su Berlusconi e soltanto contro di questa (piccola) parte.
Se infatti viene considerata «aberrante l'ipotesi di manovre tendenti a mettere fuori giuoco 'per via giudiziaria' - come con inammissibile sospetto si tende ad affermare - uno dei protagonisti del confronto democratico e parlamentare nazionale», Napolitano definisce del tutto «comprensibile» che il Pdl - «schieramento che é risultato secondo, a breve distanza dal primo, nelle elezioni del 24 febbraio» - mostri la «preoccupazione» di veder «garantito che il suo leader possa partecipare adeguatamente alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento, che si proietterà fino alla seconda metà del prossimo mese di aprile». Perché «dopo le elezioni del 24 febbraio, e anche per effetto della situazione che ne è scaturita, ma soprattutto per l'estrema importanza e delicatezza degli adempimenti istituzionali che stanno venendo a scadenza, occorre evitare tensioni destabilizzanti per il nostro sistema democratico».
Che la corda istituzionale sia tesa oltre i limiti della decenza è evidente: nemmeno gli esperti manipolatori del linguaggio che redigono le note diplomatiche del Quirinale sono riusciti a nascondere “la ciccia”: Berlusconi deve esser lasciato in pace almeno fino a fine aprile.
Viene quindi richiamata l'iniziativa del Comitato di Presidenza del Csm, il 4 febbraio scorso, «per auspicare "sia lo svolgimento della consultazione elettorale in corso sia la celebrazione dei processi in condizioni di maggiore serenità", evitando nei limiti del possibile "interferenze tra vicende processuali e vicende politiche"».
Il richiamo “consociativo” finale è degno di un “migliorista” storico: si auspica infatti il «ristabilimento di un clima corretto e costruttivo nei rapporti tra giustizia e politica», perché i rappresentanti dei due mondi cessino di «percepirsi ed esprimersi come mondi ostili, guidati dal sospetto reciproco, anziché uniti in una comune responsabilità istituzionale». In particolare, perché nei processi «si manifesti da ogni parte "freddezza ed equilibrio", affinchè da tutte le parti in conflitto - in particolare quelle politiche, titolari di grandi responsabilità nell'ordinamento democratico - si osservi quel senso del limite e della misura, il cui venir meno esporrebbe la Repubblica a gravi incognite e rischi». Segno che nei sotterranei dei poteri innominabili si stanno agitando scimitarre, coltelli, incendi, bombette e “bomboni” tali da portare “il caos”
In cambio del "congelamento" dell'azione giudiziari - su cui comunque non ha poteri di veto - Napolitano adombra ancora l'idea di "governo del presidente", un secondo e indigeribile inguacchio che comprenda Pd, Pdl e Monti, per traghettare il Parlamento all'elezione del nuovo inquilino del Quirinale poi, inevitabilmente, verso nuove elezioni.
Ma quanto si paga, in termini di "cultura costituzionale" nel paese, da un procedimento del genere?
Se questo è il “custode della Costituzione”, la sua fine è dietro l'angolo.
Nessuna resistenza effettiva, ma l'accettazione di uno scivolamento verso assetti sempre meno inquadrabili come “correttamente costituzionali”. L'effetto è stato quasi miracoloso: Berlusconi è improvvisamente guarito da uveite e “scompenso pressorio”, è uscito dall'ospedale bunker e si prepara a nuovi assalti. Certo di trovare porte socchiuse, se non spalancate.
Ma che il miliardario reazionario faccia il suo sporco mestiere non meraviglia più nessuno. È Napolitano che – per la terza volta, che si sappia – di fronte al confliggere tra interessi incostituzionali della politica e “controllo di legalità” ha scelto di uscire dal ruolo di “garante” per vestire quello di protettore pro tempore di interessi illegittimi.
La partita in questo caso – così come in quelli della trattativa Stato-mafia e del decreto Ilva – era particolarmente chiara. Il neo-gruppo parlamentare del Pdl, dopo aver comunicato al Quirinale di aver annullato il presidio davanti al Tribunale di Milano, l'ha effettuato a sorpresa. Esibendosi addirittura in un corteo interno che si è fermato solo davanti alla porta sbarrata dell'aula dov'era in corso fino a pochi minuti prima il “processo Ruby”. Vista la situazione e in attesa dei risultati della visita fiscale, i magistrati avevano infatti congelato l'udienza e chiuso le porte.
Non serve essere costituzionalisti di professione per sapere che un gesto del genere è un avvertimento da “guerra civile”, perché è esplicita la richiesta che perlomeno i vertici di uno degli schieramenti politici siano esentati a vita dal dover rispondere dei reati commessi. Va ricordato, in proposito, che il processo in corso non era per reati in qualche misura riconducibili all'esercizio del ruolo politico, ma per “sfruttamento della prostituzione minorile” e “concussione” nei confronti di alcuni funzionari di polizia, abusando dei poteri della propria carica istituzionale.
In più c'era anche lo sgarbo personale nei confronti del Presidente, preso volgarmente in giro con una “rinuncia” smentita dai fatti nel giro di poche ore.
Nonostante tutto questo, Napolitano ha diramato una nota che è un capolavoro di finzione “superpartes”, che ha l'unico effetto pratico di “proteggere” Berlusconi e invitare i magistrati a non rompere le scatole. Almeno fin quando questa delicata fase di ricambio istituzionale – nuovo parlamento, governo impossibile, nuovo presidente della Repubblica – non sarà stata chiusa. Per i golpisti in pectore soltanto un buffetto: l'importanza generale del «più severo controllo di legalità, da cui nessuno può ritenersi esente in virtù dell'investitura popolare ricevuta». Il minimo sindacale, oltre cui c'è l'intangibilità piena del potere politico, posto al di sopra della legge.
Ma tutto il comunicato del Quirinale è orientato contro la magistratura che indaga su Berlusconi e soltanto contro di questa (piccola) parte.
Se infatti viene considerata «aberrante l'ipotesi di manovre tendenti a mettere fuori giuoco 'per via giudiziaria' - come con inammissibile sospetto si tende ad affermare - uno dei protagonisti del confronto democratico e parlamentare nazionale», Napolitano definisce del tutto «comprensibile» che il Pdl - «schieramento che é risultato secondo, a breve distanza dal primo, nelle elezioni del 24 febbraio» - mostri la «preoccupazione» di veder «garantito che il suo leader possa partecipare adeguatamente alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento, che si proietterà fino alla seconda metà del prossimo mese di aprile». Perché «dopo le elezioni del 24 febbraio, e anche per effetto della situazione che ne è scaturita, ma soprattutto per l'estrema importanza e delicatezza degli adempimenti istituzionali che stanno venendo a scadenza, occorre evitare tensioni destabilizzanti per il nostro sistema democratico».
Che la corda istituzionale sia tesa oltre i limiti della decenza è evidente: nemmeno gli esperti manipolatori del linguaggio che redigono le note diplomatiche del Quirinale sono riusciti a nascondere “la ciccia”: Berlusconi deve esser lasciato in pace almeno fino a fine aprile.
Viene quindi richiamata l'iniziativa del Comitato di Presidenza del Csm, il 4 febbraio scorso, «per auspicare "sia lo svolgimento della consultazione elettorale in corso sia la celebrazione dei processi in condizioni di maggiore serenità", evitando nei limiti del possibile "interferenze tra vicende processuali e vicende politiche"».
Il richiamo “consociativo” finale è degno di un “migliorista” storico: si auspica infatti il «ristabilimento di un clima corretto e costruttivo nei rapporti tra giustizia e politica», perché i rappresentanti dei due mondi cessino di «percepirsi ed esprimersi come mondi ostili, guidati dal sospetto reciproco, anziché uniti in una comune responsabilità istituzionale». In particolare, perché nei processi «si manifesti da ogni parte "freddezza ed equilibrio", affinchè da tutte le parti in conflitto - in particolare quelle politiche, titolari di grandi responsabilità nell'ordinamento democratico - si osservi quel senso del limite e della misura, il cui venir meno esporrebbe la Repubblica a gravi incognite e rischi». Segno che nei sotterranei dei poteri innominabili si stanno agitando scimitarre, coltelli, incendi, bombette e “bomboni” tali da portare “il caos”
In cambio del "congelamento" dell'azione giudiziari - su cui comunque non ha poteri di veto - Napolitano adombra ancora l'idea di "governo del presidente", un secondo e indigeribile inguacchio che comprenda Pd, Pdl e Monti, per traghettare il Parlamento all'elezione del nuovo inquilino del Quirinale poi, inevitabilmente, verso nuove elezioni.
Ma quanto si paga, in termini di "cultura costituzionale" nel paese, da un procedimento del genere?
Se questo è il “custode della Costituzione”, la sua fine è dietro l'angolo.
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