di Roberto Mancini
Dieci ragioni per votare "No" al referendum costituzionale del 4
dicembre 2016. Le indico considerando contesto, metodo e merito del
problema. Il contesto è riassumibile osservando che è in atto da tempo
un globale processo di sottrazione di democrazia ai popoli e di
concentrazione del potere nelle mani di un manipolo di speculatori e di
politici collaborazionisti. La riforma "Renzi-Boschi" è necessaria
all'attuazione del progetto di concentrazione del potere. Perciò i
potentati finanziari globali hanno ammonito il popolo italiano, dicendo
che con la vittoria del sì ci saranno investimenti e crescita, con
quella del no ci sarà la paralisi del Paese e la fuga degli investitori.
Le ragioni di merito per votare "No" sono le seguenti.
1. La riforma senza motivo nega ai cittadini la facoltà di
eleggere i membri del Senato, ma nel contempo attribuisce a esso
funzioni legislative comunque decisive, tra cui quella di un'eventuale
revisione costituzionale.
2. La riforma punta a una governabilità senza rappresentatività.
Vede i cittadini e il Parlamento come un intralcio e s'inventa
l'esigenza di dare ancora più potere a chi governa, quando in realtà i
governi più recenti, compreso l'attuale, hanno deciso senza problemi le
missioni militari all'estero, i tagli alla sanità, all'istruzione e alla
ricerca, la riforma Fornero, l'inserimento del pareggio di bilancio
nella Costituzione, la "Buona Scuola", il Job's Act e magari tra poco il
Ponte sullo Stretto. Con la riforma chi governerà non avrà istanze di
controllo sul suo operato.
3. La riforma riduce le prerogative del Parlamento (soprattutto
delle opposizioni) e, nell'incastro con la riforma della legge
elettorale, muta geneticamente la forma di governo, introducendo una
sorta di presidenzialismo estremo.
4. La riforma prevede che i senatori saranno nominati tra i
consiglieri regionali o i sindaci, con l'esorbitante pretesa che siano
capaci di svolgere bene e simultaneamente funzioni così impegnative.
Attribuisce a questi senatori nominati dai capi-partito e non dai
cittadini l'immunità parlamentare. I costi di questa struttura si
annunciano non inferiori a quelli attuali.
5. La riforma riduce competenze e autonomia delle Regioni,
liquidando il decentramento. Con ciò il governo impedisce la
realizzazione di una vera riforma che coordini la rappresentanza tramite
partiti alla Camera con la rappresentanza per comunità territoriali al
Senato.
6. La riforma, anziché semplificare il funzionamento del Senato,
lo complica prevedendo almeno sette tipologie diverse di votazione delle
leggi.
7. La riforma modifica completamente la seconda parte della
Costituzione, che configura criteri e procedure per attuare la prima
parte, riferita ai principi fondamentali della vita democratica. In
questo modo di fatto compromette anche la prima parte.
A queste ragioni di merito ne vanno aggiunte altre tre di metodo.
8. La riforma scaturisce da un colpo di mano della maggioranza,
in pratica della maggioranza del Partito Democratico (nemmeno di tutto
il partito): si vuole riformare la Costituzione con un metodo
anticostituzionale e antidemocratico, senza costruire un necessario
consenso più ampio ed espresso dalle diverse parti politiche.
9. La riforma scaturisce sia da un Parlamento delegittimato dalla
sentenza della Corte Costituzionale n. 1 del 2014, che dichiarò
illegittimo il sistema elettorale con cui è stato formato, sia da un
governo scaturito da giochi di palazzo. Quindi il soggetto proponente
non ha la legittimità giuridica, l'investitura democratica e l'autorità
morale per avviare una riforma della Costituzione.
10. La riforma verrà votata al referendum con una scheda dove la
formulazione del quesito rispetto a cui rispondere è tendenziosa.
Infatti induce l'elettore a votare "Sì" perché il testo descrive non in
modo neutro, ma come obiettivi positivi i punti della riforma.
Ecco perché votare "No" è un atto costruttivo che sventa un pericolo grave e può favorire il rilancio della democrazia.
(31 ottobre 2016)
Link articolo © Altreconomia.
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